venerdì 29 maggio 2009

Delle palle

No, non parlerò di giochi olimpici, di sport di squadra.
Non di divertimenti da bambini al parco.
No.

Vorrei dire la mia su questa stramaledetta storia: “AVERE LE PALLE”.

Lo spunto arriva da un post di wondermamma (per altro del tutto condivisibile) ma anche da una bella serata passata a cena ieri sera con alcuni amici. Dove, guarda caso, a un certo punto si parlava di ruoli femminili/maschili sul lavoro e, più in generale, in casa.
La mia amica F., donna realizzata sul lavoro, buon ruolo e buona mansione, mamma di due bambini, in famiglia si dichiara decisamente paritaria col marito. Lei asseriva “ma perché devo essere giudicata partendo dal fatto se abbia le palle o no?! Non è dalle palle che si devono giudicare le persone”.

Ecco, io sarei proprio ma proprio d’accordo, con F.
Perché se poi avete letto il post di wondermamma avrete visto come lei si lamenti del fatto che spesso gli uomini parlano alle donne senza guardarle in faccia ma con gli occhi dentro la scollatura. Lo trovo sconfortante per noi maschietti. Offensivo per le donne.

Insomma, la faccio breve ma cerco di essere quanto più preciso possibile.
Io non ambisco andare in giro con le palle al vento. Preferisco tenerle nelle mutande. Credo sia quello il loro posto.
Se qualcuno deve avere un’idea sul mio conto, se la può fare su altri elementi. Sennò pazienza.

Credo che ormai la volgarità sessista dominante sia stata sdoganata e faccia “normalità”. Invece dovremmo starci più attenti: le parole sono importanti, perché mostrano le idee che ci stanno dietro. E chi parla male, pensa male. Fino al giorno in cui poi ci sveglieremo (o ci siamo già svegliati?) corrotti. E analfabeti, di ritorno ma anche di andata.

Credo sia la stessa cosa: le tette lasciamole dentro i reggiseni. Non si giudicano le donne per la misura delle coppe. Più rispetto.

E pure le palle, teniamole dove devono stare. Che non sono nemmeno un grande spettacolo, a guardarle!
E, se proprio dobbiamo, riempiamoci la bocca di altri termini. Diamo ai nostri cervelli altri orizzonti, un po’ più vasti.
Mi sarei proprio rotto.
Le.

giovedì 28 maggio 2009

Entusiasmi

Dei gormiti non mi è mai interessato niente: qualche anno fa, persino l'articolo dove Concita De Gregorio (sul "domenicale" di Repubblica) li esaltava come il nuovo passatempo dei genitori... ooppps dei bambini italiani, mi aveva lasciato del tutto indifferente.
Non saprei distinguere un componente del popolo dei deambulanti da uno del popolo dei pillobrillanti. Sono giuste le definizioni dei popoli, vero?

I cuccioli cercamici, diciamoci la verità, sono piuttosto odiosetti: tutti così tenerini tenerini, piccini piccini, buoni buoni mi fanno venire in testa pensieri che non posso condividere con nessuno...

Le carte di dragonball sono una vera iattura: la complessità dei livelli di gioco richiederebbe un manuale d'un migliaio di paginette (un amico della donna grande mi ha fatto intuire che il manualetto esisterebbe; gli ho risposto “guai a te se salta fuori”! Ha ricambiato con uno sguardo pieno di superiorità).
L'uomo piccolo insiste a voler giocare con me ogni tanto: finiamo per fare delle tristissime partite con le regole della briscola. E il risultato è, semplicemente, che vince chi comincia per primo: non avendo regole che ci guidino, chi comincia prima, finisce le carte prima. E vince...

Le winx. Basta la parola.

Invece, di questo essere qui, non posso fare a meno.
Una nota ditta, sappiamo tutti quale, ha infilato i personaggi di L'era glaciale 3 tra le sue sorprese. Tra questi c'era anche lui.
Ebbene la caccia è stata lunga, mi hanno visto al supermercato infilare nel carrello decine, giuro!, di confezioni malefiche di cioccolato terrificante. Più e più volte, ad ogni spesa.
Abbiamo collezionato quantità di mai-più-senza (micro lenti d'ingrandimento, diverse automobiline, cuccioli di dinosauro, persino Elly ma non Manny, animaletti di ogni foggia e colore, gomme per cancellare) ma Sid il Bradipo non c'era verso.
Poi, all'improvviso, ieri sera... la creaturina è comparsa. Beh, che emozione!, eccolo qua: godetevelo in tutto il suo splendore perché adesso Sid il Bradipo è MIO.

E, mi raccomando, Sid si pronuncia sHid, con quell'acca che si arrotola tra la lingua e il palato, sibilando breve a denti stretti, e con quante più goccioline di saliva possibile. Semplice, no?

lunedì 25 maggio 2009

Aspettative

Restare seduti dietro al monitor è di grande comodità: puoi stare con la t-shirt più slabbrata che tu abbia mai avuto e con la barba lunga.
Nessuno ti vede.
Conversi, scherzi, parli di te, leggi gli altri. Scambi.
Le leggende metropolitane, e lo stesso giardigno con mirabile effetto, raccontano di terribili delusioni che si patirebbero a passare dal virtuale al reale. Dalla t-shirt slabbrata all'abbracciarsi, nel riconoscersi.
Dopo mesi in rete si creano delle aspettative sulle persone che hai conosciuto.
Il dubbio, la paura di non essere all'altezza (di chissà che, poi!), boh.

Invece, e per fortuna, le aspettative hanno sempre ragione di esistere.
Saltare il monitor è stata la conferma di aver trovato persone un po' speciali.

Incontrare panzallaria in una pausa e riconoscersi senza mai essersi visti e salutarsi come se ci si fosse lasciati il giorno prima e parlare del “calzino spaiato” e subito una battuta. Parti già a tuo agio, unico maschietto della giornata o quasi...

Guardare Flavia e lasciarsi trasportare dalla grinta che sprigiona nella sua presentazione di The Talking Village. E se pensi alla sua carriera nel marketing delle multinazionali del detersivo e fai i conti di quanto detersivo è riuscita a venderti negli anni! Senza che tu lo sapessi. Ci sarebbe quasi da chiederle un risarcimento...

Ridere di gusto all'ironia tutta empatica di extramamma. Che ha esordito lamentandosi che 10 minuti di speech sarebbero stati un'eternità. E a me è dispiaciuto, invece, quando ha smesso di parlare e i minuti erano volati via.

Incontrare MAQ per le scale e tirarla giù per la borsa (lei non si era accorta di me) soltanto per scambiarsi i libri che ci eravamo promessi su anobii. E più tardi fare due chiacchiere mentre sul palco si alternano panzallaria, wonderland e tutte le altre.

E poi valewanda che da qualche angolo della sala mi ha sbirciato e me lo ha detto solo dopo, in un post (peccato, io proprio non ti ho riconosciuta dal vivo, anche se la tua foto l'avevo vista sul tuo blog); erounabravamamma il cui intervento ho seguito parola per parola ma poi sono dovuto scappare e non ho potuto salutarti: ma il treno in stazione non aspetta!; Jolanda che ringrazio per aver saputo trasformare la mia bonaria (speriamo) invadenza in un invito ufficiale. E le altre.

Persino scambiarsi quattro-parole-quattro nei pochi minuti della mensa, sul rapporto madri/padri, il lavoro, la maternità, ti fa riconoscere tra simili perché le idee tornano, le sensibilità si somigliano. Anche se con alcune, quelle parole e certi discorsi non si erano mai nemmeno accennati. Anzi con qualcuna di loro era proprio la prima volta che ci si trovava.

E menzione d'onore per la signora piattini cinesi (star mediatica del web) che, qualche giorno prima, al telefono, mi aveva messo tranquillo: “vedrai, sembrerà di conoscersi da sempre e poi, più piacevole di tutto, ti rendi conto di aver trovato persone con un'intelligenza viva, con qualcosa di speciale”. Così mi aveva detto.
E in effetti, piattini aveva ragione da vendere: gran bella giornata, sabato al MaM!
Gran belle persone.

sabato 23 maggio 2009

10.000 dollari

Oh, sono qui, sono al MaM.
Davvero. In diretta.
Ho già conosciuto piattini cinesi, veremamme, bstevens. Ho anche intravisto panzallaria...

In questo momento stanno parlando di un tizio che, ossessionato da Microsoft, aveva aperto il suo blog per parlare unicamente dei prodotti dell'azienda di Redmond.
Questo tizio operava così: ogni volta che usciva un prodotto Microsoft lo prendeva, lo smontava completamente, lo analizzava, lo rimontava.
Poi, con linguaggio assolutamente competente e professionale recensiva il prodotto. Pare per stroncarlo immancabilmente.

Il tizio è in breve diventato il punto di riferimento di tutti quelli che utilizzano prodotti Microsoft. Col suo blog è arrivato a guadagnare, qualche anno fa, la sommettina di 10.000 dollari il giorno.

...

Stasera, quando torno a casa, smonto l'uomo piccolo e poi ve lo racconto tutto.

giovedì 21 maggio 2009

Oasi del libero ascolto

Ma voi lo sapevate che i bisogni dei bambini sono:
- amore incondizionato
- rispetto della propria personalità
- tempo degli adulti
- stabilità emotiva
- tempi e ritmi adeguati a loro
- adulti responsabili
- sostegno alla crescita
- gioco e movimento?

I babbi si documentano, se possono.
L'altra sera, organizzato dall'Assessorato alla Pubblica Istruzione del Comune, si è tenuto un incontro dal titolo "Si fa o non si fa? Quando e come far conoscere le regole".
Il titolo era di quelli da incuriosirsi immediatamente e poi a scuola le insegnanti (a cui l'incontro si rivolgeva in prima istanza) mi avevano parlato benissimo della relatrice, la dott.ssa Patrizia De Padova, docente all'università di Padova.
Io, curioso sempre come una scimmia, non me lo sono fatto ripetere due volte. Mi son precipitato.
Ok l'incontro, ok la relazione, puntuali le slide, buone le spiegazioni e gli approfondimenti.
Il vero coniglio dal cilindro, la rutilante trovata che può (e ci riesce) cambiarvi la vita, spunta come si deve verso la fine della conferenza:

"L'OASI DEL LIBERO ASCOLTO" ta-dah!

In realtà De Padova l'ha definita oasi dell'ascolto pulito ma noi ce la siamo personalizzata così. Ci piaceva di più.
Funziona che tutta la famiglia, meglio se i piccoli già in pigiama (nda), si ritrova accoccolata sul tappeto, sul letto a castello, per terra. Divano? Dove volete voi.
Poco prima di andare a letto. Diciamo cinque minuti.
E ognuno racconta a tutti gli altri due cose, la più bella e la più brutta, della giornata appena trascorsa.
Quando tutti hanno raccontato, bacio della buonanotte e tutta vita per i genitori!
In realtà questo rito quotidiano serve in primo luogo a focalizzare le cose principali della giornata, sia in positivo che in negativo (esorcizziamo parlandone), e soprattutto a creare quella continuità tra la veglia il sonno e il risveglio del mattino dopo che spesso invece non ha luogo se i pargoli vanno a letto in "solitaria", spezzando cioè in maniera troppo brusca il vissuto quotidiano.
Vi sembra roba troppo macchinosa? Oh che palle ogni sera mettersi lì tutti insieme, quello non vuole quell'altro ha da fare?!

Ebbene sappiatelo, si sono creati dei mostri: i pargoli sono letteralmente drogati di oasi del libero ascolto. E' la prima cosa che chiedono, per la sera, non appena mettono piede a casa dopo la scuola. Nemmeno la merenda, vogliono. Per ora non abbiamo perso nemmeno un colpo.

lunedì 18 maggio 2009

Interpretazioni

I bambini sono impietosi.
Hanno lo sguardo, cinico e lucidissimo, della soggettività.
Mettono in chiaro, con pochi tratti, narrazioni lunghe e complesse che un adulto spiegherebbe con infiniti giri di parole.
Ti mettono a disagio, perché ti fanno specchiare.
Ti catturano l'anima, senza saperlo (o forse sì). E sono perfetti nel farlo.


Pochi anni fa un disegno così non me lo sarei nemmeno sognato. Ma non perché la donna grande (è lei l'autrice) all'epoca non possedeva ancora la tecnica. Perché qualche anno fa il racconto sarebbe stato ben diverso, gli equilibri bilanciati in altro modo, ruoli forme e colori scelti altrimenti.

Ho già parlato troppo: si accettano interpretazioni... libere.
Ah, gli improbabili corsivi, nel disegno, sono miei. Ovviamente.

domenica 17 maggio 2009

Leggerezza

Venerdì giornata a Torino, Fiera del Libro.
Ho passato il tempo a fare quello che si fa di solito in queste situazioni. Niente di rilevante.
Allora la mia attenzione, come al solito, è stata catturata da quei piccoli segni da entomologo. Ed ho seguito con lo sguardo.
Nello stand di un importante editore, ad un certo punto, ho individuato un'autrice che si pavoneggiava a metà tra l'undestatement e il condurre un paio di persone (dalla confidenza degli atteggiamenti doveva trattarsi di conoscenti) tra gli scaffali dello stand.
Un po' come se fosse a casa sua.
Qualche gesto di circostanza, molta presenza di sé.
Come se quella fosse la sua aria, il suo elemento naturale.
Eh, diamine.

Il problema è però che i suoi due libretti usciti presso il grande editore ipercólto (il secondo da pochissimi giorni) sono alquanto insipidi. Le sue storie, che vorrebbero essere leggiadre e leggere (ah, povero Calvino!), sono insipienti, inutili, veramente poco ma poco significative. E nemmeno un esercizio di stile.
Conosco entrambi i libri, li ho letti: se il primo, almeno, aveva una parvenza di ironia, il secondo è davvero insignificante.

Eppure ci si pavoneggia.
Eppure si gongola.
Eppure: ma volete mettere quanto è figo essere autori di Adelphi!?

martedì 12 maggio 2009

MamChe?!

Beh? Che c'è di strano?!

Sì, lo so.
Ce l'ho messo io il logo del Mam, "io parlo", qui accanto. E allora?!

E sono loro che sono autoreferenziali, il loro universo è monocellulare: "le mamme" e nient'altro, parlano solo al femminile: l'ho già raccontato altrove.
E' che non me la sentivo di lasciarle sole, poi chissà cosa si dicono, senza nessuno di noi che le ascolta. Son capaci di cose terribili, 'ste qua.
Certo, ho dovuto camuffarmi proprio per bene, farò persino un intervento. Forse.

Vado là, dò una controllatina, tanto per tenerle d'occhio. Che la situazione non ci scappi di mano.

(...)

Però, non vorrete mica faccia tutto io!: forza babbi (blogger e non solo), venite a darmi una mano. Daiii!
(Ci vediamo a Milano, CARI. Sabato 23).



Torno serio: ringrazio Jolanda che, commentando il post di cui dicevo poche righe fa, mi ha invitato a partecipare. Ho fatto un po' di scena, ho risposto solo dopo un paio di giorni. Ma non potevo (e non volevo) proprio rifiutare. Dire che mi fa piacere partecipare è appena un eufemismo.

lunedì 11 maggio 2009

Lussi

Oggi pomeriggio io e la donna grande ci siamo concessi un lusso. Oddìo, una opt delle arcate dentarie, insomma una cosiddetta panoramica (ci tocca l'apparecchio, ci tocca), non è proprio il lusso che tutti i pargoli vorrebbero. E nemmeno i genitori, non foss'altro che per le radiazioni.
Presi da pigrizia camminatoria, sotto un sole estivo e un cielo terso, ci siamo avviati a piedi, lemme lemme, verso l'ambulatorio a poche centinaia di metri da casa. Ci siamo fermati due minuti alla Crocifissione del Perugino: sai com'è abitando a Firenze... Vabbè, no confesso, l'affresco è in restauro, abbiamo dovuto accontentarci del chiostro.
Abbiamo chiacchierato di un suo amichetto che da domani cambia scuola e diventa un ex-compagno di classe: mi ha raccontato della giornata pressoché dedicata ai saluti. "Lui comunque mi sembrava tranquillo, babbo, almeno così la sua scuola nuova è più vicina alla sua casa". In effetti, un buon viatico per cambiare.

Poco prima di arrivare all'ambulatorio, la donna grande ci ha tenuto a mostrarmi la gelateria che ha scoperto da quando va a lezioni di piano.
Poi via a far l'esame. Che, a dire il vero, è durato praticamente pochi secondi così abbiamo ripreso il nostro cammino di ritorno in men che non si dica.
La donna grande era euforica: salterellava dove poteva, giocava con le transenne salva-pedoni, si è fatta condurre, mi ha condotto.
La meta era, doveva essere, la gelateria. Metodica come solito ha chiesto un gelato in bicchierino (di solito preferisce il cono ma dovendo camminare...), un unico gusto, crema, con una spruzzatina di panna. Le avreste detto no? Anche se ormai eravamo prossimi all'orario di cena?

La camminata di ritorno è stata una degustazione, una lezione di stile palettifero: la guardavo circuire il gelato da sotto (per non farlo colare giù) poi un colpetto alla panna, ma solo in dose omeopatica, e via un po' di crema e una spolverata di panna. Avanti così. A casa, è arrivato un liquame giallo ormai immangiabile...

Ma il tempo, il lusso che ci siamo concessi, due chiacchiere, un po' di risate. E il piacere di camminare fianco a fianco con questa piccola silfide (le sue famose gamberelle secche...), davvero allegra e scanzonata, oggi. A suo agio nel suo quartiere, aria di casa, aria di strada dove abitiamo.

Questo lusso oggi mi appaga.
Lusso che mi permetto.
Lusso che rivendico mio.
Lusso normale che dovrebbe essere di tutti.

sabato 9 maggio 2009

Acrobatici

Oggi giornata difficile e non solo per le complicate acrobazie ginniche.
L'uomo piccolo non è propriamente un buongustaio, se dipendesse da lui mangerebbe patate anche a colazione. E poco altro durante la giornata.
E' piuttosto restio ad assaggiare cibi e gusti nuovi.
Per capirsi, non mangia nemmeno il gelato.

A pranzo, dopo l'ennesima bizza (perché optiamo per questa teoria, al momento) che lo ha portato a rifiutare sia le tagliatelle al ragù che un trancio di pizza margherita, si è sfamato con un assaggino di pomodori in insalata. Solenne ha dichiarato che così era a posto.
Altrettanto solenni, la profe ed io: “non ti azzardare a chiedere la merenda oggi pomeriggio, la fame ci si toglie a tavola”. Duri, eh!
Col cavolo (ah, non mangia neppure quello)!, dopo nemmeno mezz'ora dalla fine del lauto pasto, ha cominciato a frignare che aveva fame.

Il pomeriggio prevedeva escursione ad un parco cittadino per iniziativa dedicata ai pargoli del quartiere, acrobazie comprese. Era lì, in mezzo a decine di altre famigliuole, e merende che spuntavano da ogni dove, che bisognava mantenere la posizione.
Niente di più facile per la profe: lei è rimasta a casa a lavorare. Il sottoscritto invece si è armato di una faccia di marmo come non se ne vedevano da tempo ed è stato una specie di aguzzino.
Impassibile.
Crudele.
L'uomo piccolo ha passato il pomeriggio a rotolarsi per terra (fortuna, il prato), a lamentarsi che aveva fame, ad accusarci di essere gelosi di lui (intendeva dire di essere ingiusti con lui, rispetto alla donna grande che invece la sua, di merenda, l'ha avuta), a piagnucolare, a tentare di rubare lo zaino dove c'era la merenda di sua sorella.
"Cuore" in confronto era un'allegra commedia.
Ah, e verso casa ci siamo avviati solo all'ora che avevamo previsto. Niente sconti.
Sperando di aver fatto la cosa giusta...


Oggi giornata piacevole e caldina.
Al parco le evoluzioni acrobatiche ci hanno tenuto naso all'insù e fiato sospeso.
Tutto è andato bene.
E... a cena: avete mai visto mangiare un lupo?
Nel piatto?

venerdì 8 maggio 2009

Il ceffo(ne)

Quando vi apostrofa, chiedendo sornione a se stesso, "se può palparvi". (Un vero gentiluomo).

Quando si farebbe rianimare solo e soltanto da voi. (Non è vero: dice così a tutte).

O ancora, quando poi vi scarica e vi parcheggia nel "reparto menopausa". (Un vero minus habens).

Ecco, in ognuna di queste occasioni, care signore, armatevi di santa pazienza e mollategli un CEFFONE.

E' come se lui ve lo chiedesse.
Dateglielo.

giovedì 7 maggio 2009

Passaggi

Per me, il ciclismo è una scritta su un muro.
Fatta con una storia che mi raccontò mio padre quando ero bambino.
Eravamo a Ripatransone, antico borgo tra i più belli che io conosca, luogo d’origine della mia famiglia paterna. Un pomeriggio, mi prese per mano e mi portò sotto un arco medievale. Là in cima, appena sotto la volta, a pennellate di vernice nera, c’era la scritta.
W GUERRA
C’era già nel ‘44 quando mio padre, con genitori e fratelli e sorelle, era sfollato lì per fuggire le bombe della costa.
Mi raccontò che lui undicenne, ancora terrorizzato dai fischi delle granate, rimase sconvolto nel leggere la scritta: chi poteva inneggiare alla orribile guerra?
In quella storia, i cui tratti salienti si sono persi ormai irrimediabilmente nelle nebbie della mia memoria, c’era in realtà una semplice vicenda di partigianerie sportive: GUERRA era Learco, il ciclista, la locomotiva umana. E come in ogni storia ciclistica che si rispetti (e che diventi leggenda) c’era un dualismo anche allora: Guerra era l’avversario dell’immenso Alfredo Binda e qualcuno lasciò quella scritta proprio in nome di tale rivalità.
Per me, quel vezzo da tifosi (che credo sia ancora al suo posto, su quell’arco) ha sempre rappresentato l’imprinting di un amore senza amata, di un platonico dolce sentimento popolare, di una passione che, prima ancora di diventare la mia, era stata di mio padre ragazzino. Sì, perché delle sue diverse passioni (un’altra la lirica, il melodramma), da grezzo “ribelle”, non ho colto molto. Anzi molto ho perduto.
Il ciclismo invece è per me quella scritta. Come un titolo di giornale. Come un libro che apre mondi e racconti dietro la testata W GUERRA. Oggi, come un ricordo.
Ricordo le sue lunghe assenze per lavoro ma ricordo anche la sacralità di quei sabati o di quelle domeniche. Il rito di apertura della Milano-Sanremo che guardavamo assieme davanti alla tv in bianco e nero. Classiche del nord: Freccia Vallone, Roubaix, il Giro delle Fiandre, Liegi-Bastogne-Liegi (la sua preferita) erano nomi che avevano per me il colore esotico di una rivelazione e il sapore di polvere fango e fatica. In quel vento che sentivi soffiare persino sullo schermo.
E poi c’era il Giro, più del Tour che restava questione quasi secondaria, quel Giro d’Italia vero viaggio iniziatico all’amore per questo sport. Le rincorse lungo la strada, quando passava dalle nostre parti, e la carovana pubblicitaria lanciava gadget pre-moderni agli spettatori assiepati ai bordi delle strade come fossero ori da elargire ai bisognosi. Un’altra Italia, allora.
Poi un viaggio a ritroso, a ritrovare antiche storie, antiche vicende di rivalità sportive accesissime che poi finivano in una bottiglia scambiata tra i due campioni o in due striscioni speculari che inneggiavano entrambi, i Coppi/Bartali, i Guerra/Binda, i Moser/Saronni.
Quel viaggio a ritroso che poi, con uno scatto bruciante, arriva al più grande di tutti, al Pantani della storica impresa doppia, Giro/Tour dopo “millenni” che a un italiano non riusciva più. A quel Pantani per il quale vidi scorrere una lacrimuccia sul volto di mio padre, ormai malandato in salute, per una emozione che non ricordava più e che tornava a trovarlo, quasi a scuoterlo, dai giorni antichi della sua giovinezza.
Oggi quel viaggio è finito, dentro un mondo che si è ucciso da sé, suicidatosi con le armi della medicina distorta, delle sostanze proibite ma che tutti assumono.
Oggi resta che, per me, il ciclismo è una scritta su un muro.
Resta la mano di un bimbo dentro la mano di un padre, a conoscere le storie, le memorie della vita.
Un passaggio di consegne.
Passiamo.

mercoledì 6 maggio 2009

Scoperte

Lo scopri così, per caso, che anche un uomo piccolo, a cinque anni e mezzo, ha le sue fonti d'informazione. E che te, quarantadue e mezzi, di anni, non te n'eri ancora reso conto. Non perfettamente.
Sarà perché in questa casa la televisione ha decisamente più polvere che tasti e che la tua dose di informazione passa altrove.
Stamattina mi chiama la profe e mi racconta che l'educatrice della materna ha vuotato il sacco. L'uomo piccolo, appunto, ha passato tutto il pomeriggio di ieri a indottrinare il suo complice... ooopppps il suo amico del cuore sul fatto che c'era stato un terremoto, in un posto chiamato L'Aquila, che c'erano stati un sacco di morti e che loro due avrebbero dovuto partire con la loro cassetta degli attrezzi per rimettere tutto a posto.
Prima di finire, pare abbia aggiunto che anche Firenze, essendo vicinissima a questa L'Aquila, aveva avuto il suo enorme numero di morti. E lui ha paura.

Stasera abbiamo fatto due chiacchiere, io e lui, da uomo a uomo, perché volevo capire. Avevo intepretato la sua come paura che potesse capitare anche a lui la stessa sventura. Invece, sorpresa: l'uomo piccolo aveva "paura" per il fatto che quegli uomini erano morti, che le persone possano morire. Dietro questo timore, specifico e cronachistico, nasconde la sua paura grande, quella della perdita, dell'abbandono forse (questo naturalmente non ha saputo dirlo), di un distacco che ineluttabilmente arriverà un giorno dalle persone care.
Senza entrare in un discorso molto più vasto di quel che voglio dire stasera, siamo stati molto colpiti, più io che la profe, di quanto sia importante affrontare argomenti che magari nel nostro quotidiano noi adulti seguiamo nei nostri percorsi, lasciando loro scoperti. Di quanto cioè sia fondamentale parlare anche di quelle cose che, per abitudini casalinghe, non abbiamo modo di vedere insieme.

Ho fatto mente locale su tanti coni d'ombra informativi, spesso anche banali e del nostro quotidiano familiare, che dati per scontati da noi adulti, lasciano a loro solo dubbi e paure: il non sapere, il non avere spiegazioni plausibili e razionali (per quanto possibili) a notizie e fenomeni che vedono, ascoltano e imparano altrove crea insicurezze, ansie e fantasie niente affatto rassicuranti nelle loro testoline assetate di scoperte e voglia di capire.

Lo so, niente di speciale, capita spesso coi bambini di trovarsi di fronte a tali sorprese, sarà capitato a tutti o a molti. Quando però capita a te, ti serve, capisci che quell'aspetto non l'avevi valutato giustamente. Che magari hai perso tempo e occasioni.
Ma capisci anche che il tempo, in queste cose, torna e le occasioni si moltiplicano.
Mi preparo per la prima occasione utile, senza strafare.
Aspetto.

martedì 5 maggio 2009

Differenze. Di genere

Loro sono le mamme-blogger.
Come i migliori surfisti, cavalcano l'onda del loro oceano internettico. E sono pure parecchie: decine, centinaia (migliaia?!); fanno lobby, chattano, si mandano msg in pvt, fanno rete e coaching, si ritrovano nei loro luoghi virtuali (hanno persino un blog-cafè) e in quelli reali (no geek, no party), aggregano idee e consumi, stili di vita.
Le aziende se le contendono a suon di raduni, convention, briefing; sono loro le protagoniste del marketing del futuro. Lo fanno.

Tu, babbo, ti senti solo come una particella di sodio in una bottiglia d'acqua minerale. Fossi stato nel loro oceano, prima o poi qualcun altro come te avresti rischiato d'incontrarlo. Invece dentro una minerale si fa presto: che sei solo lo vedi subito.
Ecco, la rete sarà pure piena di blog tenuti da uometti e qualcuno di questi sarà anche padre, avrà dei figli, ma sul blog parlano di calcio (ma mai di figli o di paternità), di cellulari (ma mai di figli o di paternità), di html, css, ubuntu o template (ma mai...), di vespe piaggio (ma mai...), di poker pesca caccia mountain bike. Ma mai di figli o di paternità. Sembra quasi che l'argomento non li interessi.
O non li tocchi.

Certo, qualche blogomamma gentile e premurosa ogni tanto passa, s'affaccia, dà un'occhiatina al tuo blog. Magari ti lascia anche due righe ma è un po' come confortare Manny, il mammuth di L'era glaciale: “coraggio, non sei in via d'estinzione”. Mah, veramente io ero appena arrivato...
Perché loro, le blogomamme, sono corteggiatissime dai mass media: i grandi giornali le intervistano, le riviste le citano come guru, a teatro fanno il tutto esaurito (pure alle repliche), fioccano i libri. Da qualche giorno (vedi i loghi spuntare come funghi nei loro blog) hanno persino il loro MamCamp con un widget fantasmagorico e fiammeggiante. Si vede che c'è dietro un graphic designer. E davanti, sconfinati campi di celebrità virtuale. E materiale, come diceva il vecchio.

Tu, babbo, nemmeno un adesivo per ringiovanire la lamiera del tuo scooter. Di fare rete, non se ne parla nemmeno. Gli altri babbi sono quattro: al massimo ci viene un tavolo in pizzeria. E sarebbe già un risultato.
I grandi giornali non ci hanno mai guardato; quelli piccoli... non sanno nemmeno che esiste, qualcosa chiamato blogosfera. Se ti fermi a riflettere sulla tua condizione, a chiederti cosa sia un blogobabbo, lo senti già dalla parola che non si tratta di una cosa seria. Ti senti un cartone animato, una specie di individuo mutante.

Ah, perché poi: loro fotografano (tu bruceresti anche le dia), loro arrivano in finale ai premi letterari (tu al massimo grado di impegno narratologico tieni un blog, ma proprio al massimo, eh), sono sommelier e attrici (tu ti dai tante arie con le tue quattro bottiglie in cantina e l'ultima attrice che ti ricordi è la Fanny Ardant di La signora della porta accanto), cucinano e mangiano, conversano e viaggiano. Sono piene di risorse. Che non si capisce dove le tengano...
Ma più di tutte le risorse, e più di ogni spigliatezza mediatica, e più di ogni altra cosa che in fondo in fondo gli perdoneresti pure, c'è qualcosa che urla vendetta: loro hanno scoperto il Friend Connect di Google ben dopo di te.
Eppuuure...
Eppure, loro ci hanno decine e decine di affezionati lettori.
Tu li coccolavi da mesi, hai messo il widget il giorno dopo aver aperto il blog, li hai pregati in ginocchio di aggiungerti tra i preferiti. Ma patisci lo smacco: non ti si fila proprio nessuno... Vuoi mettere che gusto c'è, ad essere una élite?!

Certo, infine, qualcosa ancora non è chiaro. O son loro che sono superiori. O siamo noi ad essere inferiori.
Ma spanne, proprio.
Che invidia.
Sanissima.

domenica 3 maggio 2009

Metodi

Oggi pomeriggio ci siamo trovati al parco. Gli stessi della foto di ieri.
Abbiamo tenuto una convention dal titolo Metodi di avvicinamento al sonno notturno per pargoli tra otto e cinque anni e mezzo.
Sono venute fuori delle relazioni interessanti. Riassumo alcuni punti salienti.

Le due tecniche principali, per accompagnarli verso la notte, sono risultate essere la lettura (diretta oppure con lettore/rice dedicato/a) oppure il cinema, meglio specificato in una visione di cartoni a tema libero.
Essendo la fase più difficoltosa il prepararsi (abluzioni con lavaggio denti, mettersi in pigiama, decidere che ci si deve abbandonare al sonno, ecc), tecnica sopraffina è risultata essere il... ricatto. Tipo: interrompere a mezzo la visione del cartone e dichiarare, giulivi "il secondo tempo lo si guarda in pigiama e coi denti lavatiii!!!".
Dalla comparazione dei dati che ognuno ha conferito, sono risultati vari record mondiali (persino in categorie diverse) nei tempi: spogliarsi, filare in bagno, lavarsi mani e denti, rientrare in camera, infilarsi il pigiama, tornare a spalmarsi sul divano con gli occhi a palla verso lo schermo, il tutto è stato cronometrato intorno ai sei secondi (qualcuno diceva anche otto, ma la media è risultata essere poco sopra i sei). Giuro!

Un'ulteriore tecnica, sempre legata alla visione dei cartoni, è risultata essere quella della visione integrale (lungometraggio) con inizio prima di cena e secondo tempo after-dinner (il negroni NON è compreso nell'offerta). La finezza di questa particolare tecnica, detta anche "del pigiama integrato", è quella di porre il ricatto in chiaro già da subito: "guarda il cartone solo chi si mette il pigiama, ADESSO!". Di solito funziona, anche il ricatto può avere delle defaillances, e offre il vantaggio che a proiezione finita resta soltanto da lavarsi i denti. Facile.
Se nel frattempo, qualcuno non si sia addormentato davanti allo schermo...

Per la tecnica lettura la questione è abbastanza semplice: chi sa leggere da sè (ed è dotato di abatjour personale alla testata del lettino con interruttore per lo spegnimento in loco), non crea alcun intralcio alla catena di montaggio e, dopo aver ingoiato l'ultimo boccone, col bolo ancora tutto appena sotto la bocca dello stomacuccio, viene dirottato in bagno per le rituali abluzioni e poi inserito entro le coperte con librino d'ordinanza. Luce grande spenta, autonomia con abatjour garantita: minimo cinque minuti, massimo dieci. Chi sgarra non riceve il secondo bacio della buonanotte (sempre che il primo se lo fosse meritato, nel frattempo).
Chi non legge ancora di suo (ne sono rimasti pochi, pochissimi, praticamente uno. A caso), usufruisce di un lettore o lettrice che si presta ad un breve brevissimo servizio di lettura a voce alta. Qui l'abilità sta tutta nell'utilizzare un tono di voce calante sul finir della frase. Il pargolo non-lettore comincia a spazientirsi e, dopo aver chiesto ripetutamente una lettura più consona alla sacralità del libro (la decimillesima lettura del volume sulle categorie scientifiche dei dinosauri), si scoccia e crolla esausto sul cuscino. Ronfava già da sveglio.

Tutto ciò ha una sua cornice di riferimento che non è normativa. Si tratta semplicemente dell'orario a cui i suddetti pargoli devono essere sotto le coperte. Il riferimento principale sono le 21.00: ogni famiglia, o meglio ogni coppia genitoriale, ha come suo anelato punto d'arrivo vitale quell'orario lì. La fine della giornata dei propri figli coincide, mediamente, con la rinascita dello spirito personale di ognuno: chi si fionda al pc a fare gli ultimi rilevamenti dell'esperimento di fisica subatomica lanciato dal laboratorio il giorno precedente (controllo dei parametri, monitoraggio dell'andamento delle misurazioni, ricalibratura al micron di quel malefico strumento che si era nel frattempo starato) e chi invece si limita a leggere il quotidiano che, a quell'ora della sera, è praticamente scaduto e comincia a disfarsi; chi si flippa con la rivista sulla tecnica evoluta dei telai in fibra di carbonio per biciclette da strada e chi si distrae giocando enne partite online di othello; chi si infila tra i libri per ripassare qualcosa in vista del concorso che ci sarà il mese prossimo, chi passa il suo tempo a curare il suo blog, come se fosse uno dei suoi pargoli, forse anzi meglio.
Eppure.
Eppure, chissà perché, pur cominciando le manovre di avvicinamento a tempo debito, le rilevazioni effettuate hanno tutte dato risultati ben oltre le aspettative orarie. O il film era troppo lungo, o il capitolo del libro lungi dal finire, o l'eccitazione per la giornata appena passata non accennava a placarsi, fatto sta che prima delle 21.30 nessuno è mai nel suo lettuccio. Mentre l'adulto, dentro di sé, nel profondo, impreca.

A proposito poi della fase "allEttamento", un babbo tenerone (non dico chi...) ha confessato persino di adagiarsi egli stesso sopra le coperte, accanto all'uomo piccolo che, essendo appunto piccolo e piuttosto timoroso del buio (dorme con due angeli custodi, detti i "bauetti" dal verso onomatopeico del cane), ama essere circondato dalle possenti e rassicuranti braccia paterne. Ops, mi sa che la descrizione di questa fase tradisca in qualche modo il protagonista babbesco... Chissà.

Infine, se e dove la pratica è seguita, esiste la problematica che va sotto il nome di "bacio della buonanotte" altrimenti detto, il sarcasmo è gratis, "commiato notturno". Fatte salve le responsabilità di quegli insulsi pusillanimi che si infilano nel letto (o accanto) coi propri pargoli, quello che va per la maggiore è sembrato essere un sano spirito da caserma. A una certa ora, giù il generale (intendendosi l'interruttore) e la camerata piomba nel buio più assoluto. Mitigato, in qualche caso ma non sempre, da un fievole riverbero di lampione che sale su dalla strada. Anche quelle futili tenerezze di cui sopra vengono declinate a seconda dei casi. Dal sondaggio, risulta vincente un sobrio militaresco bacio della buonanotte senza manfrine che lascia i pargoli soddisfatti (eh eh eh) ma non abbastanza, pronti cioè per crollare nel sonno mentre aspettavano un anelato secondo salutino. In occasioni speciali, tipo feste comandate o particolari comportamenti virtuosi o cedimento strutturale dello stile educativo genitoriale, un secondo bacio può essere elargito. Ma sobrio, ci raccomandiamo.

Insomma, il briefing è stato utile, il confronto è sempre occasione per mettere a punto le proprie strategie oltre a capire come regolarsi, facendo tesoro delle esperienze altrui.
Ci siamo però immediatamente resi conto che un solo pomeriggio di studi non è stato affatto sufficiente a esaurire l'argomento, per cui abbiamo deciso di indire una seconda giornata di approfondimento che, vista la stagione a cui andiamo incontro, si è clamorosamente trasformata in due settimane (una soltanto per la famiglia desian: motivi di lavoro la scusa ufficiale; in verità, solo paura di non essere all'altezza, giacché mi presenterò senza profe che resta in città, beata lei!, per gli scrutini) di vacanze al mare, nel prossimo giugno.
Non c'è stato il minimo dubbio sulle date né sulla zona prescelta (la bassa costa campana, confine calabro), nessun tentennamento sul tipo di sistemazione: a questo punto non ci resta che prenotare il camping.
Pubblicheremo il report anche dell'approfondimento. Naturalmente!

sabato 2 maggio 2009

Che altro?

Pratone. Sole e alberi per sfondo.
I nostri amici.
I nostri pargoli.
Gioco.
Serenità.

I miei sentimenti sono qui.
Quindi qui:

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