Le veline sono lo sguardo della società italiana su se stessa. E non soltanto lo sguardo degli uomini: le prime ad essere maschiliste, oggi, sono le donne.
Dopo anni di propaganda televisiva e di connivenza giornalistica, siamo tornati ad un’epoca che precede qualsiasi emancipazione. Una fortissima ondata contro-femminista si è abbattuta su di noi, sui nostri comportamenti, sulle nostre percezioni sociali.
Così, quella "modernizzazione senza sviluppo" di cui parlava Pasolini e che descriveva alla perfezione il nostro piccolo capitalismo fatto perlopiù di loschi inetti e mediocri uomini, investe oggi anche i comportamenti di tutti: la coscienza civile della nostra società non si è sviluppata affatto, è anzi rimasta in bilico tra un vago senso di resistenza al peggio e il precipitare nella barbarie dei costumi. Nel consumismo materiale ed emozionale.
La questione dei modelli (e quindi dell’educazione che li individua e poi li crea) è assolutamente fondamentale: tutti noi ricordiamo Gianini Belotti, poi più recentemente Lipperini (coi loro libri sull’identità femminile) e infine possiamo sfogliare un libretto uscito da pochissimo, Appena ho 18 anni mi rifaccio, nel quale venti adolescenti raccontano in presa diretta il loro volersi rifare il corpo (naso, seni, mento, sedere, piedi) con l’unico scopo di piacere di più (il piacersi, lo star meglio con se stessi, è l’alibi coprente, quasi una connivenza).
L’instabilità emotiva dell’età adolescenziale diventa allora il campo di battaglia (con ferite vere, dolori atroci, cicatrici da nascondere) dove si fronteggiano le armate di un’artificiosa seduttività. Quasi sempre ragazze, le protagoniste di queste storie vere hanno come spinta principale quella di piacere ai maschi, loro unico punto di riferimento valoriale. A pagina 85, ad esempio, troviamo: "Stasera in discoteca (…) le mie amiche con le tette, i boys se li ritroveranno lì, a sbavare, appena entrate. Se non c’hai le tette, non sei una vera donna". Insomma, il modello-per-sé è esistere soltanto attraverso il compiacimento dei "boys". Non ci sono alternative.
Il peggio è che questi comportamenti ormai "deviati" non sono propri del disagio adolescenziale ma sono autorizzati, permessi, sostenuti (talvolta anche per se stessi) da genitori concupiscenti, da coloro che dovrebbero fornire modelli di riferimento, aiutare la "formazione" della coscienza, del carattere di questi figli. E che invece si sentono ancora più fragili e insicuri, parlano una sorta di "adolescentese", si vestono ridicolmente come ragazzetti, non crescono più.
Così gli educatori, siano essi familiari o professionali, spesso abdicano alla loro funzione di "guida" (nei comportamenti e soprattutto nella trasmissione dei valori cui far riferimento) e si trasformano in complici, vittime essi stessi del sistema. Conniventi totali.
La velina allora non è più nemmeno un prodotto mediatico, il risultato di alcuni stilemi corrotti del mondo dello spettacolo televisivo, no: la velina è l’identità quotidiana delle nostre ragazzine, delle nostre madri, dei nostri padri bavosetti.
Pronte a compiacere i maschi per elemosinare un po’ di potere, di bella vita mondana o, almeno, di visibilità narcisistica.
Ecco allora che entra in gioco l’altro modello: che tipo di uomo vogliamo?
Dev’essere quel maniaco sessuale che le cronache di questi anni ci restituiscono? Una sorta di stupratore morale, sempre pronto a far leva sul suo potere di maschio, sul carisma di uomo ricco e di successo (o presunto tale, nelle ormai innumerevoli fasullissime imitazioni) per estorcere quello che altrimenti non sarebbe possibile avere?
Perché, infine, il discorso regga davvero, finirei parlando di noi, di quelli che non si rassegnano (o almeno non dovrebbero) a vivere in un mondo siffatto, a educare le figlie secondo sessismi tanto indotti quanto accettati, dove cioè lo squallore è morale imperante e merce quotidiana.
Di noi che, forse senza volerlo e senza essersene resi conto, siamo rimasti a mollo in questo brodo maleodorante: perché qualcosa passa sempre, non foss’altro che per infusione.
Il solo fatto che si cerchi di ragionare, di trovare un senso alle liste elettorali riempite di persone che non sarebbero in grado di governare se stesse è già il sintomo del livello di assuefazione a cui siamo arrivati. Il fatto che questo stato di cose lo si renda plausibile ragionandoci intorno, ascoltando dichiarazioni agghiaccianti (riassumibili in "non importa se siano veline, l’importante è che siano intelligenti"), ci fa capire che ormai non ci si indigna più nemmeno di fronte alle prone cortigiane, alle spudorate concubine, nemmeno di fronte al cavallo di Caligola. Insomma, parliamo di brioche a coloro che vogliono capire quanto siamo caduti in basso. E, ancora più grave, proviamo a metterci sopra lo zucchero a velo…
Io credo che sia arrivato il momento di indignarsi davvero, di opporre un netto rifiuto a questo stato di cose, di dimostrare lo schifo che proviamo. Di porre la giusta distanza tra noi e "loro". Bisogna isolare questa gente e questo modo di essere e di vivere i rapporti tra uomini e donne, così come ce li hanno imposti in questi lunghi anni.
Ogni genitore, per il solo fatto di essere generazione successiva, per aver cioè assorbito storie e valori ed errori precedenti, ha in sé il surplus giusto di storia personale e collettiva che, in assenza di criticità, dovrebbe dargli la capacità di rendere i suoi figli persone almeno più evolute di quanto non sia stato lui. Questa catena di eredità successive che per secoli ha funzionato in modo lineare, sembra essere ora entrata in crisi, ostacolata da bisogni non nostri, da necessità indotte e non materiali.
Noi abbiamo il dovere di tornare ad evolvere, abbiamo il dovere di insegnare un mondo di relazioni differenti, modelli nuovi, valori reali. Educhiamoci ed educhiamo: le donne a non vedersi succubi di nessuno, gli uomini a non credersi superiori o più forti o più furbi. Carogne vincenti.
E, soprattutto, tiriamoci fuori da questa unità di misura basata sulla discriminazione sessista che è oggi al centro del nostro invecchiato, imbarbarito patto sociale. Ognuno si assuma le sue individuali singole responsabilità, col coraggio di portarle quotidianamente in giro per il mondo: se il femminismo è stato ripudiato dai nuovi barbari, uccidiamo il maschilista che è in tutti e in tutte noi.
Eccomi.
RispondiEliminaIo voglio essere in prima linea. Vorrei.
Però ne ho ababstanza di lavorare su di me, di assumermi le mie responsabilità. Vorrei, appunto, portarle per il mondo.
Muoviamoci.
Forse non ha nemmeno importanza sapere dove andare, ma muoviamoci.
non sai come sono contenta di leggere queste cose desian, se fossi qui ti bacerei. Continuo a dirlo ogni volta che parlo in Italia e dell'Italia, lo so che non e' un problema solo italiano, figurarsi, non ho poi gli occhiali rosa cosi' spessi, ma ne e' tutta italiana la sublimazione, che come dici tu trova complici e mandanti negli educatori, genitori o politici o quant'altro, che dovrebbero invece porre dei freni. Ma io sono quella che vive fuori, io sono l'Inglese, che cavolo ne so io, la signora snob. Ma c'e' di fatto che quando sono in Italia io mi vergogno moltissimo a far vedere la televisione ai miei bimbi, e non so proprio come rispondere alle loro domande. Il punto fondamentale per me deve, DEVE essere lavorare sull'istruzione, sulla scuola, sull'universita', essere intelligenti non e' di moda, non lo e' forse stato mai, ma al momento si va oltre questo, quello che ama pensare con la propria testa e' decisamente e paradossalmente lo scemo del villaggio, l'oratore delirante dello speaker's corner. Deve tornare ad essere cool. DEVE.
RispondiElimina@supermambanana: permettimi un altro salto. Il problema non è che sia di moda o no essere intelligenti. Il problema è proprio quello opposto: parlare a chi è meno dotato di strumenti per dargliene o aiutarlo a costruirseli da solo. Se tu dici "cool" alla maggioranza degli italiani di questo periodo storico, permettimi, quelli pensano a qualcosa di diverso di quello che pensi tu (e lo dico seriamente, so che non è una battuta). Se fossimo tutti meno "cul" e spegnessimo un po' più l'antieducatore (la tv) e cominciassimo a relazionarci con il nostro vicino di casa e a fare più "società" e meno happy hour, beh staremmo già migliorando. L'intelligenza e il "civismo" non nascono sotto i cavoli, sono il prodotto di spinte, sangue e sudore. ciao.
RispondiEliminaspinte sangue e sudore, giustissimo. Ma perche' cavolo dovrei subire tutto cio' allora? Dove starebbe la motivazione? Gli strumenti sai dove te li mandano, se non li vogliono usare? Come dovrebbero farsela venire la voglia secondo te? La TV puo' (DEVE, specie quella di stato) essere un grandissimo educatore, se mi manda in prima serata cose che mi fanno diventare la cultura una cosa allettante, e non sto parlando di noiosiiiiiissimi docuuuuumentaaaaari, ne' quiz di (s)cultura generale, ne' tantomento pseudo trasmissioni di "opinione" che finiscono nel gioco a chi mostra di piu' le palle, che per tornare al post di ieri non sono poi troppo dissimili da quelle in cui si gioca a chi mostra piu' le tette.
RispondiEliminaSono pienamente d'accordo con te.
RispondiEliminaQuesta è una delle mie dure lotte, una delle mie missioni primarie.
Il problema è che a volte bisogna lottare con l'altra metà della mela (che purtroppo ora non lo è più...) che deve prendersi carico dell'educazione delle figlie.
Se sai per certo che quando sono dal padre guardano la televisione senza nemmeno essere controllate...
Se il padre, educativamente limitato, non si prende la briga nemmeno di rispondere a domande fondamentali della loro attuale esistenza in modo sensato e maturo, ma si rifà alla massificazione che ci circonda (motivando così per altro le sue scelte infantili di vita)...
Se sai che dal padre possono fare, avere e ottenere quello che vogliono, e una giornata con lui brucia un mese di una tua tentata-sana-educazione...
Vivi nella speranza che capiscano da sole da dove possono trarre gli insegnamenti giusti e un sano stile di vita.
Ma c'è sempre chi nell'ombra lavora contro...
Forse la prendo un po' alla lontana, ma ci provo lo stesso. Com'è che ai tempi dei miei nonni (anni 40-50-60) esisteva questa etica del lavoro, del farsi il mazzo, del premio alla fatica, dei piedi per terra e adesso no? Perchè oggi sembra che lavorare bene, sudare, studiare serva o a renderti uno schiavo da due lire o a fare il disoccupato/precario del call center. E quindi il mainstream di questa comunicazione anti-etica, mercificante e massificante prevale nei genitori e poi nei figli. Cercare il mondo da sogno nell'ideale (basso) che mi viene proposto in modo martellante da tv e comportamenti dei cosiddetti leader. Perchè nella vita reale i miei sogni mi è difficile realizzarli. Ma se mi sento bella/a posto con il cellulare di ultima generazione e le tette rotonde allora sento di avere delle chances.
RispondiEliminaCondivido i contenuti, e mi pare che tu abbia toccato un nervo scoperto per molti. Farei tre osservazioni "pratiche".
RispondiEliminaPrimo. Una volta le veline erano "comunicazioni ufficiali o ufficiose di fonte governativa" ad uso giornalistico. Notizie, comunicazioni, insomma. Sarebbe importante, come passaggio preliminare, riportare fatti e contenuti al centro del dibattito, perché l'estetica e l'etica distorte non ci corrompono soltanto, ma spostano la nostra attenzione su un piano diverso, da cui i fatti sono scomparsi (e magari chi vuole ha tutto il tempo di agire per i propri scopi senza essere disturbato). Visto che l'educazione di bambini e ragazzi è essenziale in questo senso, i tentativi di difendere la scuola pubblica non mi sembrano energie spese male.
Secondo: in una società che premia la furbizia e accetta le scorciatoie, bisogna essere attentissimi, come genitori, a far passare ai figli l'idea che studio, lavoro, impegno siano valori in sé, senza però farli sentire dei disadattati o peggio, inadeguati sia alle richieste (sbagliate) della società sia alle eventuali aspettative dei genitori "impegnati". Altrimenti il rimedio potrebbe essere peggiore del male.
Terzo: la degenerazione procede a gran velocità e bisogna impegnarsi su molti fronti. Ma non si può pensare di essere efficaci su tutti contemporaneamente. Non io, almeno. Bisogna fissare delle priorità. "Mondo velina" ne ha correttamente identificata una molto alta.
@M di MS: tu colpisci il bersaglio perfettamente: studiare, formarsi, educare/si richiede tempo e una certa quantità di fatica. Era così 100 anni fa, è così oggi. Indipendentemente dal metodo didattico o dagli strumenti (più o meno) moderni, l'educazione e l'apprendimento sono il tempo al lavoro, quelli fanno la differenza per le persone. Perché poi al popolo danno in pasto veline, ma i loro figli eccome se studiano!
RispondiEliminaArduo compito quello dei genitori. Ci si prova come hanno provato i "Nostri" prima di noi. Forse crediamo di poter far meglio anche solo perchè abbiamo studiato di più, perchè abbiamo più coscienza sociale. Ma non ci siamo solo noi e i figli si allontano sempre più presto dai nostri modelli per seguire quello che il mondo esterno gli propone, e purtroppo fuori c'è quello che c'è. Abbiamo il dovere e ci indignamo ma un modo concreto per dire "basta" io ancora non l'ho trovato.
RispondiEliminaPS: questa sera alla Fnac (ore 18:00) di via Torino c'è la presentazione del libro di Cristina Sivieri Tagliabue.
RispondiEliminaSe ci sei ci si vede lì.
Un altro post lungo che valeva la pena di leggere; condivido ogni parola, del post e dei commenti. Posto che ognuno di noi, nel suo piccolo, sta provando a resistere, come possiamo rendere pubblica la nostra indignazione?
RispondiEliminaquoto tutto. con una perplessità: non credo che demonizzare la televisione sia una risposta. c'è altro nella vita dei nostri figli: la famiglia, la scuola, le nonne, le tate. e le maggiori difficoltà, nella mia esperienza di mamma di un bambino di quasi 6 anni, le incontro proprio nel dover continuamente intervenire in quanto nonne e tate gli mettono in testa. è una prospettiva inedita, ma nella vita di mio figlio l'educazione di genere gli viene da persone di una generazione precedente (forse, lei sì, rimbambita dalla tv, chissà). ed è una fatica - anche in termini di diplomazia, per intenderci)
RispondiEliminaproprio ieri riflettevo che siamo in regime di tv commerciale da 25 anni, e che tocca fare davvero una rivoluzione per cambiare le cose.non è solo la televisione, sono anche le riviste, i libri, il cinema, qualunque cosa che non lasciano spazi ad altri modelli.
RispondiEliminama gli spazi bisogna prenderli, con rabbia e determinazione.
sto annuendo davanti al pc...
RispondiEliminache aggiungere?
è un piacere leggerti e continuare a meditare sugli spunti che lanci
grazie
@Giuliana: non demonizzo la tv in quanto tale. Dico soltanto, quotando piattini, che essendo in regime di tv commerciale da decenni, l'abbiamo assunta come nostra maitre à penser, i nostri modelli di riferimento vengono da lì, sono clonati su quell'immaginario. I nostri consumi, i nostri comportamenti, l'auto che guidiamo, la pasta che mangiamo la tv li sceglie per noi. In primo basta, ecologia della mente, sarebbe quello.
RispondiEliminaCombattere contro questo trash è lo scopo del mio blog, sono madre di due femmine e perciò lo vivo anche sulla mia pelle. Ho fatto molti post su questo argomento ma non sono mai abbastanza...sto studiando come un'antropologa anche la fase "dello sviluppo" delle bambine, adesso più precoce che ai nostri tempi. Non so se sia vero ma credo che un'overdose di tv, cibo spazzatura e carne con additivi ormonali (soprattutto nel petto di pollo) siano responsabili di questo fenomeno. Come vedi sono un po' talebana.
RispondiEliminaPoi c'è la moda, la pubblicità e ora- da troppo tempo- anche la politica. Ma perchè non cadono gli aerei con su certe persone che dico io invece che dei poveri innocenti? Sarebbe già un piccolo passo avanti.
Mi procuro il libro che citi. Bel post, grazie.
bello questo post. molto.
RispondiEliminami fa pensare a quanto mi sentissi isolata e sconfitta fino a un po' di tempo fa.
il mondo aveva preso una direzione pericolosissima e ostile ed io non avevo intenzione di adeguarmi all'andazzo.
pensavo che la società fosse in totale rovina e che i miei figli ne sarebbero stati risucchiati.
poi ho cominciato a bazzicare la rete e ho scoperto che ci sono un sacco di persone intelligenti, che fanno cose interessanti, che hanno idee accativanti e ho smesso di essere pessimista.
io, nel mio piccolo, penso di resistere ( nel senso più nobile del termine )almeno per un paio di generazioni.
lasimo
@extramamma: avere un atteggiamento critico e cosciente di quali siano i modelli dominanti e "devianti" è molto sano e anche costruttivo per i nostri figli: trasmettere valori e modelli non vuol dire appiccicarsi addosso quello che abbiamo attorno, soprattutto quando non ci piace.
RispondiElimina@lasimo: oggi parlavo con un collega e, soprattutto vecchio amico: concordavamo sul fatto che in questi anni viviamo una enorme contraddizione alla quale dobbiamo resistere resistere resistere. Poi c'è anche una contraddizione che in questo momento è secondaria ma alla quale prima o poi dovremo mettere mano: costruire, costruire qualcosa di diverso. Lo dobbiamo a noi e ai nostri figli e ai figli che verranno.
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e poi, se posso aggiungere, grazie a voi: lo scambio, la conversazione e la condivisione è per me grande stimolo e piacere...
Non ho molto da aggiungere a tutta questa discussione, ma grazie per averlo detto voi al posto mio. E ripeto che noi abbiamo buttato fuori la TV nel 1995, non ci manca mai e anche se come schiavitù le abbiamo sostituito il computer, su questo i cotenuti sono molti di più e il palinsento me lo faccio io.
RispondiEliminaNon è demonizzare, è prendere atto di quello che è da anni la TV, che non parla solo di veline, parla anche di stili di vita e robaccia da mangiare e che, com'è, come non è, ogni volta che vengo in italia, dovunque io mi trovi, ce n'è una accesa a tutto volume da qualche parte. al ristorate, per esempio.
Forse Desian hai spiegato bene la questione, ma come si fa a spiegare ad una figlia che ti dice che vuole il seno più grosso, perché vuole lavorare in TV, che si sbaglia, quando sui giornali, sui manifesti, in televisione, in spiaggia, in palestra, al cinema, a scuola ecc. ecc. vince il modello VELINA? Secondo me un modello diverso devono anche lanciarlo i media...
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