mercoledì 30 novembre 2011

Ehi, babbi, siamo famosi!!!

Mah.
Che dire?
Qualcuno finalmente si accorge dei babbi blogger. Qui.

Oh, è Repubblica eh!, mica La Gazzetta di Roccacannuccia.
In prima pagina.... Svengo.

Insomma, siamo famosi babbi!
E siamo contenti, nevvero?! :)

martedì 29 novembre 2011

È dura essere un uomo piccolo

Certe volte l'uomo piccolo è proprio insopportabile: basta invitare un amico, basta che la giornata sia andata un pochino storta (un rimprovero dalla maestra?...), basta la solita stanchezza serale o sul finire della settimana che diventa ingestibile. Urlante, ipercinetico ed eccitato, non capisce più niente. Confessa senza remore che, in quei casi, è in preda a una specie di trance.
"Ma io non ce la faccio a darmi una regolata, come vorreste voi".
Non riesce a riprendere il bandolo di un comportamento accettabile.
Quando capitano serate così mi sento davvero stretto in un angolo. In preda a pensieri balordi sul fatto che allora bisognerebbe essere ancora più inflessibili, che le punizioni non sono mai troppe, che forse è un bambino amplificato e allora ci vorrebbe l'intervento di un esperto. Uno vero, non un semplice genitore... Per di più impotente.
Certo, se uno ci riflette un attimo si rende conto che, dal suo punto di vista, è davvero dura essere un uomo piccolo. Che tanti sono gli elementi che lo disturbano, che ne turbano l'equilibrio. In effetti l'uomo piccolo è un congegno piuttosto delicato: un tenero puffo ancora dedito alla coccola pre-nanna, allo stropicciamento totale con l'adulto che perde ogni ritegno riportato nel suo elemento, l'essere un "semplice" ragazzino.
È quella identità che ancora ondeggia e barcolla, sono le sue paure che si affacciano dietro quegli strepiti serali, l'insicurezza lo spinge oltre il confine.
Se l'adulto di turno si chiede allora cosa stia succedendo e non riesce a darsi risposte adeguate, forse è il caso di continuare a cercare. Di capire. Di andare avanti nel costruire piccoli mattoni, nel mettere in campo pazienza e comprensione. Perché se è difficile sapere cosa fare, è davvero tremendo non conoscersi ancora del tutto.

lunedì 28 novembre 2011

A volte, ci sono padri

A volte negli occhi dei padri si vede come un velo, quando parlano dei figli.
Forse una distanza ("se ne occupa mia moglie, in fondo, e va bene così"). Oppure "non li capisco, non sembrano quasi essere figli miei" che è esattamente la stessa cosa.
Forse un rimpianto, come di qualcosa andato "storto" ma che ora è difficile, molto difficile, raddrizzare.
Altre volte c'è una complicità (soprattutto quando i figli sono adolescenti) giovanilistica, un'amicizia paritaria che facilmente può essere fraintesa. E sfuggire alle regole, ai ruoli, ai compiti.
Ci sono padri presenti che vivono la responsabilità come un peso schiacciante. Come una fuga da tutto il resto. Come un cercare se stessi in quel nuovo "lavoro".
Alcune volte silenzi ottusi che interrogano senza fine, domande che si rincorrono e che sembrano senza risposta ma anche, scusandomi per l'involontario bisticcio di parole, anche senza domande.
Padri che c'erano e oggi non ci sono più. Padri che non ci sono mai stati. Padri-ragazzini che chiedono comprensione come se si trovassero di fronte a un genitore altro da sé.
Padri che fanno a gara nel conquistare vette che non avevano bisogno di essere scalate. Padri che nemmeno ci hanno mai provato, sconfitti dalla fatica del solo pensarci.
Padri che scompaiono, nascosti dietro se stessi o dietro qualcun altro che li sostituisce.
Padri che hanno i figli all'altro capo del cellulare, ogni tanto, ogni qual volta. Spesso o poco, chissà.
A volte guardo me stesso e mi dico chissà quante altre volte inciamperò e ogni volta che fatica ma anche che grande conquista rialzarsi. E ricominciare.

mercoledì 23 novembre 2011

Uomini al bar

Stasera, io e l'uomo piccolo seduti al tavolo di un locale. Uno di quelli dove, dopo una certa ora, si radunano orde di adolescenti con gli ormoni in orbita.
Ci siamo sentiti, almeno io, davvero "in".
L'uomo piccolo sgranocchiava patatine da un sacchetto prima di entrare in piscina (chissà cosa ne penserà la profe...), il sottoscritto sorseggiava acqua. Via, anche un caffè.
Una semplice domanda, spesso elusa dalla noia ("come è andata oggi a scuola?"), ha scatenato invece un racconto appassionato e pieno di dettagli.
Anche l'uomo piccolo cresce, sale la strada che lo porta un po' più lontano di ieri. Le parole scelte con cura, le osservazioni sui comportamenti di una nuova supplente, l'emozione per il saluto di un amico che fino al giorno prima nemmeno lo guardava, l'orgoglio di aver portato in classe "quel libro sui dinosauri che abbiamo guardato tutto il giorno". La maestra era contenta, dice l'uomo piccolo, e lui gongola. Nella certezza di aver trovato un centro.
Con quella zazzera esagerata, con ciocche che vanno in ogni dove, sembra un ragazzino più grande della sua età. Un piccolo uomo.
Appunto.
Un uomo piccolo. E davvero divertente.

domenica 20 novembre 2011

Gli accessori del babbo (20): il sussidiario

Perché non te le ricordavi, le tue domeniche di quinta elementare. D'inverno, quando il mare soffiava umido verso la città. E il sussidiario era un libro divulgativo rispetto alla complessità multidisciplinare di oggi.
Così hai potuto millantare quanto tu fossi veloce e ligio, nel fare i compiti, sempre da solo, senza genitori a ronzarti intorno. E, dopo che li avevi finiti, via a giocare, ad appiccicare figurine in un album (la stagione delle raccolte adesive era più o meno la medesima di questa), a spostare soldatini dentro un forte di compensato.
Questo hai detto, per scalfire la noia dei tuoi pargoli e istigarli a "darsi da fare".
In realtà stare lì, sotto le coperte, a ripassare l'antica Grecia, la geografia (fisica, demografica ed economica) del Piemonte, i cinque sensi con tutti quei nervi che trasportano stimoli elettro-chimici fin dentro il cervello è stata una gran bella cosa. Un'immersione totale dentro un mondo lontano, non tanto antico o moderno ma proprio distante.
Una distanza abissale, di metodi, di tempi, di cultura. Persino il Piemonte sembra cambiato, visto dall'oggi.
E rotolarsi con quei due, uno alla volta per non mescolare materie e programmi, come due compagni di classe è un privilegio di valore inestimabile: vedere uno sguardo che guizza quando la mente ha trovato la parola esatta, cogliere l'incertezza di fronte ad un accento difficile, ridere assieme di una parola storpiata in maniera irresistibile è più di un regalo. Più di un premio, forse un impegno. Leggero, tenue come un alito di zefiro.
E domani, il lunedì, sarà più facile. Senz'altro.

martedì 1 novembre 2011

Pensieri su strade bianche

Oggi la donna grande era su un altro pianeta. Ha camminato quasi tutto il giorno a testa bassa, capelli sugli occhi.
Pensava.
Trascinava i piedi ma senza noia, senza ritrosia. Era solo un'andatura, un modo di procedere.
La donna grande, come dice la parola stessa, sta diventando grande. Sempre di più. Pensa, comincia a impigrire, prova a fare qualche resistenza ai programmi imposti dall'alto. Una sorta di preadolescenza. Ormai, si vede lontano un miglio. Anche standole accanto. E coccolandola, dentro i suoi silenzi.
Oggi, però, la giornata è stata quasi magica. Sarà stato il tempo, tutto sommato clemente e caldino. Sarà stata la passeggiata, organizzata dagli amici del cuore (e per fortuna che nei cuori ci si sta tutti, in tanti...), la campagna colorata come in un Van Gogh.
Perché il Chianti, al di là delle cartoline o proprio per quelle, è davvero qualcosa di unico. Vigne e rossi e gialli e querce e cinte senesi brade al pascolo e tronchi tagliati che stillano resina profumata e borghetti che si vedono sui crinali come sull'onde. Insomma, paesaggio da sogno e passeggiata dolce, su strade bianche.
Qualcosa tipo questo:

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