lunedì 12 marzo 2012

Le mamme blogger se stanno a allarga'

Lei è elasti.
Chi non la conosce... Ecco, appunto, chi non la conosce?
Sarebbe la mamma degli hobbit ma in realtà è la mamma di tutti noi, genitori blogger (non solo mamme), la capostipite di una intera genìa che ha invaso il web.
Insomma, senza farla troppo lunga e troppo celebrativa (in realtà il mommy blogging viene da più lontano, dagli USA soprattutto), da queste parti è stata lei una delle prime e, senza dubbio, la più seguita.
Qui.
Così tanto seguita che persino il Quirinale se n'è accorto.
Io invece, del fatto che persino il Quirinale se ne fosse accorto, me ne sono accorto solo ora, qui. Perdo colpi, con l'autoaggiornamento mediatico, lo ammetto.
E mi sembra una gran bella cosa. Intanto perché se hanno nominato elasti "Ufficiale dell'Ordine al Merito della Repubblica" vuol dire che anche le Istituzioni (o almeno alcune) cominciano a guardare un po' oltre il loro stesso naso.
Poi, trovo anche molto interessante (rivoluzionario, forse?...) che ad una persona normale, per il solo fatto di essere genitore, venga riconosciuto un merito. Non è poco come cambiamento di rotta, come messaggio inviato all'opinione pubblica.
Infine, elasti scrive divinamente (prima ancora di «aver contribuito, con il suo personaggio di "mamma elastica", a diffondere un'immagine ironica e intelligente delle sfide quotidiane che deve affrontare una donna che è insieme professionista e madre» come recita la motivazione ufficiale) ed è stata lei stessa motore di un cambiamento, anche di una forma di coraggio che ha aiutato tant* altr* genitor* a guardarsi e a raccontarsi, cercando la condivisione delle proprie esperienze.
(E' vero: c'erano anche altri genitori, pare, insigniti tutti della stessa onorificenza. Ma elasti è elasti, proprio una di noi).
E allora: brava, Claudia. E tante grazie a te!

giovedì 8 marzo 2012

Post(o) d'onore

Solitamente non scrivo alle riviste.
Però la rubrica di Claudio Rossi Marcelli su "Internazionale" è per me un appuntamento fisso: è riuscito a sopravanzare persino l'oroscopo di Brezsny che così è retrocessa a 'seconda pagina che leggo'.
Allora, da lettore diligente, ho scritto la mia brava mail per sottoporgli un quesito che mi sta a cuore da tempo. Da quando mi dicono "vedrai, non sai cosa ti aspetta". Insomma la donna grande diventa sempre più grande e tutti mi mettono in guardia. Da cosa?
Claudio è stato gentilissimo. La sua risposta, come sempre, è molto intelligente ed anche ironica. E pure puntuta, non si nasconde dietro nessun dito. Direttamente al centro.
Mi è molto piaciuta, la condivido in pieno. Soprattutto quando dice "che i figli crescano e comincino ad avere una vita sessuale non mi crea nessun turbamento".
Ho sempre pensato che i figli non siano né piezz'e corebelli di mammà. I figli li penso come piccoli (neanche poi tanto; neanche per sempre) vascelli pronti a salpare. Anzi, come Gibran, li sento le frecce viventi del domani, "la brama che la vita ha di sé".
Oggi, in occasione dell'otto marzo, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano non ha potuto fare a meno di sottolineare come, troppe volte, gli uomini considerano gli affetti una loro "proprietà".
Non voglio mescolare troppe cose ma oggi, Claudio Rossi Marcelli da una parte, Gibran dall'altra, Napolitano da un'altra ancora, hanno detto cose importanti e belle. Per riflettere, da ricordare.
Tra tutti e tre, mi sembrano proprio una bella compagnia. Dedico loro questo post(o) d'onore.
Ah, e non c'è dubbio: dormo notti tranquillissime!

giovedì 1 marzo 2012

Gli accessori del babbo (22): i tappini

I tappini sono una dimensione dell’anima, sono una primavera che si srotola sul tappeto di sabbia del mare, sono le zuffe violente per la posizione, il risultato, la classifica che non tornano mai.
Colpa tua.
No, tu rubi.
Testa di.
Inutile nasconderlo, i tappini sono anche l’eloquio senza freni che si forbisce in strada, tra compagni a scuola ma anche, soprattutto (ah, che dolcissimo sadismo!), in parrocchia, tra un prete e l’altro, in attesa che passino.

Tutto ciò non è accaduto in una seduta di ipnosi regressiva ma semplicemente per strada, mentre attraversavo la città, da un capo all'altro, per lavoro. C'era per terra un tappino di birra schiacciato, l'ho calciato per un riflesso animale e "gol!", si è riaperto un mondo.
I tappini sono quei pomeriggi lunghi già abbastanza per rimaner fuori ma non tanto da permettere una vera partita di calcio, con le conte per selezionare le squadre e tutto il resto, compresi supplementari e calci di rigore se si arrivava pari. A quell'età volevamo un vincitore e, più ancora, uno sconfitto.
Tutti i giorni.
I tappini mimavano bene questo rito. Bastavano dita allenate e spazi decisamente più ridotti: un campo poteva stare abbondantemente sotto il metro quadro, una pista appena un po' di più. A calcio vero, giocato, in un metro quadro ci si prendeva a pedate.
I tappini erano epici e avevano nomi esotici: Cile o Perù nacquero certamente prima sui tappini che nella consapevolezza delle carte geografiche, Roger De Vlaeminck recitato come una litania blasfema, Tarcisioburgnich tuttattaccato (e, laggiù in provincia, bastava anche Maurizio Simonato come scioglilingua della fantasia). Suoni come perle che cadevano a terra rimbalzando.

I tappini, oggi, sono una difficoltà. Quella di tramandarne il senso, il fascino, la fantasia ai figli. Tanti concorrenti sleali (elettronici, rutilanti, rumorosi. E' il 2.0, bellezza) ma qualche volta quel campino di carta si srotola ancora. Sul parquet, in camera, coi tappini buttati fuori dal sacchetto che corrono via. Come perle, rotolano.
I tappini erano anche quell'altra magia: sorseggiare litri e litri di gazzosa (ché la birra non era ancora adatta, all'età) per farne scorta. Stando attenti, delicatissimamente, quando si stappava la bottiglietta: ero diventato un esperto a tenerli quasi lisci, alzando pian piano la corona, millimetro dopo millimetro.
I tappini erano la cura estrema e faticosa (la gazzosa, per quanto poco, costava) di procurarseli e non perderne nemmeno uno.
Preziosi.
Erano tutto questo, i tappini, ed altro ancora mentre il subbuteo era cosa da ricchi.

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