martedì 29 settembre 2009

Genialità oblige

Certo, direte: siamo rimasti in quattro gatti a leggerlo.
Influisce sulle coscienze civili quanto, che so, un'aspirina sulla broncopolmonite.
Però, la genialità è sempre la genialità.
Va rispettata.

lunedì 28 settembre 2009

Appello

Questo è un s.o.s. vero, un messaggio in bottiglia affidato alla magnanimità dei flutti, un segnale di luce lanciato nelle remote profondità dello spazio: rispondete se siete in ascolto.
Ormai abbiamo preso il ritmo e quasi tutti i giorni, di fronte a scuola, in attesa dell'uscita dei pargoli, babbi e mamme (più le seconde che i primi, a dire il vero), sgomenti e affranti, si interrogano. L'un con l'altro.
Non sappiamo bene come affrontare l'argomento, si vede che c'è qualcosa che ci cruccia, ci sembra incredibile e quindi abbiamo pudore a fare outing. Ci guardiamo attorno (le mani ci si stropicciano in mano), prendiamo tempo, studiamo le parole che useremo.
E cominciamo, prendendola alla larga: "ma il tuo come è messo coi compiti?", "e i disegni? ha ancora voglia di farne dopo otto ore di scuola?"... e, finalmente!, "ma scusa, e la matita? come fa a temperarla?!?!?!".

Ebbene sì, madre coraggio ce l'ha fatta a tirar fuori l'argomento-sgomento: MA CHI E' CHE RUBA TUTTI (E DICO TUTTI) I TEMPERAMATITE DEI NOSTRI BAMBINI?!?!? C'E' UN MOSTRO MALVAGIO DA QUALCHE PARTE NELL'UNIVERSO CREATO CHE SE NE APPROPRIA INDEBITAMENTE???
E, soprattutto, MA DOVE LI NASCONDE????

Fatelo per noi: attendiamo risposte da chi ha più esperienza.
Grazie

domenica 27 settembre 2009

Vendemmia

Questo è quello che ci siamo concessi oggi: una mattinata (cortissima a dire il vero, siamo arrivati ad un orario indecente...) tra i filari a tagliar grappoli.
Insomma, la vendemmia.
Erano decenni che non rimettevo piede tra le zolle (ero davvero bambino) per la vendemmia e non me le ricordavo certo le mani blu appiccicose e zuccherine, il trattore tra i filari, le ceste da riempire e poi vuotare.
E un tempo disteso, torrido nel sole, che non ammette nessuna fretta. Alcuna frenesia.

Il pomeriggio in cantina ci ha riservato la sorpresa di un primo vino quasi pronto: era l'uva raccolta lunedì e martedì scorsi che aveva già fatto la sua fermentazione e, tiepida e odorosissima, veniva giù dal tino tra effluvi alcolici strabilianti.

I pargoli, in ottima e abbondante compagnia, erano ipereccitati: non sapevano più quante fossero le novità da vivere. Per loro era davvero la prima volta.
Gli amici, poi, quando li ritrovi così a distanza di tempo ma i fili si riannodano come se ci fosse salutati solo ieri, sono una vera gioia e una promessa per l'inverno a venire...

sabato 26 settembre 2009

Pulizie

Sono quarantatre anni esatti, ma proprio precisi, che a me il cambio di stagione estate-autunno mi mette da dio.
Perché settembre, il più infingardo dei mesi, mi stropiccia le malinconie ancestrali e caratteriali che mi porto dietro: i suoi colori, l'autunno rosso e giallo che comincia a far capolino, l'inverno un po' letargico che si intravede laggiù in fondo, la luce nordica nettissima che accompagna questi giorni.
Non per nulla, per anni, quando ho potuto, sono andato in vacanza in settembre.
La mia stagione della muta.

Così, ho deciso che farò pulizia anche qui: tutto questo blu e rosso mi erano diventati un po' pesanti e anche quella testata lassù mi sembra ormai un po' banalotta. Opterò per la massima leggerezza e semplicità. Pochi, pochissimi fronzoli. Questione di stati d'animo.
E poi non potevo non sfruttare il lavoro, inconscio d'accordo, di un web designer d'eccezione: l'uomo piccolo che tempo fa produsse un "logo stupendo" che non ho mai valorizzato quanto meritava.

Insomma, se nei prossimi giorni doveste tornare e vi sembrerà di aver sbagliato blog, beh, dateci un occhio: è probabile che sia ancora io. Anzi è sicuro!
E magari ce la faccio anche prima di lunedì...
Buon fine settimana a tutti.

mercoledì 23 settembre 2009

Shakespeare aveva talento...

Non dico di no.
Anche Shakespeare avrà avuto la sua dose di talento.
Ma uno scambio di battute così fulmineo, un'opera che dura pochissimi secondi, Shakespeare non l'ha mai scritta.
Oddio, l'esegesi filologica del corpus shakespeariano la lascerei per un altro post.
O meglio, per un'altra vita.

Interpreti: desian, l'uomo piccolo, la donna grande.

desian: - Scusa, uomo piccolo, ma tu sei mica il fidanzato dell'E.?
Uomo piccolo: - (deciso) No.
d: - Ma, allora, è forse lei che vuole te?
Up: - (categorico) No.
Donna grande: - (tuffandosi sul "No" del fratello) Come no, tutte le mattine davanti a scuola lei gli salta addosso appena lo vede.
Up: - E certo: perché io le voglio bene. Ma mica la voglio sposare!!!

Per tre secondi il tempo è rimasto sospeso.
Le mandibole hanno smesso di mandibolare.
Tutti e quattro ci siamo guardati, l'un l'altro, trattenendo il fiato, come se aspettassimo un segnale di qualcosa che doveva accadere.
Tre secondi.
Poi siamo scoppiati a ridere.
Tutti insieme, e magari zio Billy ci perdonerà.

martedì 22 settembre 2009

Pace forse

E speriamo che Vauro non pretenda i diritti, altrimenti non saprei come fare.

lunedì 21 settembre 2009

Dei ruoli ovvero il "mammo"

Stamattina, di fronte a scuola, un babbo estraeva il suo treenne dal seggiolino della bici.
Il treenne urlava disperato e ossessivo "voglio la mamma". A squarciagola, dimenandosi come una biscia e poi irrigidendosi.
Faceva impressione.
Roba da nascondersi dietro il finestrino dell'auto per osservare.
L'ho fatto.

Il babbo non si scomponeva neanche un po'. Non poteva. Serio come il ruolo impone, reggeva il treenne cercando di limitare i danni, poveraccio: sembrava portasse un tonno appena pescato. Per la coda...
Quando ha preso su per le scale, impacciato ma tutto d'un pezzo, come se niente fosse, ho messo in moto e me ne sono andato.
Poi ho pensato.

Ai ruoli. Al padre col suo bambino disperato, senza strumenti per venirne a capo.
E' successo anche a me, quando erano più piccoli, che non sapessi dove voltarmi. Che mi sentissi osservato da decine di occhi di mamme da ogni dove. Biasimanti.

Oggi che non serve più, non ho più un treenne in dotazione, saprei cosa fare. Oggi, un treenne disperato a quel modo, io lo avrei abbracciato. Avrei accolto la sua disperazione, come se fossi stato il padre. Non un ruolo in un manuale.
E allora i ruoli, quella strana parola un po' ironica e invece molto sprezzante che è "mammo".

Forse un abbraccio se lo può permettere anche un babbo.
Sicuramente la prossima volta.

domenica 20 settembre 2009

Finalmente domani...

...si torna alla normalità.
La donna grande ha passato il fine settimana a casa di un suo ex.
Un suo ex compagno di scuola, dei tempi della materna.
Tempi andati.

L'uomo piccolo ha passato il fine settimana saltellando come uno scimpanzè perché l'assenza di sua sorella gli ha disastrato tutti i punti di riferimento. E' stato nervoso ed intrattabile tutto il tempo. Si è placato solo nella serata di sabato, davanti alla tv.

All'inizio, la donna grande avrebbe dovuto restare a dormire dal suo amico solo il sabato sera. Poi però, in un attacco di coraggio, la mamma dell'amico ha procrastinato (che vorrà dire "procrastinare"? mah...) il rientro e se l'è tenuta anche domenica a pranzo.

L'uomo piccolo si è scofanato di patate lesse (e niente altro!) nel pranzo di domenica e ha chiesto attenzione continuamente: ha voluto giocare, è sempre stato tra i piedi, cantava a squarciagola. Forse per esser certo che non l'avremmo perduto nell'universo.

Finalmente a pomeriggio inoltrato, siamo riusciti a rientrare in possesso (si fa per dire, eh!) della legittima donna grande e siamo tornati a casa.

Beh, hanno passato tutto il tempo prima di cena a rincorrersi e negarsi oggetti e giochi, a sottrarsi la sedia sotto il sedere, a litigarsi qualsiasi cosa passasse loro tra le mani.
Finalmente domani si torna alla normalità: intanto, fino alle 16.30 c'è scuola.
Poi si vedrà.

sabato 19 settembre 2009

Massimi sistemi

Grazie a Martina Braganti di PianetaMamma mi è capitato di fare alcune riflessioni, di mettere in fila una serie di pensieri che, a rivederli spalmati sul monitor, eccoli, fanno tanto "massimi sistemi".
Poi però mi dico che non si può sempre e solo badare alle questioni concrete rincorrendo il quotidiano: i comportamenti spiccioli con le regole che si portano dietro, il "corri di quà, corri di là", rappacifica le liti, stimola sù, correggi laggiù.
Ogni tanto ho bisogno di prendermi una distanza di osservazione, sufficiente a che il mio occhio riesca a percorrere lo spazio necessario della messa a fuoco. Insomma, sono fatto così: rifare ogni tanto l'inventario dei pensieri e delle cose che mi frullano in testa mi serve.

D'altro canto, però, e maggiormente, serve il confronto con altri inventari, altri pensieri, altre idee sulle cose: chi ha voglia di rispondermi? Di dirmi: dove sbaglio, dove esagero, dove son "palloso".
Come sempre, mi farebbe un immenso piacere!

martedì 15 settembre 2009

Gli accessori del babbo (8): la lavastoviglie

C'è dell'arte suprema in quel rozzo ammasso di lamina d'acciaio e plastica e qualche tubicino. La sua tecnologia silenziosa: il ronzio che culla le giornate d'ogni stagione.
Un'installazione, nella nostra cucina componibile. Non so da voi.

E' pura arte concettuale quella che mi permette di riempirla. Una regola ascetica che serve a dividere i piatti piani (nei rebbi bassi) da quelli fondi (rebbi alti), le tazze dai bicchieri.
Le posate equamente distribuite nel cestino, ché se le metti tutte da una parte non vengono un granché.
Le ciotole adagiate sul fondo del cestello superiore (se non troppo alte) oppure in basso. Dove c'è spazio.
E le pentole, pure. Perché sì, noi ci mettiamo anche le pentole.
Divide et impera. E' la regola, appunto.

L'arte delicatissima di "a chi tocca stasera" trasforma per magia la probabilità di uno scazzo mostruoso in una leggiadra danza verbale.
In punta di fioretto: "profe, tocca a te", "col cavolo, l'ho già riempita ieri".
"Però, io, l'avevo vuotata".
Diplomazia allo stato puro.

Se invece del portello avesse uno schermo (basterebbe anche un piccolo oblò), potremmo passare le serate seduti lì di fronte a guardare la raggiunta pace familiare sciaguattata da getti a pressione di acqua bollente. E detersivo: in polvere o pastiglie, che comunque cambiamo spesso fornitore.
Perché la pace non ha prezzo. A maggior ragione in famiglia.
Per questo la adoro.
Come un Van Gogh sul muro del soggiorno.

lunedì 14 settembre 2009

Esorcismi

Le vigilie sono importanti. Ognuno esorcizza come può.
Se la donna grande, dall'alto della sua esperienza (dopotutto domani siamo già in terza), ha passato il dopocena a leggere paciosissima un libro illustrato, l'uomo piccolo ha avuto di che lavorare.
Non ha smesso un minuto di raccontare, di parlare di sé e dei suoi nascosti timori per il primo giorno di prima elementare. Metafore a grappoli.
La più bella: lui ha sempre odiato le polo, non ne aveva mai messa una fino all'altro giorno quando all'improvviso l'ha chiesta. E l'ha portata fiero per tutta la giornata.
Stasera, preparando i vestiti per domattina, ha chiesto di nuovo una polo: per un giorno che lo rende tanto insicuro, cosa di meglio se non cavalcare la tigre.
Quando gli ho chiesto come mai le polo erano diventate la sua nuova improvvisa passione (per lungo tempo sono state anche la mia, ora mi sono un po' disintossicato: indosso anche camicie), mi ha risposto intanto dicendo che avrei dovuto comprargliene tantissime.
Poi ha spiegato così:
"Secondo me, crescendo la vita è più bella".
...
Buona vita.
E buon primo giorno, ragazzi.

Questo post partecipa al blogstorming

domenica 13 settembre 2009

Sontuosa cena

Sontuosa cena ieri sera, a casa di amici.
Per ritrovarsi dopo le vacanze e fare racconti, ricordare episodi. Mondi.
Il vino era buono, il cibo eccellente così ci siamo dedicati lungamente a spazzolare piatti e bicchieri: le foto delle vacanze, ci incuriosivano gli antipodi, non abbiamo avuto modo di guardarle. Recupereremo presto.
Perché alla nostra bucolica e modesta Val di Funes (talmente modesta che il sottoscritto, preso da furia jap, ha scattato quasi 700 foto in una settimana...), si è opposta una più rutilante Australia + Nuova Zelanda.
E, quindi: ubi major...
Insomma, abbiamo saputo che la carne di coccodrillo sa di pollo (che siano le comuni origini dinosauresche?!), che la bistecca di canguro è buona (ma la fiorentina?...), che all'Opera di Sidney puoi incappare in una demenziale rappresentazione a metà tra il teatro e la musica tradizionale cinese (lo sguardo in tralice di I. era inequivocabile sulla qualità dello spettacolo; invece P. da vero antropologo era più possibilista).
E sull'aereo c'era un nuovo film di John Woo (fantomatico visto che non se ne sapeva nulla dalle nostre parti), che si chiama "Red Hill 2": figuriamoci!, non s'era mai sentito parlare nemmeno del primo...

Ma.
Soprattutto.
L'intera compagnia ha convenuto che non è necessario sapere tutto, nella vita.
C'è anche qualcosa di cui si può fare a meno. Che, se anche non ne sai nulla, sopravvivi lo stesso.
Il... pop tamil!?
E io che pensavo che già Gigi D'Alessio.

mercoledì 9 settembre 2009

Videocracy ovvero "la televisiun"

Lasciatemi partire da Jannacci.
La canzone dovremmo ricordarla in tanti, questa, il ritornello è famosissimo. E dice:

La televisiun la g'ha na forsa de leun
la televisiun la g'ha paura de nisun
la televisiun la t'endormenta cume un cuiun
.

Di "Videocracy" ricorderò il ragazzo Riccardo che parla schifato del suo lavoro da metalmeccanico: cosa dico a una ragazza se ci esco insieme? Che lavoro al tornio e ho le mani sudicie tutto il tempo? Lei mi risponde "beh, allora, ciao".

Ecco, questa è l'icona che mi porterò dietro dalla visione del film: come sia stato possibile, in pochissimi decenni di televisione commerciale, porre fine alla identità delle persone. Una forma di annichilimento di qualsiasi dignità: mi torna in mente l'immagine di un operaio Opel che aveva scritto sulla sua maglietta Wir sind Opel, Noi siamo Opel.
Ancora pochi anni fa il lavoro era una fonte di fatica e pesantezza del vivere ma anche di grossa dignità, di proprio ruolo nella società.
Questa televisione populista e becera narra di una società e di persone senza più neanche la dignità del lavoro che fanno. Se non sei velina o personaggio televisivo, non sei nessuno.
Così, la nostra emancipazione dal lavoro come identità ci ha anche tolto la dignità di quello che facciamo e di ciò che siamo.
La mia indignazione, per quel che vale, non va ai personaggi dichiaratamente squallidi che ci stanno attorno e che il film di Gandini indaga. La mia indignazione è per quello che siamo diventati, per lo specchio che la tv ci restituisce: un pozzo oscuro senza alcun fondo, dove anche le cose meritevoli annegano dentro tutto il resto. Che società siamo diventati, che persone siamo per esserci ridotti così?
Perché in sala accade anche che, quando Corona spiega di essere un moderno Robin Hood che ruba ai ricchi per mettersi in tasca tutto lui, la platea prima ride e poi, quasi, applaude. Perché ormai, anche di fronte all'orrore, ci scappa un applauso invece che una salva di fischi. Invece che una sanissima e civile indignazione.


Tornando a Jannacci, la canzone prosegue poi con un verso che dice

Quelli che Mussolini è dentro di noi oh yeah...

e nel documentario c'è anche Lele Mora col suo telefonino e le suonerie nazifasciste. Così sappiamo qualcosa di ancora più preciso...
Insomma credo sinceramente che la deriva fascistoide di una società come la nostra sia già avanti da un pezzo. Non siamo sull'orlo, siamo già dentro. Siamo immersi fino al collo.
"Videocracy" lo racconta semplicemente. Lo denuncia, se solo fosse possibile, se non avessimo già dovuto farlo noi, cittadini non assuefatti.
Il problema è anche che, come ricorda una didascalia alla fine del documentario di Erik Gandini, l'80% dei cittadini italiani hanno come loro unica fonte di informazione la televisione.
Noi altri, ammesso che si possa parlare di un qualche noi, siamo una vera minoranza. Neanche troppo silenziosa, forse, ma volete mettere il peso che possiamo avere?!
Ridicolo.
E allora, forse, buonanotte: il buio sarà lungo, ancora.

sabato 5 settembre 2009

Riparazioni

La parola d’ordine, nella sua mente, era stata indecisione. Tutto il giorno.
Ma si sa, si era detto, dopotutto la libertà di scelta comporta sempre i suoi travagli.
Gli esami di riparazione lo aspettavano l’indomani e lui non aveva ancora deciso se si sarebbe presentato oppure no. Poteva decidere; lo avrebbe fatto. Per ora, però, ancora non sapeva.
Durante l’estate, è ovvio, non aveva studiato neppure una pagina: aveva seguito i suoi amici in vacanza, prima al mare, poi a Londra. Anche se Londra era solo una vacanza studio lui non si era tirato indietro: avrebbe trovato il modo di schivare le lezioni e gironzolare per shopping.
Studiare era un lusso che non si sarebbe mai permesso.

Non che gli importasse qualcosa di ripetere l’anno (era già successo e aveva valutato sempre come un vantaggio quello di essere il più vecchio della classe) ma c’era qualcosa che davvero non riusciva a sopportare: di dargliela vinta a quei rompicoglioni dei suoi insegnanti.
Così il dubbio amorevolmente macerato per un intero giorno, si era incistato col suo orgoglio per tramutarsi in astio purissimo: col cavolo che li avrebbe accontentati, se lo volevano segare sarebbero dovuti passare sul suo cadavere. La mattina dopo si sarebbe presentato in classe. Puntuale, pure.

Ore otto e cinque, storia.
Quando si trovò di fronte il foglio con le domande del compito diede uno sguardo. Tirò un sospiro di sollievo: domande banali, se era così che pensavano di metterlo in difficoltà. Gli venne da ridere, uno ganzo come lui ce l’avrebbe fatta. Senz’altro.
La profe diede il via, aveva un’ora di tempo.
Allora: “quali erano le principali differenze tra Atene e Sparta” e qui non c’erano dubbi. Scrisse.
Sparta era famosa per essere una democrazia mentre Atene era governata dalla monarchia.
Si proseguiva poi con “cosa erano le polis”.
Le polis erano dei grandi edifici come i tempi, quelli a cui le persone portavano doni per ingraziarsi gli dei.
Il gran finale era più complicato, ‘sti maledetti, ma non si fece ingannare: “dove si è sviluppata la civiltà etrusca e nomina almeno un paio di città da loro fondate”.
La civiltà etrusca è nata in Asia Minore e la città più importante era Populonia.
E ora, bocciatemi, si disse (consegnò il foglio), stronzi!
Uscì dall'aula.

Passi per l’Asia Minore. Un colpo di fortuna aver indovinato una definizione così colta, Asia Minore mica un’Asia qualsiasi.
Ma Populonia, Populonia dico, per uno che vive in Toscana, vuol dire forse credere di abitare in Asia? Minore, forse.


(Firenze. Settembre 2009. La notizia clamorosa è che il tizio è stato promosso. Il peggio, però, è che non sto scherzando.)

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