sabato 26 giugno 2010

Gli accessori del babbo (18): il filo

E' un lungo filo quello che ognuno di noi tesse, come ragni.
Che a ripercorrerlo ci porta in tanti luoghi diversi, a tante persone. Oppure ci lega direttamente ad una memoria, uno ieri.
Inizio anni '70.
Il mio dente da latte dondolava ma non voleva saperne di venir via. Avevo una qualche paura, il sangue.
Mio padre prese un pezzo di filo. Non so come lo legò al mio dente, non so come diede un piccolo strattone. Non so come, il dente saltò via, legato a quel filo.
Inizio anni '10. Del Duemila.
L'uomo piccolo ha un dente da latte che dondola ma non vuole saperne di venir via. Ha una qualche paura, "il sangue, babbo".
Ho provato a prenderlo con le dita ma è piccolo, umido e quindi scivoloso. Sfugge alla presa. E lui resta lì, dondolante e torto.
Sono disarmato. Sto fallendo e l'uomo piccolo è più confuso di me.
Attende.
C'è quel filo, da qualche parte nel nostro cervello, che lega altri fili e torna dove tornano i fili: ad allacciarsi, a tessere insieme le memorie. Un ordito di ricordi.
Se lo raccogli, un filo diventa un gomitolo e, nodo dopo nodo, arriva.
Così ho ricordato mio padre e quello che fece. Ho preso un filo, blu. Gli ho fatto un piccolo cappio. L'ho infilato sul dentino e ho stretto.
L'uomo piccolo e io ci siam guardati negli occhi. Dentro. Ho sorriso con lo sguardo: "tranquillo" dicevano i miei.
"Tranquillo, sì" dicevano i suoi.
Mezzo secondo, cinque decimi possono essere eterni.
Mezzo secondo e indice e pollice sono scattati.
Senza alcuna resistenza il dentino è saltato. Senza alcuna resistenza l'uomo piccolo ha sgranato gli occhi come lune.
E' corso via, per guardarsi allo specchio e quando è tornato era trionfante: "babbo non c'è nemmeno una gocciolina di sangue". Eh.
I fili si tendono e si mollano. I fili ci legano. I fili ci portano assieme.
E non sanguinano mai.
E la Storia non va mai da sola.

venerdì 18 giugno 2010

Al tramonto, dopo la pioggia

Il caos di città invivibile. Orde di turisti in ogni dove.
La volgarità vernacolare. E lo smog, che respiriamo ogni giorno. Le sue tante ritrosie.
E le chiusure, se "non sei dei nostri".
Poi, piove.
E all'improvviso si lava una sua nuova verginità, tersa ed assoluta. Si apre e ti offre la sua anima.
Soltanto per una sera, magari, ma ce la godiamo volentieri...



Insieme a splendida musica. Che migliora, concerto dopo concerto. Come un vino che ami.
Et voilà...

mercoledì 16 giugno 2010

Crescere è allontanarsi?

E' la solita, banale, altalena della vita.
I pargoli che crescono si avvicinano a te, un passettino dopo l'altro verso l'età adulta, oppure se ne vanno verso un'altra direzione?
Un po' avanti, un po' indietro. Basta darsi la spinta con le reni e le gambe.
Mentre il mondo ti cigola sotto.
E le distanze prendono prospettive insolite. Come questa.

Una domenica in campagna, a casa di amici che arrampicano, anche la donna grande trova il suo coraggio e si offre entusiasta per salire quella parete (io non ne capisco molto ma gli esperti mi dicono che può essere paragonata ad una 6B, una cosa tosta. Ma tosta).
Naturalmente la donna grande ha avuto gli aiuti del caso: la corda e l'imbragatura sono servite più da carrucola che da sicurezza. Ma tant'è, la donna grande è finita lassù, sul tetto. Di casa, per ora, ma un tetto per quanto modesto ha sempre il suo valore simbolico.
In cima, come distanza.
E insomma ho vissuto questa strana sensazione: la vedevo salire, allontanarsi, mentre la carrucolavano su e mi sembrava il suo posto. Mi sembrava la sua aria con quelle gamberelle secche che zampettavano un po' il vuoto un po' il muro, in cerca di appiglio.
Un appiglio per sè, un appiglio per una spinta, un appiglio verso l'appiglio successivo.
Perché il ciclo mi pare questo, a voler interpretare ciò che è chiaro: un lassù è come un trampolino. L'altalena dondola, il mondo ti cigola sotto e loro decollano, decollano sempre.

lunedì 14 giugno 2010

Cercare

Ogni tanto ci si perde, per prendere un po' di respiro.
Una pausa.
Uno spazio.
Poi, si ricomincia a cercare.
Si cerca il tempo.
Si cerca il ritmo.
Si cerca la musica.
Dentro, proprio. E più dentro di così...

mercoledì 9 giugno 2010

Promemoria


Beh, così.
Un promemoria per ricordare.
Per quando non ce l'avremo più e chi se lo potrà permettere frequenterà scuole private.
Gli altri, ciccia!
Quando c'era la scuola di tutti.

lunedì 7 giugno 2010

Gli accessori del babbo (17): la cartolina illustrata


Sì lo so, suona un po' antico: cartolina illustrata sa di anni '50, di Domenica del Corriere. Del mondo visto attraverso il postino che ti consegnava un'immagine che, per la sua stessa ragion d'essere, all'epoca aveva un sapore esotico.
Questo è un autentico accessorio del babbo, più di altri, se si potesse dire. Uno di quelli che viene da lontano, da una mia passione d'infanzia: le collezioni. Cartoline e francobolli. E tante altre, accanto a quelle.
Forse anzi arriva da un gesto insegnato, da una passione precedente a me stesso. Ma non saprei dire con certezza, potrebbe essere solo una mia proiezione, un desiderio.
Nell'epoca della mail, del messaggio istantaneo, del cicaleccio onnivoro, ho insistito io perché i pargoli (nativi digitali) imparassero l'arte, il piacere, il gesto della cartolina. Scegliere, pensare, scrivere, affrancare. Spedire.
Spediamo un pensiero, un piccolo pezzettino di noi che nasconde gesti concreti. Uscire, fermarsi dovunque le vendano, rigirarsi quella foto tra le mani, il francobollo. La buca delle lettere.
La donna grande, per meri motivi anagrafici, è stata la prima ad imparare. All'inizio non era entusiasta, le costava fatica mettersi lì a scrivere, trovare frasi adatte alle persone. Tanto che a un certo punto mi sono sentito perduto: inutile, non è il loro mezzo. Hanno e avranno altre modalità di comunicare. Lasciamo perdere.
Poi, invece, come tutte le passioni che si piantano nel terreno soffice dei sentimenti, la donna grande è sbocciata (e da quest'estate mettiamo all'opera anche l'uomo piccolo).
Ora è lei che chiede di comprarle, che le sceglie (ad ogni destinatario, una precisa immagine), che le scrive per intero senza più suggerimenti. E vuole, ovviamente, imbucarle. All'inizio, non coglieva la differenza tra imbucarle dal luogo in cui eravamo oppure, magari in ritardo, dalla buca postale sotto casa.
Adesso non più.
Finalmente il meccanismo è compreso: perché la prima, fondamentale regola è che la cartolina illustrata si spedisce da dove si compra!
Una cartolina, in fondo, è un disegno nel cielo, una curva tra due luoghi.
Un volo.
Che lo compia davvero.

giovedì 3 giugno 2010

Moralmente

Spadroneggia, d'altronde quello è il suo mestiere.
Si permette di telefonare a Ballarò (o ad Annozero o da Vespa) e pontificare, minacciare, alzare la voce. Poi butta giù il telefono, magari nemmeno saluta.
Usa le donne come fossero oggetti ma in fondo lui è soltanto un "utilizzatore finale".
Ha sdonagato i peggiori umori della parte più becera del Paese, pensa dice e fa cose che nessun Premier di nessun Paese direbbe e farebbe.
La memoria è per lui, e per molti altri purtroppo, un impiccio. Un grave fardello. Una roba inutile.
Eppure il 2004 non è preistoria. E' ieri.
E lui diceva così.
Moralmente, un ladro.
Purtroppo, non è neppure una novità.

mercoledì 2 giugno 2010

Finalmente

Finalmente piove.
Erano quasi due giorni e mezzo che c'era il sole, ci stavamo abituando male.
Nella malinconia del giorno dopo proviamo a goderci almeno il ricordo del solicello sulla spiaggia di Baratti, ieri, e il primo bagno di mare della stagione.
Freddina, l'acqua, ma bella come sempre da quelle parti. Una buca enorme, una passeggiata tra scogli e pesci-ragno (evitati, per fortuna) e a mollo, a mollo, a mollo. Poi i pargoli hanno cominciato a tremare dal freddo e quello è stato il segnale. Asciugatura, cambio costumi bagnati e via verso nuove avventure: Bolgheri.
Prima, però, noi adulti ci siamo goduti una scenetta e un aneddoto da portare via e raccontare.
Nella calca del ponte festivo, a un certo punto ci arriva accanto, e si sistema, un nutrito gruppetto: moglie, marito, due ragazze da reality. Con in più collaboratrice familiare di chiare origini est europee e relativo figlio al seguito, assolutamente trattati come due di famiglia: tanto per farsi un'idea del ceto sociale.
Occhiali da sole griffati, dei costumi da bagno femminili non ho grandi conoscenze ma così, a occhio, non mi sembravano proprio da bancarella del mercato, scarpe e sandali abbandonati sulla rena con nonchalance anch'essi di sicuro prezzo.
Su sei persone, praticamente tutte adulte, non un libro, non un giornale né una rivista o un fumetto. Nemmeno la Settimana Enigmistica.
Un paio di cellulari compaiono presto sugli asciugamani. Oh oh.
Invece no, niente di alienante. Inizia una fitta conversazione tra i componenti del gruppetto, magari un po' banalotta, ma almeno niente cellulare. Certo, voci belle tonanti.
Nel frattempo cominciano a passare alcuni venditori e i vicini non si lasciano sfuggire l'occasione di allargare la conversazione e si intrattengono volentieri, soprattutto con un paio che vendono occhiali da sole.
Malgrado gli occhiali griffati già appoggiati al suo naso, la capofamiglia si lancia in una fantastica contrattazione per un altro paio di occhiali che il venditore offriva a 10 euro. Evidentemente, alla signora 10 euro dovevano sembrare troppi e voleva scendere, almeno a 8 ("e ci guadagni lo stesso", ha apostrofato il venditore).
Ora, mi piacerebbe molto vedere la stessa signora che contratta dall'ottico ficherrimo uno sconticino sui ficherrimissimi sunglasses da 400 euro secchi. Chissà che motivazione addurrebbe...
Il primo venditore non cede e se ne va. Ne arriva un secondo, stessa scena. Dopo un po' il venditore comincia a difendersi, lamentandosi della vita difficile che fa uno come lui, del caldo su e giù per la spiaggia, del sole che batte.
La signora, sempre lei, finalmente risponde come qualcuno ha già insegnato: "ma dai, tu sei già abbronzato! Che fastidio ti da il sole"?! Assumendo pure un'espressione vagamente sdegnata.
Noblesse.
Il secondo venditore, malgrado l'offesa, cede e viene premiato: i suoi occhiali vengono acquistati, ma ad 8 euro. Come madame voleva.
Da lì in avanti, è come aver rotto gli argini. E' un crescendo, di banalità, di sfottò sottovoce ai vicini, di giudizi malevoli sui bambini delle famiglie attorno, di rimbrotti offensivi ai propri ("e sei proprio uno scassac...", apostrofa madame il figlio della colf). A un certo punto, si sente partire persino un "heil fuhrer" che, in una spiaggia affollata di tedeschi, fa voltare più di qualcuno.
Insomma, dei vicini davvero modello. Un bel prodotto della nostra società. O forse il suo humus più fertile.
In tutto ciò, il marito e padre una vera nullità. Non interviene quasi mai. Ah, il ruolo... E forse, anzi sicuro, era contento così.
Per fortuna, dopo la spiaggia ci siamo concessi Bolgheri che, malgrado Carducci e i "cipressi alti e schietti in duplice filar", è sempre un bel vedere.


E poi, non contenti della cena improvvisata nella piazzetta e del piacere degli occhi, ci siamo portati via anche un ottimo ricordo.
Del vino.
Per le sere dei giorni di pioggia, magari...

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