venerdì 11 marzo 2011

Domani

Domani pomeriggio scendiamo in piazza. Coi pargoli, naturalmente.
Perché tanti, tantissimi, innumerevoli sono i motivi per dire "NO". Per dire basta, per coltivare la differenza etica che ci separa da alcuni (tanti?).
Coi bambini questo dovrebbe avvenire ogni giorno: educare vuol dire insegnare, prima di tutto, una forma di civiltà. Le regole e i comportamenti quotidiani e poi pure quelli più "alti", quelli che ci rendono cittadini. Quelli che ci fanno pensare, in modo critico, e riconoscere ciò che non va, quel che ci tolgono ogni giorno, sottraendo diritti, opportunità. Castigando la scuola, la magistratura. Le persone.
Chi fa il proprio dovere.
Quand'ero bambino, il "precetto" principale della mia educazione è stato "il proprio dovere" (e non ringrazierò mai abbastanza i miei per aver coltivato, in tutti noi figli, questa pianta). Probabilmente, in certe fasi della vita, questa idea incombente ti mette un po' d'ansia ma certo ha fatto di me una persona che sa riconoscere ciò che ha valore dalle stronzate. Dal malaffare, dalla furberia. Dal sopruso.
Le scorciatoie sono facili ma non praticabili. Ti sporcano. Così è accaduto, nella mia età adulta, di non prenderle mai.
Ora, questo grande valore, che ha la forza di una "Carta Fondamentale" dell'individuo, è disponibile anche per i miei figli, per la loro formazione. Non ce la lasciamo scappare.
Domani saremo in piazza e poi, ogni giorno, continueremo a coltivare la stessa pianta.

mercoledì 9 marzo 2011

Gli occhi della donna grande

Donna grande, che mi guardi coi tuoi occhi di carnevale. Dentro il tuo costume splendido, vero gioiello di arte nonnesca.
Quello sguardo lungo lungo mi ricorda qualcosa. Quell'espressione seriosa, sempre al centro del tuo centro smarrito.
Perché a nove anni, mi ricordo i miei, si sta così: come le foglie tenere verdissime in attesa di salirci, sull'albero. L'albero della vita.
I pensieri dei novenni sono grandi, importanti, ti riempiono i giorni. Schermano persino la luce del sole, che accarezza gli occhi e li fa brillare.
E le paure. Le paure dei novenni sono enormi, insostenibili, silenziose. Non fanno più alcun rumore (come quelle invece di qualche anno prima). Ogni tanto hai bisogno di cercare col tuo sguardo gli occhi di un adulto, attorno a te, e li trovi, li trovi sempre.
Il tuo sguardo lungo lungo promette una distanza che non vorremo permetterci. Sì, certo: una distanza generazionale, una distanza di regole e rispetto dei ruoli.
Ma le parole? Scopriremo le parole per dirci cosa abbiamo visto?
La distanza, laggiù, sarà un abisso? O sarà un viaggio.

lunedì 7 marzo 2011

Il mostro del giardino (di scuola)

Ci sono mostri terribili, spaventose creature, orchi orripilanti che infestano i nostri tempi. Sembra un bestiario medievale, eppure alcuni sono assolutamente moderni, ipermoderni addirittura. Altri sono talmente inafferrabili che sembrano non esistere neppure.
Poi.
Poi ci sono le foglie che cadono dagli alberi, d'autunno.
No, non sto scherzando perché l'altra sera, durante la riunione d'interclasse, alla scuola dei pargoli, è finalmente apparsa questa nuova creatura. Che sinceramente non avevo calcolato.
Le foglie morte.
Pare che qualche insegnante abbia segnalato il pericolo derivante da questo vero e proprio tappeto rosso e giallo che infesta, in autunno, il cortile di scuola mettendo a repentaglio l'incolumità dei pargoli. Ci scivolano sopra, così cadono, possono farsi male. Ohmmadonna.
Allora qualcuno ha ben pensato a una final solution: dotare il medesimo giardino di una bella tensostruttura che sorregga delle... beh non so come dirlo. Cioè mi vien da ridere. Ok, ce la faccio: mettiamoci delle vele.
(Ho fatto di tutto per non ridere, quando ho sentito la proposta. Non sono certo di esserci riuscito, secondo me un ghigno sotto i baffi deve essermi partito).
Ecco, mettiamoci un bel telone che stronchi le foglie morte sul nascere (!), che impedisca loro di raggiungere il suolo. Basta, ma come si permettono.
Allora ho pensato ad una controproposta ancora più radicale e definitiva. Ma certo!: basta incollare le foglie ai rami.
Si prende un volontario, lo si fa arrampicare sull'albero e, un momento esatto prima che la foglia (fedifraga...) si stacchi, un bel baffo di colla et voilà. Il gioco è fatto, la foglia resta attaccata (anche se contro la sua stessa volontà di natura) e il cortile resta intonso. Nessuno scivola, non si romperanno l'osso del collo inciampando su quella poltiglia.
Ah, naturalmente non abbiamo supplenti, le pulizie sono fatte come si può, c'è un solo custode (uno solo per tutta la scuola. Cinque piani) per ogni turno orario, il materiale didattico e di consumo è fornito grazie al buon cuore dei genitori.
Ma noi mettiamo le vele.
Noi.
Ma quanto siamo fighi? Eh?

venerdì 4 marzo 2011

Lo sport è rilassante

Può sembrare buffo: se uno pensa che andare in piscina sia soltanto fare un'attività sportiva.
Perché negli ultimi tempi, questo primario compito del sottoscritto, si sta trasformando in un briefing educativo. L'uomo piccolo si è ormai trovato a far gruppo coi suoi compagni di nuoto e, fedele nei secoli al suo carattere burlone e ridanciano, è subito diventato il simpatico della combriccola.
Questo ruolo comporta l'essere anche sempre al centro di scherzi, frizzi e lazzi. Risultato? Essere spesso impegnato in altro, piuttosto che seguire l'istruttore. E il babbo mormora: "Uomo piccolo dovresti darti una regolata, siamo qui affinché tu impari a nuotare non per un pomeriggio di festa". Oppure: "Stasera, uomo piccolo, non mi sei piaciuto affatto e, l'hai visto, anche l'istruttore, a un certo punto, non sapeva più come redarguirti". Eccetera.
(Se ci si mettono, i babbi sanno essere quasi più pallosi delle mamme. Quasi).
Così, abbiamo preso la via traversa: lui a scusarsi per aver fatto, in effetti, "un po' troppo casino" (testuale); desian a rimbrottare in maniera un po' troppo diretta e poco intelligente.
La via traversa ha assunto i toni di un pacatissimo incontro di cervelli. Nel tratto in macchina da casa alla piscina, desian fa finta di parlare dei massimi sistemi comportamentali e, se l'uomo piccolo si lagna del fatto che "sono gli altri a mettermi in mezzo", infila qua e là perle di saggezza babbesche sul sottrarsi alle dinamiche del caos, sull'evitare di rispondere agli stimoli al cazzeggio, sul rispetto da portare al lavoro dell'istruttore e via dicendo.
Oh, non so cosa l'uomo piccolo abbia capito. Però funziona.
Davvero.
Si sta dando una calmata.
Yeah.

mercoledì 2 marzo 2011

La scuola è il posto più bello

Uno spettro si aggira per le case: i compiti del fine settimana. Oltre al Papa, allo Tzar, a Metternich e Guizot, anche le maestre sembrano avercela con questi poveri pargoli. Sembra godano a impedir loro un fine settimana rilassante, una due giorni in barca sul lago o alla beauty farm.
Perché sì, di questo si lamentano i grandi: "troppi compiti e ci tocca restare in casa a farglieli fare. Addio weekend".
Ascoltavo alla radio, qualche giorno fa, Paola Mastrocola che parlava di scuola e, tra tante cose con le quali ero in disaccordo, mi piaceva molto come sottolineasse il fatto che proprio noi adulti, prima ancora che i ragazzi, abbiamo perso il senso delle finalità della scuola.
La fatica di studiare, sì, di farsi un'educazione. Perché sembra essere passata l'idea, continuava Mastrocola, che l'unico ascensore sociale in Italia non sia più quello messo in moto dall'educazione ma quello dell'ereditarietà: se sei figlio della persona giusta, se esci da una famiglia che può darti "un aiutino", non aver paura: non hai bisogno di studiare, te la caverai sempre.
E allora goditi il tuo weekend, al mare, sul lago, al luna park. Con babbino e mammina. Invece di studiare, che è tanto faticoso.

Credo nella scuola. Laica, pubblica e libera. I pochi anni dell'università sono stati per me l'idea di una porta che si apriva sul futuro. Un'idea che ho ancora oggi.
Così noi passiamo buona parte dei nostri fine settimana in casa per far sì che la donna grande (l'uomo piccolo è ancora in seconda e ha carichi quasi insignificanti...) faccia quello che deve. Non per punizione, non per noi e (quasi) nemmeno per un qualche motivo superiore.
La scuola è conoscenza, mica competizione. Non è lavoro. E' sapere.
Che lo spettro spaventi ancora. E tanto.
Vuol dire che esiste.

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