mercoledì 31 marzo 2010

Ascoltare fa bene

Ogni tanto fa bene ricordare chi siamo.
Soprattutto in certi tempi, in certi giorni.
In certe epoche buie.
Io la riascolto, letta da donne e uomini, da stranieri, bambini e vecchi, in decine di lingue.
Ascoltarla è ancora più bella che leggerla.
Anche guardarla...

Prendiamoci ogni tanto 9 minuti e 11 secondi di emozione. Forse ce li meritiamo ancora.

domenica 28 marzo 2010

Prime letture

Oggi siamo tornati indietro di anni. Perché c'è una scatola, un po' in disparte, che contiene ricordi importanti.
Piccole mani l'hanno agguantata o, meglio, l'hanno tirata giù.
"Guardiamo cosa c'è dentro: rivoglio i giochi di quando eravamo piccoli".
Ogni tanto capita, capita anche ai grandi, di voler tornare laggiù, in quel luogo ormai indistinto dove certi sentimenti erano incontaminati e candidi. Così abbiamo guardato.
Tra tutto, è saltato fuori anche il primo libro, quello che nonna M. fece con le sue mani: qualche ritaglio di stoffa e molta fantasia. Molto amore, molta tenerezza, tutto un futuro davanti.
Eccolo, come un tuffo al cuore.




















Come un capolavoro da sfogliare. Sfogliato.

venerdì 26 marzo 2010

Votare, oh oh...

Ancora una volta, ci siamo quasi: ma come siamo affezionati al voto, noi italiani!
Non alla politica, ai contenuti dei pensieri che governano il mondo; proprio al voto, ai risultati elettorali. La classifica, insomma, e non è nemmeno un retaggio cattolico stavolta.
Forse un retaggio calcistico. Peggio.

Si leggono e si sono lette tante riflessioni sul voto, anche sui blog, negli ultimi tempi, in queste ultime ore. La mia impressione è che ci sia, come spesso negli ultimi anni, un gran saltabeccare da una lista all'altra, da un candidato all'altro, tra gli elettori. E' il fascino del nuovo: il volto nuovo, la proposta politica nuova.
Un nuovo simbolo, un nome nuovo.
Tutto nuovo, di zecca.
Non entro nel merito, non commento il nuovo.

Io voto da anni sempre uguale.
Anni.
Non ho scoperto, in politica, idee nuove che non conoscessi già: dal vecchio aberrante fascismo, ma aggiornatissimo, in giù.
Così ho votato sempre uguale, slalomando tra decine di nuove proposte, insofferente alle ulteriori possibilità alternative. Magari sono troppo conservatore. Magari il mio pensiero politico non è evoluto, in tutti questi anni.
Perché guardandomi intorno, ancora una volta, mi par di capire che il piatto che ci hanno cucinato non ci piace ancora. Ne vogliamo un altro, vogliamo ulteriore libertà di scegliere.
Ulteriore.

Ogni volta che si vota, in Italia, qualcuno si diverte a contare le liste. Ne vengono fuori centinaia. Centinaia. Centinaia.
E noi vogliamo scegliere. Scegliere qualcosa di nuovo, veramente nuovo. Volevamo un altro candidato, un altro simbolo. Una nuova, ulteriore alternativa.
Così facendo, negli anni, ci siamo incamminati, a gran velocità, verso il baratro. E ora abbiamo cominciato a correre.
"Io voto Questo".
"Io no, io voto Quello".
"Io sono per il voto disgiunto".
"Io... beh, io voto congiunto".
"A me piace la sua idea".
"Io adoro come parla Quella lì".
"Ah, che bel programma ha Quell'altro! L'hai letto?".

Insomma, da anni voto sempre uguale.
Voto un'idea.
Una sola e sempre quella.

Siamo davvero sicuri che si chiami "libertà" questo nostro correre verso la catastrofe?

mercoledì 24 marzo 2010

Cercare il padre

E' un viaggio vero e proprio, un'impresa quella di mettersi in cammino, sulle onde ritrose della memoria (anche perduta), alla ricerca del padre.
Un forte, fortissimo bisogno di questi anni recenti: dal rischio di un mondo senza padri ci avviamo invece verso una nuova definizione della figura. E non mi pare un caso che siano due figlie, a fare il viaggio. Due donne alla ricerca della figura maschile per eccellenza. Un corto circuito non da poco oppure un incrocio necessario, di ruoli e desideri e corrispondenze.
Due modi completamente differenti: Benedetta Tobagi deve necessariamente affrontare un cammino doloroso tra memorie che non sono (più) le sue e lo fa nel solco limpidissimo della testimonianza civile; Rosa Matteucci invece affronta giocosa e circense un'epopea (anche linguistica, con fortissimo stile da equilibrista) familiare dove il padre è tutto: clown e domatore, impresario fallimentare e deus ex machina, capofamiglia e sventurato adolescente.
Due grandi emozioni che hanno lo stesso punto di partenza e di arrivo (la ricerca e il recupero) ma percorsi assolutamente diversi: un cammino fatto con mezzi non omologabili, a dorso di mulo o su una specie di tappeto volante, a seconda delle necessità. Secondo le storie, le vite.
Non entrerò nella tragedia della nostra storia recente (Tobagi è stato assassinato nel maggio del 1980) perché il libro di Benedetta Tobagi ha già il pregio di ricostruire in maniera documentatissima una vicenda pubblica intrecciandola, senza moralismi, ai sentimenti segreti di figlia in un percorso che si tinge, mentre lo facciamo con lei, di sfumature tenui e forti allo stesso tempo, di delicati profumi, di dolore e disperazione. Di male.
Benedetta ricostruisce qui quello che deve essere stato (lo dichiara, tra le righe) il suo medesimo cammino umano nell'immergersi nella materia viva e sconosciuta (aveva tre anni, nel 1980) che era suo padre.
L'abbraccio tra un'assenza e una figlia (che è oggi testimone stessa) lo vediamo laggiù in fondo, si intuisce da subito iniziando la lettura del libro. Ci avviciniamo con lei, titubanti e intimiditi a volte, entusiasti e vitali in altre pagine. Sempre accanto alle parole del racconto perché vorremmo essere con lei quando l'incontro ci sarà.
Non ho avuto la fortuna di assistere ad una delle presentazioni del suo libro che Benedetta ha tenuto in giro per l'Italia. Amici che invece ci sono riusciti raccontano di sentimenti tangibili, di una straordinaria lucidità, di un'atmosfera (evocata da parole ricordi e testimonianza civile) piena di vibrazioni. Quell'abbraccio, alla fine, c'è stato. Perché certe figure non passano, certi insegnamenti ci raggiungono ovunque in ogni tempo, anche in quello della separazione violenta e, per così dire, contro natura. L'eredità forte del paterno.
Rosa Matteucci invece ci strabilia con uno stile letterario decisamente fuori dal comune. Lei, che ci ha abituato bene da sempre. Stavolta poi la materia è sentimentale senza esserlo e la scelta del registro ironico lo sottolinea: la sua figura paterna è già lì, completamente presente e visibile. Occupa lo spazio intero, non l'ossessione della ricerca ma il senso pieno dell'immanenza. Un padre troppo, un padre tutto. Persino un padre/madre quando ancora non erano previste certe commistioni e i ruoli erano semmai invertiti: le madri per la prole, i padri a produrre. Qui il ribaltamento è totale, il senso di straniamento altrettanto forte, non per nulla si può parlare di respiro circense, di vaudeville. Qualche volta, leggendo, mi tornavano alla mente alcuni testi e atmosfere di Capossela.
Matteucci aderisce all'oggetto del suo desiderio: suo padre, figura improbabile protagonista della decadenza di un'intera famiglia, è quasi un complice, un compagno di giochi anche quando meriterebbe qualche pesante strale. Una quasi-maledizione. Tutto ciò, ancora una volta, a dimostrare come anche le presenze più estemporanee, le distanze e le assenze riescono a segnare prima una traccia, poi un abbozzo di percorso e, infine, un cammino o "il" cammino di una vita.
Raccontato, come accade in questi due libri così diversi quindi tanto complementari da poter essere considerati un dittico, dal punto di vista dei figli (e, come detto, mi piace particolarmente che siano figlie femmine in questo caso a raccontare) in maniera da rendere al lettore il senso ultimo dell'esperienza del vivere.
Quella sospensione tra una cosa e l'altra, tra un prima e un dopo che, nel ricordo, sembrano confondersi ma soltanto perché a volte non si capisce chi educhi chi.
Chi lascia un'eredità a chi altri.
Cosa vuol dire essere figli se sei tu, mio padre.

martedì 23 marzo 2010

Respirare notturno

Se un brutto sogno di notte lo coglie e lo sospinge, a passetti sottili, nel lettone come un porto sicuro, io mi stringo accanto al suo viso a respirare un respiro pulito.

Di bambino.

lunedì 22 marzo 2010

Il fascino della lettura

Di domenica mattina.
Nel lettone, che altro se non sleggiucchiarsi un librino.
Sarà che la donna grande continua a menare le danze. Ma sarà anche che l'uomo piccolo, ormai preso dall'entusiasmo del suo nuovo potere, legge anche le insegne dei negozi.
Così che anche l'umor nero del babbo ci fa un baffo!
E noi leggiamo.
Per tutti gli altri, buon lunedì.

sabato 20 marzo 2010

Attese

A volte ci sembra di aver smarrito la strada.
A volte siamo soltanto confusi.
A volte restiamo in attesa.
Ci sembra d'essere di fronte ad un muro, un muro d'acqua, e cercare uno spiraglio nel fragore.

sabato 13 marzo 2010

È primavera

È primavera.
Un'insopportabile nebbia novembrina insiste su di noi. I dolori del clima continentale.
Stamattina uscita di gruppo, con un po' di genitori e compagni di scuola, al museo delle carrozze di Palazzo Pitti.
È primavera.
Sarà anche per questo che l'uomo piccolo si sarebbe invaghito di una sua compagna di classe. Essendo la notizia piuttosto fresca non mi era ancora capitato di vederli assieme per cogliere qualche dinamica di questo "amore" sfortunato.
Perché sì, va detto: lei proprio non ne vuol sapere!
Poi stamattina, guardandoli, ho capito il motivo. Non c'è niente da fare: l'uomo piccolo sbaglia strategia su tutta la linea. Invece di coccolarla, di essere gentile e carino, lui no. Lui la piantona e la tormenta. Come un secondino!
Lei mi guardava, supplichevole: "per favore, toglimelo di torno" sembrava dirmi.
L'uomo piccolo ha bisogno di tempo. Per capire come esprimere i suoi sentimenti.
Per adesso solo un cuore trafitto.
È primavera.
La nebbia novembrina ha deciso di alzarsi, bontà sua, e di scoprire un tiepido solicello.
Va bene, da stasera iniziamo un allenamento: all'educazione sentimentale dell'uomo piccolo.

mercoledì 10 marzo 2010

Il fascino della scrittura

La lezione sul fascino della scrittura non arriva, come potrebbe sembrare, da un qualche professionista della medesima o da un sito dedicato, no.
La lezione sul fascino della scrittura arriva dalla donna grande e dal suo, eehmm, fidanzato.
Premessa: il fidanzato (che è anche suo compagno di classe) praticamente ce lo abbiamo in casa nel senso che una delle nostre finestre si affaccia sul suo balcone: strane architetture settecentesche.
Poco fa, la donna grande arriva tutta trafelata, brandendo con malcelato orgoglio un fogliettino tutto ripiegato: "babbo, babbo, guarda: l'ho trovato incastrato nella finestra. Io lo so di chi è... è di S".
Le certezze del cuore.
"E so anche cosa dice: vorrà sapere perché oggi pomeriggio non mi sono fatta vedere".
Geloso, il ragazzo?
Spiega il foglio, lo gira e lo rigira: inutile apprensione nel cercare la frase, c'era scritto più o meno quello anzi, per la precisione, un perentorio "quando sei libera?".
La donna grande è corsa in camera e ha cominciato a vergare la risposta, sullo stesso foglio.
"Ma scusa, donna grande, domattina lo vedi a scuola: non glielo puoi dire direttamente a voce?!".
"Babbo, ma vuoi mettere quanto è più divertente scambiarsi i foglietti?!".
Et voilà: fattici un post, babbo.

venerdì 5 marzo 2010

Test psicologico (ovvero: Ancora sul corpo delle donne)

Attenzione: questo post è esplicito e può contenere delle oscenità. Sono certo che ciascun lettore saprà dove trovarle.
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Adoro i muri, adoro i graffiti e le scritte che ci sono su. Adoro i muri, perché qualche volta sembrano essere specchi; sono una specie di televisione senza corrente elettrica, un giornale en plein air.
Qualche volta quello che c'è su è terrificante: violenza pura sotto gli occhi di tutti. Eccola:



A tal proposito, allora, propongo un test psicologico di valutazione del livello di complicità a cui siamo disponibili (il calcolo del punteggio è libero: ognuno se lo faccia da sé). Secondo voi questo manifesto vuole comunicarci:

a) sempre meglio che lavorare
b) l'intelligenza e la logica prima di tutto: è solo una "A"
c) l'utero è mio e me lo gestisco io
d) quanto costa?
e) è proprio una bella topa, me la scoperei volentieri (o si dice "me la scopassi"?! mah, la sostanza non cambia)
f) smettetela voi idioti moralisti retrogradi: le donne ormai sono emancipate, cosa c'è da scandalizzarsi?!
g) ah quanto vorrei esserci io al suo posto: chissà com'era cospicuo l'assegno che le hanno staccato!!!
h) suvvia, in fondo non c'è niente di male: è anche una bella ragazza!
i) di certo non guadagna 500 euro al mese, come me
l) VADE RETRO SATANA!
m) le donne sono tutte puttane, tranne mia madre e mia sorella
n) chissà che freddo, po'erina!
o) se è uno scherzo, è di cattivo gusto
p) ganzo!!! cos'è, uno scherzo?
q) maddài, è un fotomontaggio, vero?

Si possono scegliere anche risposte multiple...

Questo manifesto campeggia per le strade di Firenze ma immagino che possa essere comparso anche in altre città. Nessuno se n'è accorto finora? O, magari, non vi disturba come ha disturbato me?

Allora: qui c'è il link al sito internet dell'azienda in questione. Volendo, sulla sinistra, potete cliccare su "contacts" e mandare una bella mail di commento a questa campagna pubblicitaria progressista e rispettosa della dignità. Della dignità di tutti, delle donne e degli uomini che ogni giorno transitano sotto quel megaposter. Io l'ho già mandata.
In caso contrario, potreste sempre cliccare su "area b2b" e iniziare una fantastica collaborazione con tale gioiellino d'azienda!

E, naturalmente, buon fine settimana.

lunedì 1 marzo 2010

Hangar e aerei di carta

Domenica scorsa la profe era fuori per un contest di cucina (come so' antipatici i food blogger...). La donna grande invece era ospite di un vecchio compagno di materna. E vecchio si fa per dire.
L'uomo piccolo ed io avevamo una giornata tutta per noi, da riempire con le nostre cose.
Già: cosa?
Leonardo da Vinci avrebbe disegnato lì su due piedi un paio di macchine volanti, avrebbe portato a termine gli studi per una vite senza fine. Poi si sarebbe seduto sul balconcino della sua casa, si sarebbe girato verso il Montalbano e, rimirando il paesaggio (quello della Gioconda), avrebbe assaporato una fettunta. "Mmmmh - avrebbe mugolato di piacere -, 'bbono l'olio 'bbono, quest'anno".
Ecco, noi no.
Noi dovevamo volare più basso... volare?!
Sì, volare, parola magica.
Abbiamo cercato su google ed è venuto fuori questo sito qua: non è di quelli propriamente tecnologici, con le musiche, le animazioni in flash, i beep e i banner ma ha tutto quello di cui avevamo bisogno. Foto chiarissime che aiutano passo passo a realizzare parecchi modellini, da quelli più semplici a quelli più complicati (ci sono persino dei cargo con vani per il trasporto di piccoli oggetti!). Una manna. Dal cielo, appunto.

Aerei di carta, il gioco più semplice del mondo. Quello che anche qualsiasi babbo ha fatto, nella sua infanzia. Insomma, un'eredità, un passaggio di consegne in piena regola. Un pomeriggio passato a scambiarci dritte e consigli, un intrecciare le dita sopra la carta. Sospingere fogli piegati, nel volo.
Anche la poesia, però, ha i suoi rischi. Visti i tempi, parlare di hangar e aereoplani necessita di qualche precisazione. Così, per mettersi tranquilli la coscienza, protetta e civile. Allora aggiungiamo due righe, nel caso qualcuno intercetti questo post:

Dichiarazioni preventive volontarie ad uso della Guardia di Finanza in materia di trasparenza degli appalti.
Noi sottoscritti desian e uomo piccolo rilasciamo le seguenti dichiarazioni per fugare qualsiasi dubbio sulla regolarità del nostro operato. Pertanto, in relazione alla costruzione di un hangar in cartoncino bristol e all'acquisto di svariati mezzi atti al volo (altresì: aerei) in carta, abbiamo operato come segue:
- non sono stati utilizzati lavoratori in nero né sottopagati né fatto uso (altresì: sfruttamento) di manodopera minorile (non posso giurare sulla maggiore età dell'uomo piccolo ma sto cercando i documenti. Non appena verranno reperiti, saranno trasmessi). A tal riguardo non sono stati evasi contributi fiscali e/o ogni altro onere contributivo del lavoro;
- non abbiamo evaso IVA né stornato fondi per costituire illeciti patrimoni all'estero: il biglietto del metrò di Parigi che era accidentalmente rimasto in fondo (peraltro singolo e non doppio) ad un cassetto è stato immediatamente imputato sulla prossima dichiarazione dei redditi per l'imponibile di euro 1,20 esportati quindi in Francia;
- non abbiamo corrotto politici, dirigenti d'azienda, magistrati, pubblici ufficiali né alcun altro soggetto che potesse determinare col suo intervento favori e/o agevolazioni non dovute: tutto il materiale di costruzione ci è stato fornito dal cartolaio sotto casa, previa dichiarazione del prezzo (di euro 10,20, come da scontrino in nostro possesso - vabbé che ci siamo quasi finita l'Amazzonia ma ammazza quanto costa la carta!!!) che è stato regolarmente pagato con denaro proveniente da lecitissima attività (altresì: lavoro) di desian;
- tutti gli altri materiali di costruzione presenti in cantiere (scotch, travi in legno altrimenti dette "bastoncini per spiedini", ecc.) sono stati reperiti in loco previa legale contrattazione col fornitore, (altresì: la profe);
- nella nostra veste di potenti costruttori destinatari di appalto, non abbiamo comprato voti per eleggere nessun parlamentare del PdL né di altro schieramento politico in cambio dell'appalto stesso (ma quando mai?!);
- essendo noi sottoscritti in giovane età e integri nel fisico e, soprattutto, nello spirito, non abbiamo usufruito di alcun tipo di prestazione specialistica (altresì: massaggiatrice) atta a ristabilire condizioni di benessere psicofisico, in nessun modo somministrata, né in camice bianco, né in bikini (profe, giuro!);
- il rispetto della legge sulla sicurezza (lg. 626) era stata in un primo momento affidata alla Protezione Civile: quando ci hanno chiesto 3 milioni di euro per un pomeriggio di assistenza e la fornitura a nostre spese di un paio di massaggiatrici (altresì: mignotte), l'uomo piccolo è balzato in piedi ed ha esclamato: "babbo, cosa vuol dire mignotte"? Ho capito, allora, che c'era qualcosa che non tornava. A quel punto li ho allontanati (e non è stato facile).

Come ogni epopea che si rispetti, come ogni conquista di qualunque west, come ogni intervento urbanistico che deturpa e stravolge gli orizzonti delle nostre città, l'impresa è stata lunga e ardimentosa. In realtà, infatti, la costruzione dell'hangar si è protratta un poco oltre la domenica. Il risultato però è magnifico, neanche Renzo Piano.
Perché Renzo Piano non avrebbe mai saputo come progettare un fatato pomeriggio di divertimento, di massimo feeling padre-figlio, e un paio di serate di eccitazione bricoleuse.
Homo (piccolo) faber.
Il risultato è questo: quello accanto all'hangar non è un comignolo ma la torre di controllo.
















Qui, invece, la flotta: quello giallo è il mitico Elix, gioiello ipertecnologico e complicatissimo che si realizza in addirittura 45 passaggi!















Che fantastica domenica...

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