venerdì 30 gennaio 2009

Per fortuna

Come stareste voi, dopo due giorni consecutivi in cui avete rivisto casa ben oltre le 9.00 di sera (dopo esserne usciti alle 7.30 del mattino!)?
Cosa provereste a rivedere i pargoli dopo quasi 48 ore, già che avevano dormito dai nonni, iersera?!
Se i chilometri di macchina che vi siete lasciati dietro, come una scia di lumaca, fossero più di 400?
Come avreste reagito di fronte ad una vera crisi isterica, con tanto di pianto inconsolabile, della vostra collega più cara?
E se aveste dimenticato la borsa del lavoro dal vostro cliente più lontano?!
Se foste incappati in una sigaretta (accesa!!!) dopo quasi un anno che avevate smesso?

A parte il fatto di sentirmi coglione per quest'ultima cosa, ma coglione eh!, per fortuna domani è sabato...

mercoledì 28 gennaio 2009

Nooooo............

...........uaaarghhh, no. L'ho finitooooohh!!!!
Lisbeth se n'è andata, Kalle Dannatissimo Blomkvist volatilizzato come uno sbuffo di fumo. Inchieste finite, basta hackeraggi. Niente più intrecci né servizi deviati (mi ricorda qualcosa?... Mi ricorda!)...
E ora cosa faccio? Mi tocca ricominciare ad andare a letto presto, la sera. Non potrò più saltare il pranzo in cambio di una quarantina di paginette. Mi toccherà tornare a pensare alle mie cose, invece che essere in ansia per la sorte di Erika Berger. E magari potrò di nuovo scambiare qualche parola con la profe. E se la donna grande mi chiama per giocare con lei, la sentirò. Le scosse telluriche dell'uomo piccolo torneranno a scuotermi, come prima.
Mah. Non so se torno.

Vabbè, vorrà dire che scriverò qualche post.

Oh, datemi almeno un surrogato eh!

lunedì 26 gennaio 2009

Larsson

No, non venite a cercarmi...
Torno quando torno.

Sono con Lisbeth Salander. In un altro mondo...


Eehh, quante storie: sto leggendo Larsson.

Avete presente?

...

Ecco.

venerdì 23 gennaio 2009

Differenze

Parlando dei diritti delle donne e della loro salute, è da oggi che, per quanto mi riguarda, Barack Obama diventa il nuovo Presidente degli Stati Uniti d'America.

Ascoltando stamattina la cronaca alla radio, a proposito di ciò che è accaduto a Roma Fiera la notte di Capodanno, a Roma Primavalle l'altra sera e a Guidonia stanotte, mi vergogno di essere un uomo. Italiano o meno, non fa neanche differenza.

giovedì 22 gennaio 2009

Бюрокрация

Ah lo so, mediamente noi adulti la odiamo. Eppure, o forse proprio perché, ce l'abbiamo spesso tra i piedi. Ci rovina la giornata, ogni volta che ci capita davanti, che dobbiamo averci a che fare. Perché, volenti o nolenti, ci tocca. Per quanto la si possa schivare...
Invece, loro, i bambini!!! Secondo me si divertono da morire, potrebbe essere una di quelle attività che li terrebbe impegnati per ore.
Insomma dategli una penna e procurate loro un... modulo. Sì avete letto bene: dategli un modulo da riempire, uno di quelli da compilare con le generalità, con le solite informazioni che vi chiedono milioni di volte nella vita e che basterebbe invece ricavare da uno degli innumerevoli, ormai, database che le contengono.
I bambini impazziscono: cominciano a leggere e li vedi tutti presi che quasi balbettano, no-me... co-gno-me... e si esaltano "babbo, ma devo mettere il mio?".
Ci è capitato, stasera. Sarà capitato anche a voi.
"Certo, donna grande, devi scrivere il tuo di nome e cognome".
"Indi-ri-zzo... babbo, cos'è in-di-rizzo?".
"Ma come, è dove abitiamo".
"Ah, sarebbe la via?".
Eh, sarebbe la via, sì. Sarebbe la strada giusta avere qualcuno che te li compili ogni volta che dovresti farlo tu: ti snervi, il codice fiscale (che ormai va inserito dappertutto, anche se solo giochi la schedina...) non lo azzecchi nemmeno se lo leggi, la data di nascita la sbagli (apposta?!) due volte su tre. Praticamente son crisi d'identità.
Invece loro si divertono da morire, riempire quel modulo li fa sentire grandi e importanti, quasi uno specchio di sé.
Perché alla fine, come stasera appunto, gongolando e fieri, con un fare quasi ministeriale, ti si avvicinano e ti blandiscono: "babbo, ci vuole la firma. Del genitore, eh!".
Ah, che sollazzo la burocrazia!

domenica 18 gennaio 2009

Domenica

Mentre ormai tutti dormono (mi capita spesso di essere l'ultimo), ripenso a questo fine settimana al calduccio. Molto familiare: atmosfera, giochi e risate (molte, quest'ultime), scherzi. Persino una cena con amici che vediamo troppo raramente è stata molto familiare. E la profe, che cucina comme il faut, si è fatta onore e ci ha coccolato il palato: la ribollita è sempre la ribollita!
La domenica uggiosa, poi, è stata proprio una giornata di grandi stropicciamenti: siamo in una fase familiare fatta di contatti, di consonanze che si rinnovano, di grande intimità fisica. Giocosa e giocosi.
Certo, la profe continua a traballare (questo vecchio post torna d'attualità) ma se penso all'oggi, rispetto a pochi anni fa (una manciata di mesi), direi che abbiamo fatto un salto evolutivo, proprio uno scatto di crescita. Tutti insieme, poi.
Da giovedì scorso, la profe ha iniziato il suo corso di feldenkrais (erano otto anni che aveva abbandonato lo yoga) per cui possiamo considerare ormai archiviato il periodo del "rimandiamo a tempi migliori". Sembrano essere arrivati, i tempi.
E, certo, non mancano le staccionate: la donna grande che diventa sempre più gelosa dell'uomo piccolo. Perché l'uomo piccolo, man mano che cresce, sta chiedendo il suo spazio. L'uomo piccolo che sfoggia sempre più il suo carattere casinista e incontenibile. La donna grande che scoppia in pianti dirotti ed inconsolabili ad ogni minimo, quasi inesistente, impedimento. Ma queste sono cose legate, almeno ci sembra, ad un particolare periodo del loro rapporto di fratelli. Noi siamo qui, con loro, staremo pronti.
Quello che davvero ormai non reggo più è il loro sguardo sorridente, i loro occhi accesi da una luce brillante quando ridiamo insieme e ci rotoliamo per terra, le richieste di contatto, questa strana alchimia che trasmette l'amore tra le persone.
Oh, non datemi addosso: l'avevo pur detto che sono uno che si commuove facile, eh!

venerdì 16 gennaio 2009

Dell'aprire sportelli

Tu vai lì come al solito e apri lo sportello, quello dei detersivi.
Per riporre la spesa appena fatta, avevi pensato. Povero illuso!
Guardi dentro e lo scomparto trabocca di ogni ben di dio: candeggina, lisoform, spray per i mobili, gel per il bagno. E fin qui niente di strano. Poi, però, cominci a enumerare: oli, minerali e non, per lucidare pulire rivitalizzare il parquet; detergenti per: vetro, doccia, bagno, cassettina del gatto, per i vetri delle finestre (ma 2, uno per il vetro dentro, uno per il vetro fuori).
Detersivo lavatrice (liquido e in polvere), quello per lavastoviglie (con brillantante oppure no) e naturalmente brillantante (per quello "no"), curalavastoviglie, detersivo per capi tecnici, ammorbidente, acchiappacolore, sbiancacolore, perborato, cera d'api (e a che serve? non me lo ricordo più), sgrassante per il piano cucina.
Rigenerante delle fibre sfibrate, detersivo per capi scuri, detersivo per lana e delicati (ma liquido, eh!), spugne spazzolini strofinacci, cattura-polvere, strizza-profumi. Mocio. Deodorante per ambienti, versione fino a 3m cubi e versione oltre i 3m cubi.
Laggiù in fondo, sbirci!, e c'è anche del normalissimo detersivo per pavimenti... però 3 flaconi, in 3 differenti gradazioni di profumo: fresia selvatica, fresia muschiata blasée, fresia barriccata retrogusto goudron.

All'improvviso ti assale una dolce malinconia, quella per i bei tempi quando ancora non avevi scoperto l'hard discount low-cost e andavi al semplice super, magari vicino casa. Invece l'hard è fuori mano, un po' discosto dai lampioni, non in periferia ma quasi e devi prendere la macchina per andarci anche se volevi solo dare uno sguardo a cosa c'è. Che poi sei lì e vedi quegli improbabili succhi di frutta esotici (sai questi tedeschi dell'hard, loro la pesca o l'albicocca non ce l'hanno, come quei mediterranei, e allora si fanno dei frutti più incredibili, che vengono da 26.000 km di distanza). Vedi quei succhi e non resisti: ne porti a casa un vagone.
"Scusa ma l'uomo piccolo era già addicted con quelli del super e avevamo avviato un programma di disintossicazione, no?".
"Ah già è vero, me n'ero dimenticata/o. Accidenti, sai, costavano così tanto poco. Vabbè allora facciamo sparire i succhi (ma come si fa a far sparire 'sto vagone?!) e rimediamo con questo splendido tè al litchi"!
Da urlo...
Certo. Certo, quando ancora non avevi scoperto l'hard, i prezzi di ogni singolo prodotto non erano così convenienti, così allettanti, ma dentro lo scomparto dei detersivi avevi sei?, sette?, via diciamo otto prodotti diversi per pulire casa.
La casa, all'epoca, era pulita come ora, forse anzi meglio, e tu vivevi uguale. Adesso invece potresti elencare roba, che hai lì dentro, per un paio d'ore.
Quando infine la malinconia pian piano sembra scemare, sostituita da una strana impressione che non sapresti definire, cedi: sarà anche banale, ma mai aprire sportelli impunemente.
Ho richiuso, un po' vigorosamente. Oh, è cascato il sapone di marsiglia. Era rimasto sopra al mobile, per quello non lo vedevo.

Che alla fine il quesito è: ma siamo sicuri sicuri che spendiamo meno, da quando abbiamo scoperto l'hard-discount-low-cost? Che strana impressione, ho sentito ragliare.

giovedì 15 gennaio 2009

Serata...

...di musica con bambini, di note rincorse nella danza. Aveste visto la donna grande che spettacolo di gioia. E' come un bosco, una foresta dentro la quale t'incammini e fremi. Poi s'apre il cielo e stelle e lune, accese nella musica/silenzio dove risplende una luce lontana perduta e sempre presente. Dentro.
Guardavo la musica fatta carne ed ossa di questi esseretti che ti volteggiano attorno e tu li abbranchi al volo, nel sentimento acuto e teso verso sù. Volteggiano drappeggiano lo spartito come fosse una bandiera mossa di vento, dentro una stanza poi come si fa. Eppure.
Se mai hai avuto paura, ora è passata. Se mai hai sentito pochezza, ora è passata. Se mai saresti stato sopraffatto, ora è vinta. L'orizzonte che si apre qui, nel pianoforte sdrucciolo e dolcissimo, lo vedi già tutto fino in fondo. Tremano polsi ma la gioia e la luce della vita umana vi siano compagne. Così.

Insegnamento

Vogliamo parlare di come fosse l'insegnamento della religione (cattolica, of course) a catechismo oppure a scuola, quando desian era bambino poi ragazzo? Vogliamo parlare dei danni che facevano, e hanno fatto, all'epoca?
Vogliamo.
Soprattutto desian ricorda il catechismo come una finestrella alta su un muro, e non sto metaforizzando, era proprio la realtà geometrile di come era stata costruita l'aula, che lasciava intravedere una fetta di cielo, spesso bello azzurro, e tutte quelle nuvolette sfilacciate che vi passavano attraverso. Correndo nel vento.
Ma si sa: uno era bambino e, a distanza di anni, mitizza.
Sopra soprattutto desian ricorda, era già più grandicello e quindi con orrore, la scuola media con il neroprete che entrava in classe turbinoso. La tonaca svolazzava già del refolo del castigo divino a venire. Egli si sedeva in cattedra e cominciava la lezione.
desian se le ricorda piuttosto bene, molto più di quelle di storia o di matematica, ed erano tutte perfettamente uguali. Pontificava, il neroprete, soprattutto sulla potenza divina, sul timor di dio, e sul peccato che era sempre comunque mortale. E non vi dico quali. Tutti.
E tanto dio vi vede, non penserete mica di farla franca. Oh, nemmeno una volta, diceva il neroprete.
Una cosa, almeno, ci è stata risparmiata: non ci ha mai parlato delle urne, ché anche lì dentro pareva dio guardasse. Ma forse, per quello, era già passato il tempo. Boh!
E questo dio violento e forte che castigava. E noialtri sotto e zitti e guai a voi.
E giù con le promesse, neanche le minacce che magari poi si guarda, proprio le promesse sicure certe dell'inferno, della dannazione eterna e di tutti i peccatori che bruceranno tra le fiamme che mai si spengono. E tutto 'sto bruciare, sì che mi terrorizzava.
Però. C'era un però.
Se mentre bruciavamo in quelle tormentose fiamme, avessimo fatto i buoni e non ci saremmo lamentati, diceva il neroprete, forse alla fine dei tempi saremmo stati riammessi alla presenza del padre. E sai che culo! Poi certo, oh, con quel fiero corpicino ormai restituito ma tutto bello bruciacchiato, da un lato e dall'altro. Come una spigola dentro il forno. Speravo almeno mi mettessero intorno un po' di patatine. Sarei stato sì ben cotto ma almeno più saporito!

Siccome poi mi chiedevo il motivo di tanto accanimento e non sapevo davvero darmi risposta, va da sé che mi disamorai presto della materia. Con tutti gli annessi e connessi.
Il neroprete, invece, è ancora là. Annessi e connessi. Oggi.

martedì 13 gennaio 2009

Biodiversi

Per mestiere, frequento librerie e, pur non essendo un biologo né un agronomo, vorrei parlare di biodiversità. Che non vuol dire piantumare gli scaffali. Anzi.
Negli ultimi anni anche in Italia, come già da tempo in altri paesi europei e soprattutto Stati Uniti, stiamo assistendo al processo di concentrazione del mercato librario. Molto brevemente questo vuol dire due cose. La prima: intorno ai grandi gruppi produttivo-distributivi si coagulano anche le sigle editoriali nel tentativo di meglio affrontare il mercato. La seconda: il tessuto delle librerie italiane, che fino a relativamente pochi anni fa era fatto di negozi autonomi ed indipendenti diffusissimi sul territorio, si sta velocemente trasformando in una realtà globale e standard dominata dalle grandi catene di librerie. Per di più quasi tutte di proprietà dei suddetti grandi gruppi.
Nessuno se n'era accorto: mercato piccolo, non ancora abbastanza markettizzato, poco appeal dei marchi (vuoi mettere come tira più Vodafone oppure, che so, Dolce e Gabbana!). A nessuno era richiesto di accorgersene.
Ora abbandoniamo quei polverosi scaffali e facciamo un volo. Transoceanico.
Immaginiamo allora una foresta vergine in un luogo ultra remoto (esistono ancora, no?), popolata di decine di migliaia di specie, tra flora e fauna, specie sottospecie e varietà, piante o animali che nemmeno sono stati ancora catalogati. Ancora non scoperti.
Ebbene, una botta di napalm e deforestiamo tutto. Costruiamoci sopra una megalopoli, una immensa speculazione edilizia. Molto probabilmente il prodotto interno lordo dell'ipotetico Paese che ospitava la foresta milgiorerebbe di molto. Anche le condizioni materiali di vita e i redditi di chi abitava presso quei luoghi cambierebbero in meglio. Però ci siamo persi la foresta con tutto quel che c'era dentro.
Se torniamo d'improvviso ai nostri scaffali e al nostro mercato librario, potremmo avere, e in parte abbiamo già, gli stessi effetti della deforestazione.
In Italia gli editori sono migliaia. Le novità che vengono pubblicate in un anno (altro vuol dire quelle che poi raggiungono davvero le librerie e quindi i lettori) sono, reggetevi forte, circa 50.000: dividetele per i 365 giorni e sarete sommersi ancor più.
Vi starete chiedendo: perché sparisce 'sta presunta biodiversità editoriale col concentrarsi del mercato? Anzi, l'offerta dovrebbe migliorare: librerie più grandi, più ricche, più "forti", più belle avranno un'offerta altrettanto più.
Nossignore.
E questo lo spiegherebbe meglio un esperto di mercato, appunto. Non essendolo, ci provo in breve.
Librerie così come si stanno disegnando hanno bisogno di, come la chiamiamo, forte rotazione ossia di prodotti che stiano pochissimo fermi sugli scaffali (lo stockaggio, anche nei negozi, è un costo) e che anzi vengano venduti velocissimamente. Ah, dimenticavo: va da sé che più la rotazione è veloce, più si deve (e si vuole) accelerare.
E chi non è così scattante perché magari non è il bestseller del famoso autore internazionale che tutti aspettavano da mesi? E se la gazzella non corre più veloce del leone, il leone finirà per mangiarla? Bingo!
Se la gazzella non è abbastanza veloce, sopra quegli scaffali nemmeno ci finirà. E a forza di non finirci più, l'editore che pubblicava quel libro lento, finirà per non pubblicarne più. Poi chiuderà.
E il lettore che era interessato a quello slow-book? Mah, se sarà fortunato e pertinace proverà a ordinarlo, aspettando che il libro arrivi (in libreria o a casa, tramite acquisto on line). Se arriva. Altrimenti, vedrete!, si abituerà a leggere qualcos'altro, scocciatore che non è altro.
Eh lo so, non ci credete. Esagero, sono catastrofista. Ok, facciamo un esercizio semplice semplice.
Andate in una libreria (ma davvero eh, non sto scherzando), anche in una di quelle belle grandi eccetera, e chiedete ciò (indico i primi tre marchi che mi vengono in mente): un libro per bambini dell'editore Orecchio Acerbo, l'ultima novità di Alberto Gaffi Editore, un giallo di Meridiano Zero. E ho volutamente citato tre editori che non sono esoterici né sotterranei ma marchi che raggiungono (o dovrebbero) il mercato, hanno cioè una distribuzione.
Se li trovate, bè allora buona deforest.... ehm, no, volevo dire, buona lettura. E veloci eh, prima che ve li tolgano di torno.

Media Politica

Come dice il suo autore, questa è una riflessione sui media e ve la lascio qui.
Io però la taggo come politica...

sabato 10 gennaio 2009

Educazione sentimentale odontoiatrica

"Babbo, babbo, guarda"!

L'uomo piccolo accorre con in mano gli spazzolini, il mio e quello della profe. Unisce le setole, quelle dell'uno dentro quelle dell'altro e prosegue:
"Si baciano in bocca".
"Ah, come il babbo e la mamma che si vogliono bene".
"Sì. Però, - assume un tono paziente - vedi, babbo, sembra che quello blu sta dentro quello rosa".
"Già, uomo piccolo, è proprio vero".
"Invece no, invece è quello rosa che contiene quello blu"!!!

Avete capito? Pensateci un attimo.

venerdì 9 gennaio 2009

Esercizio

Un esercizio di visualizzazione profonda. Nessun patema, proviamo a farlo insieme.
Rilassatevi.
Riuscite a vedere quell’unto-grasso-nero che si forma in fondo alla padella, sì proprio sul teflon, quando cucinate le vostre splendide scaloppine? Bene. Davvero avete presente come, se ci immergete un dito, esso sprofondi dentro quel polimero e non venga più via?
Immaginate adesso i danni che tale sguntezza riesca a produrre, una volta introdotta, per via orale/masticatoria, dentro un corpo vivente. E pensiamo ad un adulto, il cui fegato abbia comunque avuto in vita sua esperienze un po’ più forti di una sbronza di succo di frutta o di una indigestione di riso in bianco.
Ora respirate profondamente cercando, nel vostro, il respiro dell’universo. Non lo trovate, eh?!
Ecco allora pensate a me, e al mio povero cuoricino, laggiù in fondo, quando vedo la donna grande tuffarsi dritta dritta dentro quella padella e, cum gaudium magnum, agguantato il primo tozzo di pane che le capiti a tiro, mettersi a ripulire il medesimo teflon con una passione e una precisione a dir poco scientifica…
Se la vedeste davvero, nella visualizzazione profonda di cui sopra, non potreste far a meno di notare il suo sguardo estatico, la lingua che lecca le labbra, il pane immerso e poi tirato su sgocciolante (si fa per dire, il polimero è praticamente un unico agglomerato), la masticazione languida e gioiosa. E poi ci torna, ancora e ancora. “Babbo mi tagli un’altra fettina di pane?”.

Fettina, la chiama lei…

Ma come fa?!?!, amore del babbo.

Ho già mal di fegato. Io.


P.s.: se avete avuto maldifegato anche voi la visualizzazione è riuscita. Altrimenti esercitatevi meglio, principianti!

giovedì 8 gennaio 2009

L'arte

Nella delicatissima arte della bambinistica esiste ormai un caposaldo con ricadute inenarrabili: il primo giorno di scuola.
Che cada dopo le lunghe vacanze estive, subito appresso l'intramuscolo pasquale o al termine delle fatiche enogastronomiche natalizie, il primo giorno di scuola resta lo scoglio insuperato.
I pargoli appizzano le antenne naturalmente il giorno prima.
La profe, anche.
Con le antenne appunto come recettori del minimo segnale dall'iperspazio, i pargoli passano la mattinata a saltellare nervosi, blaterando a vanvera.
La profe, anche.
Il pomeriggio è l'imbuto che li convoglia e i pargoli si rendono conto dell'effetto venturi che li risucchia inesorabile verso il giorno dopo. Hanno definitivamente realizzato la verità della iattura che sta per abbattersi su di loro e allora verbalizzano, ognun per sé, lamentosi: “Domani non ci voglio tornare a scuola...”.
La profe?
Anche!
Finalmente, direte voi eh, arriva l'ora della nanna. I pargoli strabuzzano le pupille e, fissando il soffitto, non ci pensano nemmeno ad addormentarsi.
La profe, anche.
…E anche io che, in tutto questo bailamme, sono tornato al lavoro, mica a scuola!, dopo le vacanze, mi son dimenticato di abbinare i calzini al classico maglione!!!
Oh, la profe, invece, c'è riuscita perfettamente, come niente fosse. Con le sue, di calze. Anche.

mercoledì 7 gennaio 2009

Blog vs Facebook?

Stimolato da questo post, provo a far chiarezza nelle mie idee al riguardo. E dopo appena una manciata di post, dopo pochissima frequenza da, si dice così?, blogger. Vediamo.
Zauberei comincia da Italo Calvino (le "Lezioni americane") e mette a confronto, semplifico, la leggerezza del mezzo con la pesantezza dei vissuti.
Fatto salvo che il bit è leggero, leggerissimo sempre, anche sul blog (ci sono blog talmente leggeri che son già volati via), io credo che la dicotomia non sia tanto tra, perdonatemi l'inglese ma rende meglio, "heaviness" e "lightness" quanto piuttosto tra "heavy" e "easy".
Mi traduco così: il blog è heavy perché sottende e prende le mosse dalla persona che c'è dietro e, cito una mia amica non bloggettara, rappresenta "il sollucchero al narciso che ci cresce in cor". Ed ecco le idiosincrasie del giovane blogger e le paranoie così ben descritte da "personalità confusa": come mai nessuno mi legge? La sindrome del deserto attanaglia il blogger, soprattutto il neofita che nessun si fila.
Poi certo che nel blog c'è il vissuto semantico, c'è la nostra intelligenza; ci sono le nostre idee, la nostra visione del mondo (anche piccolino) con la sua scrittura, spesso anche le nostre tenerezze (vedi quelli familiari), soprattutto le nostre ironie.
Però c'è anche il però: il blog potrebbe in fondo essere un quotidiano cartaceo (uno scrive, tutti gli altri leggono) con la sua bella rubrichetta delle lettere, i commenti. Sì, d'accordo, si crea una qual certa comunità di lettori ma quella ce l'ha simile anche Repubblica o il Corriere, no?.
Fermi tutti!, lo so: i blog hanno altre qualità e altri elementi che tutti (ri-)conosciamo. Era solo per schematizzare.
Facebook invece è easy, ma non solo perché lì si cazzeggia mediocremente più che qui. Facebook è easy perché è il trionfo del disimpegno globale totale. Cioè: perché chiamarlo al telefono (come NON ho fatto io), l'amico che non sentivo da dieci anni, quando gli posso scrivere due righine simpatichine su Facebook? E perché mai telefonare al nipote triste, per magari scoprire che "oggi la mamma è morta o forse era ieri chissà"? Gli mandiamo una bella foto che lui, fosse mai preso da rabbia, non potrà neppure strappare. Ma deletare, sì.
Il tipo di relazione che stabilisce Facebook è del tutto gratuita, senza investimento alcuno, e tende semplicemente alla presenza, al mantenere contatto senza scambio: tutti vedono tutto di chiunque, niente ritorno, semplice questione di click, ci si tocca senza tatto.
Men che meno confonderei Facebook con l'amicizia: serve aggiungere qualcosa a chi pensa di avere tra i suoi amici la velina di turno o il politico di (sic!) grido o il mafioso up-to-date?
D'altro canto, il blog tende a fare cluster (come ci insegnano quelli che ne sanno davvero qualcosa, Maistrello o Granieri ad esempio) in un territorio potenzialmente aperto ed infinito; Facebook invece fa rete e/o al massimo legame (contatto) dentro un recinto di alcune tipiche e ben precise relazioni. Un recinto magari ampliabile, ma sempre recinto resta.
Mentre sul senso delle direzioni in cui si spostano i messaggi (da chi a chi, dall'alto verso il basso o viceversa, ecc) sarei più cauto per quello che dicevo poco sopra sul blog come tribuna di uno che scrive per tanti che leggono. Insomma, sarà innocua in quanto a potere o denari, ma esiste anche la propaganda di sé, o la condivisione che dir si voglia, che il blog profonde a manine stracolme.
Aggiungo, arrivati in fondo, che il subbuglio degli animi a proposito di Facebook è per me la soluzione del versus del titolo, soluzione che assegna la vittoria: vittoria della nostra epoca ultramoderna e vittoria di un altro ambiente reale come può essere reale ciò che ci comprende e ci contiene. Un parteggiare invece che esserci, il tifare dagli spalti invece che giocare in campo. E in più, perbacco, si accettano scommesse.

martedì 6 gennaio 2009

Lett(erat)ure

Ho appena finito "L'informazione" di Martin Amis, anno 1995. Un libro strano.
Nel senso che i suggerimenti di lettura per questo autore, e per il libro in particolare, lo mettono sempre tra gli imperdibili.
In effetti Amis è senza dubbio scrittore di grande talento, non ho letto altro ma già in questo libro si vede alla grande.
L'interrogativo, allora, è proprio questo: basta un grande talento per fare un buon o un grande libro? Sempre e comunque?
"L'informazione" mi ha annoiato a morte: la storia, molto gossipata (le citazioni nascoste ed i mascheramenti del reale mondo letterario anglosassone si sprecano - si riconosce persino l'astrofisico Stephen Hawking), di due scrittori, uno di immeritato successo, l'altro immeritatamente fallito.
Ma non la storia letteraria, delle umane passioni e desideri. Semplicemente una nevrotica storia di invidia e di malvolenza...
Non c'è neppure vero svolgimento, tutto passa tra inutili divagazioni pettegolistiche e noiosissime descrizioni di un mondo che sinceramente, a meno che di essere uno studioso (sic!) di gossip letterario appunto, non incuriosisce affatto.
E neppure bastano, per quel che chiedo personalmente ad un libro, qualche sparuta riga di grande scrittura, alcuni brani davvero folgoranti. Ma un po' lasciati a sé stessi.
Pronto a prendermi gli insulti di chiunque l'abbia amato alla follia, "L'informazione" non lo consiglierei a nessuno. Mai.

lunedì 5 gennaio 2009

Sapiente

Se mai mi dovesse capitare di leggere dichiarazioni di Gianni Alemanno, sindaco di Roma, che dicano "l'ateneo della Sapienza è tenuto in ostaggio da 300 piccoli criminali; gente di cui dobbiamo liberarci" (come?, aggiungo io), proverei l'irresistibile impulso di invadere la Polonia. E questa non è mia, lo ammetto.
Ma se mai dovessi ascoltare Gianni Alemanno, sindaco di Roma, dire che "dobbiamo essere consapevoli che ci sono dei cambiamenti culturali da fare" non avrei più dubbi: infatti pareva anche a me che fosse il Sole a girare intorno alla Terra!!!

Fine delle vacanze

Eh sì, la fine delle vacanze scontenta proprio tutti tanto che C., saggia seienne della tribù dei vacanzieri, si è commossa fin quasi alle lacrime...
Qualche giorno prima, però, ci ha regalato una vera perla di saggezza. Oltre a dichiarare nudo il re.
E' andata che di fronte ad un vassoio di frutti di marzapane, ne ha agguantato uno con occhi golosi e l'ha addentato. Un solo secondo di stupore e indecisione poi ha dichiarato: "puah, non mi piace, sa di PONGO"!
Al che, due deduzioni: una delle grandi specialità della pasticceria sbugiardata come niente fosse e, soprattutto, per aver fatto il paragone praticamente istantaneo, quanto PONGO avrà già mangiato in vita sua?!

domenica 4 gennaio 2009

Spunti

In realtà il nuovo anno porta con sé diversi spunti di riflessione.
Cominciamo con questo articolo uscito nell'edizione di ieri di Repubblica.
Il dilemma per il Vaticano dev'essere davvero enorme e dirompente: se lo yoga sia in odor di eresia e con esso, presumibilmente, chi lo pratica.
Sorvolando sul fatto che davvero cominciano a oltrepassare il confine del ridicolo, attendiamo timorati la scomunica papale per il badminton e l'ormai prossima irrinunciabile enciclica sugli scaldamuscoli.

sabato 3 gennaio 2009

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