mercoledì 5 marzo 2014

C'era una volta. Ovvero: festa di carnevale, a lieto fine

C'era una volta il/la rappresentante di classe.
Idee come rappresentanza, democrazia scolastica, organi collegiali. Significati desueti, scomparsi. Parole arcane. Anzi, oramai, ar vento, proprio.
Perché oggi, nel tempo limpido e splendente del porno-marketing (nel senso, abbiate pietà, che utilizza più o meno le stesse metodiche e lo stesso background, diciamo, culturale - senza che nessuno se ne scandalizzi più, vivaddio!, anzi), dicevo al tempo d'oggi il/la rappresentante di classe si è trasformato in un dinamicissimo organizzatore di eventi.
Per anni nessuno mai si sarebbe sognato di offrirsi candidato (sai le rotture, per carità!) per farlo. Negli ultimi tempi, un fiume in piena. Gente che offre mazzette, per un posticino lassù, accanto alle divinità delle pàbblicrelesciòn.

Che te organizzo a carnevale?
Eeeh!
La festa di carnevale. E il suo strumento è la posta elettronica. Perfida.
Così, parte la catena.
"Ciao, avrei pensato bla bla bla, per i nostri pargoletti, bla bla bla, il carnevale bla bla bla, non si divertono forse abbastanza durante il resto dell'anno?! (ndr), che ne pensate?".
Che ve credete voi?! Piuttosto.
Il mail è lo strumento del demonio.
Comincia il/la prim*: "Che bella idea! Facciamolo qui, il giorno tal de' tali e bla bla bla".

Ok, facile.
Tutti si accodano, no?
Per praticità e sveltezza dei processi decisionali, penso io pragmatico.
Corca.
Il mail è la libertà del cervello senza connessioni neuronali. Dobbiamo aver introiettato, da qualche parte nella nostra materia grigia, che siccome è il mail che ci connette, il cervello si può tenere spento. Sarà la libertà, a guidarci. Libera.
Arriva il/la second*: "Sarebbe meglio di sabato, in tal altro luogo, a quest'ora qui e bla bla bla".
Terz*: "Eh no, noi non possiamo proprio. A quell'ora abbiamo un altro impegno, quel giorno pioverà, famola al chiuso e bla bla bla".
Quart*: "Ah bene, d'accordo. Però. Però sarebbe meglio all'aperto. E di sera, e chi porta da mangiare? e bla bla bla".
Quint*: "No, niente mangiare, meglio organizzare giochi per tenerli impegnati, sennò si annoiano, a una festa?! Mischini, ndr, e quindi si fa al chiuso".
Il/la terz*, ribadisce: "Eh nooh, noi non possiamo proprio. Però. Però non importa dai, ci organizziamo, arriviamo dopo, veniamo via prima e di solito non puliamo il water".
Sest* (il sottoscritto): "Che?! C'è una festa? Quando?".
Settim*: "Le previsioni sono cambiate, la sala non è più disponibile. Facciamola al chiuso, no scusate all'aperto. Cambiamo sala. Chi raccoglie i soldi?".

Vado avanti?
"Ho trovato un'alternativa bellissima. Io porto i bicchieri, di plastica. La sala è meglio all'aperto. E in parrocchia no? Ma chi prenota? Non c'è più la sala, facciamola alla casa del popolo. In centro, no in periferia così ci si arriva con la macchina. Uffa dai, allora noi non veniamo. Io ho un altro impegno, la sera il pargolo fa meditazione trascendentale, si potrebbe fare di mattino? Ma no, di mattino c'è scuola. E chissene?! Io faccio una torta salata, anche una dolce; patatine? Non posso, qualcuno mi sostituisce. E la lezione di chitarra che faccio, gliela faccio saltare? Allora, s'è detto giovedì, vero? No, sabato. Ah okkei, vada per il martedì".

Che bello!
Io le feste (di carnevale, poi, più di tutte) le ho sempre adorate. Da ragazzino andavo, stavo zitto un monte, chiuso nel mio angoletto (qualche volta sbirciavo copertine di ellepì, per darmi un tono "mi si nota di meno") e la sera tornavo a casa più annoiato e sfavato (scusate il francesismo d'alta scuola) di prima. Non pomiciavo mai con nessuna (sì vabbé lo ammetto, ero un po' più grandicello, non come questi naccheri di quinta) ma in compenso sapevo tutto del grafico-illustratore-artista-geniale delle copertine dei Pink Floyd, Storm Thorgerson, me lo ricordo ancora. Qualche volta, capitava pure una copertina di Umberto Tozzi, giuro!, e lì non c'è mai stato verso: era devastante.

Alla fine, e non so nemmeno come tutti siano riusciti ad arrivare nello stesso posto e alla stessa ora e persino ognuno coi propri pargoli, la festa c'è stata. E' stata bellissima. Si sono divertiti un monte, dice chi c'è andato.
Io no.
Io sono rimasto a casa. Ma non per snobismo, giuro (un paio di copertine dei Pink Floyd me le sarei portate da casa volentieri).
E' che sono ancora qui a leggere i mail di convocazione e non capisco cosa dovrebbe accadere.
Ma dove?
Eee..... Quando?
E chi le porta le sfrappole?!
Le cheee?!

4 commenti:

  1. sono quei momenti in cui ringrazi di non avere figli :)

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    1. @amanda: ma dai, Amanda. Un bel pargoletto che fa meditazione trascendentale o che traduce Kant dal tedesco al latino...

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    2. seeeeeeeeeeeeeeeeeeee se sanno leggere l'italiano dall'italiano è tanto

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    3. Ho sempre sapientemente eluso questi momenti "mondani", cavandomela egregiamente. Un sol cruccio ...le copertine dei Pink Floyd!!!

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