lunedì 29 giugno 2009

Il tè e le vecchie signore

Stasera ho in mente una scena forse un po' surreale. Mi immagino tre decrepite vecchiette, di quelle che in tre fanno all'incirca 250 anni, che conversano amabili e rigide come manici di scopa, di fronte alle loro tazze di tè fumante.
Sono sedute sulle loro sedie in paglia di vienna, sul tavolinetto tondo porcellana finissima del servizio storico. Quello che risale ai tempi della prima.
Guerra mondiale.
Le vecchiette sono tenerissime: se uno potesse ascoltarle udirebbe racconti incantati. Del loro primo ballo in società, di quanto si stava meglio allora, della loro prima borsetta in pelle di coccodrillo, di come era elegante il re Giorgio V e di come l'eleganza abbia raggiunto il top da quando è salita al trono Elisabetta II.
In effetti quest'ultima affermazione potrebbe far cogliere quello strisciante principio di demenza senile in atto.

All'improvviso però spazzo via tutto. Sostituisco le tre amabili cariatidi coi tipetti di questa foto.
In tre non fanno ancora vent'anni e stanno davanti alla finestra a godersi i fuochi d'artificio. Se uno potesse ascoltarli (e l'abbiamo fatto quella sera, confesso!) avrebbe udito di razzi che partono per mete intergalattiche, di esplosioni che assomigliano a draghi sputafuoco, di un botto tanto potente che di certo l'hanno sentito anche su Marte (ma lo sapranno che esiste davvero, Marte?!), di colori improbabili che non esistono nemmeno nell'universo pantone.
Ne è passato di tempo da quelle sere in cui, di fronte alle prime esplosioni colorate, si scappava di corsa a casa coi medesimi in preda a vere e proprie crisi di terror panico...

Le vecchiette, con 250 anni sul groppone, ricorderebbero cose insignificanti.
Questi naccheri, che in tre non fanno ancora vent'anni, ricordano cose che devono ancora accadere.



P.S. (per i non fiorentini): naccheri è un vezzeggiativo che sta per "ragazzini", "bambinetti", ecc.

venerdì 26 giugno 2009

Profumi lontani

Fortunatamente non è facile liberarsi dei propri ricordi.
Basta un pomeriggio novembrino, anche essendo a giugno, un temporale che rugge e sfiamma perché il polpastrello passi, di nuovo come un tempo, sull'angolo di quel rettangolino di doppia carta.
Magicamente la parte adesiva si sfoglia e si stacca, come si staccava allora. Sotto gli occhi la casella giusta, richiamata da un numero che corrisponde, alla quale incollare il rettangolino.

Le vicende di quella fabbrica di sogni, e oggi di ricordi, furono tante e travagliate nel corso degli anni: fu venduta, ricomprata, persa e riacquisita. Anche il profumo delle carte e della colla non sono più gli stessi: oggi l'odore è quasi neutro, carta morta o forse segnale di prodotti più raffinati e magari meno tossici di un tempo, chissà.

Il mio profumo, però, era un altro. Legato a tempi altri, ad anni lontani, a suggestioni vibratili: soldati e uniformi, paesi europei, beh certo poi anche calciatori...

La donna grande mi regala tuffi di passato: si è appassionata ad Harry Potter che ha cominciato a divorare ed io, perso nei miei profumi d'infanzia, ho incontrato casualmente in un'edicola un album. Di figurine. Quelle figurine.
Che stretta.

giovedì 25 giugno 2009

Impressioni

Di questa breve vacanza al mare portiamo a casa il ricordo di molte contraddizioni: una terra bellissima che non ha ancora trovato il modo di convincerti appieno.

Trovi da un lato energie che lavorano onestamente ed occhi limpidi che guardano lontano, come quelli qui sotto.

Trovi una forte carica umana che ti abbraccia, ti sorregge, ti fa partecipe.


Oppure guardi meglio, nelle periferie lontane dai clamori mediatici, e scopri che l'immondizia di Napoli che ci hanno fatto credere problema risolto è invece tutta lì, appena sposti un po' lo sguardo e ti allontani dai riflettori. Eppure il business dev'essere ricchissimo se a Scario, il paesino in cui abbiamo soggiornato, la raccolta differenziata è rigorosissima: tanto da rifiutarci un sacco di indifferenziata perché non avevamo seguito le istruzioni come si doveva. Un vero smacco per noi abituati da anni a differenti contenitori per la spazzatura...




Una costa straordinariamente bella, un mare limpido e verde nel quale fai il bagno insieme ai pesci e dei pargoli ormai sguazzanti anche loro come pesci (soprattutto la donna grande che mi ha stupito con la sua sicurezza nell'abbordare lunghe nuotate praticamente in mare aperto): evidentemente anni di piscina aiutano anche i più pavidi e restii, vero uomo piccolo? Magari con un paio di braccioli che servono a rompere il ghiaccio...



Sensazione inquietante la presenza praticamente in ogni dove (giardini, piazze, anfratti lungo le strade, finestrini di auto, fiancate di camion e insomma immaginateli dove potete e lì ci sono) di statue e immagini di santi. La hit parade la vince alla grande padre pio!
Insomma una assoluto delirio che mi ha dato l'impressione di una sottomissione, di un immaginario che è quasi il solo e semplice ostentare.
Perché poi il giorno del corpus domini, lungo le strade dei paesi, a preparare processioni ed infiorate, ginocchia a terra e spalle piegate sotto il sole cocente, c'erano solo le donne. E, contemporaneamente, gli uomini stavano tutti al bar seduti al fresco a chiacchierare come se nulla fosse.
Allora mi chiedo che tipo di modello trasmette questa società così ostentatamente pia e rispettosa e religiosa? Le risposte mi si sono presentate chiare in ciò che ho visto.




Infine, anche desian ha goduto di lunghe nuotate come non ne faceva da anni.
Di esplorazioni in grotte e caverne.
Di grande relax, di noi.
Un buon inizio d'estate.
Che prosegua, se possibile.

giovedì 18 giugno 2009

Utilizzatori finali

Mi appello alle blogger che stanno a Roma e che hanno facilità di movimento rispetto ai luoghi del potere politico.

Fate una manifestazione. Denunciateli.

Utilizzateli, finalmente: andate a sputargli in faccia.

martedì 16 giugno 2009

Paradisi e malinconie

La mattina la barca ti accompagna in un angolo di paradiso. Calette come ne hai viste poche.
Dove sguazzi dentro un'acqua che sembra non esserci tanto è trasparente.

Tutto ciò non basta. La mamma non è qui. La mamma è la mamma (e per fortuna!).

La donna grande crolla: la serata è finita in una disperazione sincera. Un pianto inconsolabile.

E cosa fa in babbo in questi casi? Chi è lui? Che spazio ha se neppure amore, coccole e rassicurazioni valgono a placare la disperazione?!

Eppure il babbo è lì, ti nuoterà accanto domattina in quel mare trasparente che ci culla e ci sostiene, galleggiando. Finché la mamma arriva e ci sostiene tutti, grandi e piccoli.

Perché la nostalgia non ha età. E nemmeno prezzo...

venerdì 12 giugno 2009

Come ti vedono

Ultima settimana di scuola, per i piccoli ma anche per la profe.
Il livello di delirio sta toccando vette assolute, lunari.
Poesia pura.

La profe è in apnea: la mattina ha lezione e il pomeriggio viene risucchiata di nuovo dentro la pancia della scuola per gli scrutini. Dalle 14.00 alle 19.00, tempo netto.

I pargoli, stracotti dalle fatiche dell'anno scolastico (a proposito, parlavo l'altro giorno con la dirigente scolastica la quale mi informava che la tendenza del Miur è quella di allungare il calendario scolastico nei prossimi anni, fino a farlo terminare intorno al 20 giugno...), fanno fatica a concludere lucidamente le loro giornate.

In tutto questo, il sottoscritto non si fa mancare nulla: dopo l'ormai nota pizzata dei babbi, desian ha avuto qualche altro impegno. Li numero, si vedono meglio:

1) festa di fine anno della classe dell'uomo piccolo (babbi in pista: 2; il resto mamme);
2) accompagnamento mattutino pargoli a scuola, cinque giorni su cinque;
3) presenza all'uscita di scuola, due giorni su cinque;
4) visita audiologica dell'uomo piccolo, in orario scolastico (accompagna la donna grande a scuola, via dall'audiologo, riaccompagna l'uomo piccolo a scuola);
5) anche il gatto ha bisogno di manutenzione: porta il gatto dal veterinario. Anche le feci: sceglile nella cassettina...;
6) corri a prenotare i libri di scuola per il prossimo anno scolastico (sono o non sono il rappresentante di classe?!?!);
7) vai dal fotografo a ritirare le foto di classe. Distribuiscile a tutti. Rincorrendoli... (vedi sopra);
8) riunione illustrativa del prossimo anno scolastico con la dirigente: l'uomo piccolo a settembre va in prima;
9) saggio di musica della donna grande: una pianista si vede dal mattino. Tanti esercizi...
10) gelato per tutti dopo il saggio di musica: mai vista tanta panna soccombere alla forza di gravità come ieri pomeriggio.

Inoltre, ma così, per sfizio, ho anche lavorato, perlopiù fuori città.
Non mi ricordo cosa facessi nella vita prima di avere due figli...
Probabilmente mi hanno già licenziato e non me lo hanno detto.

In questo tunnel degli orrori, l'unico modo per sopravvivere è quello di tapparsi gli occhi, testa bassa e pedalare.
Per fortuna esistono gli amici che, effettivamente, ti vedono girellare come una trottola e ogni tanto provano a darti il senso di ciò che ti accade. Una in particolare, mamma di una compagna di classe dell'uomo piccolo, stamattina deve avermi visto un po' provato e ha amichevolmente dato la simbolica pacca di consolazione:
"Toh!, ecco il ragazzo padre!!!".

...

L'ho ringraziata per il complimento: ragazzo.


Ah!, dimenticavo: domattina, desian imbarca i pargoli e se ne va al mare. In vacanza.
Lasciando la profe libera, rilassata e finalmente scevra da qualsiasi preoccupazione: potrà dedicarsi anima e corpo ai suoi studenti, agli scrutini, alle ultime manfrine burocratiche.
In fondo, dopo aver poltrito così tanto, una settimana da solo con entrambi i pargoli mi fa un baffo: speriamo soltanto che non mi finisca troppa sabbia nel letto... Umpf!

martedì 9 giugno 2009

Aggiornamento (annunciazio'... annunciazio'...)

La domanda è: com'è andata?!
Annunciazio'! annunciazio'!: ci siamo divertiti parecchio, noi babbi.
E siamo sopravvissuti: ognuno è rientrato alla propria casa.
I pargoli (quindici) sono praticamente intonsi.
Come nuovi.
Né un graffio né un'ammaccatura.

...

Non è consigliabile proporre lo stesso quesito a quelli della pizzeria.
No.
Meglio di no.

Sperimentale...

Tra pochi minuti, coi compagni di classe della donna grande, tutti in pizzeria per la cena di fine anno scolastico.
Mi sono voluto togliere uno sfizio: alcuni non si sono ancora resi conto dell'accaduto ma sono riuscito a trasformare una "pizzata" per le famiglie al completo in una serata con bambini e alcuni babbi. Soltanto babbi. Mamme a casa.
Sì, sono un kamikaze.

Quasi tutti hanno fatto finta di aderire con entusiasmo...
Uno non ce l'ha fatta: l'sms giunto pochi minuti fa dice che si è ammalato e che langue a letto. Proprio oggi. Con quasi trenta gradi? Mah, forse un colpo di calore...

L'esperimento sta per avere inizio: usciamo di casa.
Volevo capire se, oltre le tante chiacchiere su parità di ruoli e responsabilità, avere figli (e gestirli) è ancora un incidente di percorso che capita alle donne.

Vi aggiorno più tardi...
Buona serata!

lunedì 8 giugno 2009

Quaderno e libertà

La notizia non è certo di prima mano: basta fare una ricerchina su google con le parole chiave e si trovano decine di articoli e commenti.
Se invece andate qui, trovate la pietra dello scandalo: il portoghese non lo conosco ma il senso del post è chiarissimo, non ci vuole nemmeno l'interprete. E Saramago se la prende anche con noi, popolo bovinamente sottomesso. Popolo complice, verrebbe da pensare, viste le parole che il grande intellettuale indirizza al nostro Primo Ministro.

E gran parte degli elettori non si scandalizza, visto come è andata ieri. Mentre in altri Paesi i politici scompaiono dalla scena per una corruzione perpetrata a mezzo, udite! udite!, di cinque abiti da uomo oppure per aver chiesto il rimborso del noleggio di una videocassetta (per quanto x-rated), qui nessuno esercita più la propria dignità di cittadino-elettore.
Pochezza popolare.

Finisce allora che Einaudi ha deciso che il nuovo libro di Saramago, O caderno appunto, non "può" pubblicarlo: contiene giudizi talmente forti sul suo padrone che sarebbe dichiaratamente un autogol. Finisce che uno degli intellettuali viventi più importanti del mondo viene rifiutato dal suo editore storico: la censura si maschera di tante piume. Finisce come se la Ferrari decidesse che il suo prossimo gioiello fosse costruito, che so, dalla Opel...
Tanto per scherzare.

Non scherza affatto quello che un tempo è stato il (o uno dei) grande editore di formazione della società italiana: la sua autocensura è seria, reale, senza vergogna.
Questa è la libertà che respiriamo in questo Paese.
Questo è il coraggio dei suoi intellettuali mascherati forse da impiegati di redazione.
Questa è la storia e la tradizione di un grande marchio editoriale gettato al vento del piccolo fascismo dei nostri tempi.


Ah, dimenticavo: il nuovo libro di Saramago, se voleste leggerlo, uscirà verso fine anno per Bollati Boringhieri.

domenica 7 giugno 2009

Attenti a noi due

Quando ha saputo che sarei uscito per andare in un negozio di giocattoli, ieri mattina, l'uomo piccolo è corso in camera sua ad infilarsi i sandali.
Ho subito messo in chiaro che avrei comprato regali per un paio di compleanni a cui siamo stati invitati. Nulla previsto per chi non aveva compleanni da festeggiare. Non avrei tollerato capricci...

- Per questo mi sono messo le scarpe: vengo con te! (Sottinteso: ci penso io a comprare quello che mi pare. Per me).

Può la definizione della leadership combattersi di fronte a una scatola di gormiti da decine di euro? Può un'idilliaca mattinata di sabato trasformarsi in una isterica lotta di caratteri? Giudicate voi.

Arriviamo nel negozio, tra l'altro a non più di un quarto d'ora dalla chiusura, il tragitto in auto si era già svolto in un tira-e-molla di "voglio comprare qualcosa che mi piace" e "non compriamo niente, al massimo un gormito in bustina da due lire": quelle che crediamo essere le nostre vie di fuga, preparate appositamente per le emergenze assolute, a volte si trasformano nella rete che ci avvinghia.
Arte dei babbi.

Passano i minuti mentre scelgo i due regali: a colpo quasi sicuro, me la cavo in pochissimo tempo. Adesso, inizia l'escalation: l'altoparlante fa il primo annuncio, "il negozio è in chiusura ecc ecc". L'uomo piccolo "comincia" la sua ricerca di qualcosa di abbordabile. Secondo lui.
Passa in rassegna diversi oggetti dai prezzi (e dagli ingombri) improponibili: ma chi determina i prezzi dei giocattoli, a che tipo di reddito familiare fa riferimento?!?!
Io dirigo verso cose più semplici: macchinine di cars, singoli gormiti (i soliti, quelli della bustina), qualche playmobil tra quelli meno esosi. Un piccolo lego?

- NO! Voglio qualcosa che mi piace.
Primo cedimento in isteria: battere i piedi per terra.

- Anche le macchinine di cars le adori da sempre...
- No, OGGI non mi piacciono.
- Guarda qua!, questa non ce l'abbiamo nella NOSTRA collezione, non ti sembra bellina?
- E' possibile che devi sempre comprarmi qualcosa che NON (secondo annuncio del negozio in chiusura, avvicinarsi alle casse) mi piace?!
- Stanno chiudendo, scegli veloce, dobbiamo andarcene!

Isteria totale: si butta per terra, comincia a sbraitare, si gonfia e diventa rosso come un peperone (rischierà mica l'infarto?!). Intanto i commessi si girano, mi guardano in cagnesco, rispondo a tono.

Il finale è epico: il babbo cede solo a metà, l'uomo piccolo agguanta al volo la prima macchinina che gli capita a tiro sottolineando che gli fa schifo per poi dirigersi verso la cassa ed agguantare a tradimento anche un gormito (quelli della bustina, da due lire) e dichiara che gli fa schifo anche quello.

Così, schifati dal mondo e dalla vita, torniamo all'auto per rientrare a casa. Se aveste guardato dentro i finestrini come in un oblò di lavatrice, avreste visto l'uomo piccolo shakerarsi letteralmente come durante la centrifuga: si era tolto la cintura di sicurezza, aveva cominciato a scalciare come un ciuco, imbufalito per non aver raggiunto il suo risultato.
Per non averla avuta vinta.

Sinceramente, oltre ad avergli riaggangiato la cintura, non ho battuto ciglio. Il senso di colpa, noi babbi, non sappiamo nemmeno cosa sia.
Ma sappiamo dove trovarlo.

Prima di rientrare, infatti, passiamo al volo dal fornaio.
L'uomo piccolo entra in negozio malvolentieri: ha braccia conserte, il viso completamente rabbuiato e uno sguardo truce, truce, T-R-U-C-E.
E' tardissimo, il banco è ormai pressoché vuoto.
L'uomo piccolo si appoggia al vetro.
La fornaia chiede cosa desidero. Poi si accorge di lui.
Lo guarda, lo apostrofa "mamma mia, come siamo arrabbiati!", lo vorrebbe consolare: eccolo il senso di colpa, arte femminile, che comincia ad esaltarsi.
Si guarda attorno ma ormai bancone e scaffali languono: neanche una strisciolina di schiacciata all'olio.
"Oddio, come mi dispiace ma non c'è proprio più niente, cosa posso darti uomo piccolo"?
Io mi intrometto, vorrei il mio pane.
Ma lei è tutta concentrata sul bisogno di consolazione dell'uomo piccolo. Alla fine trova qualcosa, gliela porge. Lui è schifato, troppo schifato di come la mattina gli sia scappata via. Sdegnato, RIFIUTA la focaccia ripiena, si gira e se ne va. Inca**ato mortalmente. Pago e lo rincorro.

La fornaia è ancora lì che si fustiga, si autoflagella: il senso di colpa vi si appiccica addosso come pece, care signore. Anche quando nemmeno vi sarebbe toccato.
Noi due, invece, torniamo a casa. Senza nemmeno sapere se esista davvero, 'sto senso di... che?!

sabato 6 giugno 2009

Un'altra lettura...


Per buona parte del libro la New York raccontata somiglia ad un luna park in dismissione: le attrazioni che vengono smontate, le giostre ferme. Sembra persino di sentire una musica malinconica che si spande nell'aria tutt'attorno.
Per buona parte del libro la vicenda del protagonista (un matrimonio può andare a rotoli anche per "semplice" consunzione) somiglia anch'essa alla stessa cosa. Un uomo che viene smontato pezzo per pezzo. Poi mettersi in viaggio e andare a rimontare il tutto da un'altra parte. In un altro spiazzo.
Tutto si accende di luce un po' alla volta ma adesso non c'entra la città, c'entrano le persone e certe storie che vi sono dietro. Perché, come si dice a pagina 151 "Qualcosa da raccontare c'è sempre. Sempre". Del perché poi debbano arrivare sempre dagli States (anche se l'autore è irlandese di nascita, ed ha vissuto un po' in giro per il mondo, ormai è newyorkese da un decennio) le parole che ci raccontano la nostra storia, le nostre emozioni, il nostro comune sentire contemporaneo, non credo sia un mistero: la grande epica dei nostri giorni arriva da lì, in attesa di spostarsi, ormai a breve, e definitivamente, nel continente asiatico.
Insomma dicevo di questa luce che si accende all'improvviso grazie a Chuck Ramkissoon, strano personaggio che solo alla fine realizzeremo per la sua vera natura, utopico sognatore che vorrebbe far rinascere negli USA la passione epica appunto, "maggioritaria" la definisce lui, per il cricket. I suoi progetti "fantastic thinking" saranno la spina dorsale della rinascita di Hans, il protagonista dal matrimonio ormai crollato. E pur essendo New York, si respira sole e vegetazione tropicale perché in realtà, come ogni angolo di occidente, la differenza la fanno le persone che arrivano da oltre e che portano narrazioni diverse. Un po' mitiche, un po' dolorose, un po' sbruffone. Ma sbruffone solo ai nostri occhi di pigri guardatori miopi. Il finale del libro lo spiega benissimo!

martedì 2 giugno 2009

Mondo velina

Le veline sono lo sguardo della società italiana su se stessa. E non soltanto lo sguardo degli uomini: le prime ad essere maschiliste, oggi, sono le donne.
Dopo anni di propaganda televisiva e di connivenza giornalistica, siamo tornati ad un’epoca che precede qualsiasi emancipazione. Una fortissima ondata contro-femminista si è abbattuta su di noi, sui nostri comportamenti, sulle nostre percezioni sociali.
Così, quella "modernizzazione senza sviluppo" di cui parlava Pasolini e che descriveva alla perfezione il nostro piccolo capitalismo fatto perlopiù di loschi inetti e mediocri uomini, investe oggi anche i comportamenti di tutti: la coscienza civile della nostra società non si è sviluppata affatto, è anzi rimasta in bilico tra un vago senso di resistenza al peggio e il precipitare nella barbarie dei costumi. Nel consumismo materiale ed emozionale.
La questione dei modelli (e quindi dell’educazione che li individua e poi li crea) è assolutamente fondamentale: tutti noi ricordiamo Gianini Belotti, poi più recentemente Lipperini (coi loro libri sull’identità femminile) e infine possiamo sfogliare un libretto uscito da pochissimo, Appena ho 18 anni mi rifaccio, nel quale venti adolescenti raccontano in presa diretta il loro volersi rifare il corpo (naso, seni, mento, sedere, piedi) con l’unico scopo di piacere di più (il piacersi, lo star meglio con se stessi, è l’alibi coprente, quasi una connivenza).
L’instabilità emotiva dell’età adolescenziale diventa allora il campo di battaglia (con ferite vere, dolori atroci, cicatrici da nascondere) dove si fronteggiano le armate di un’artificiosa seduttività. Quasi sempre ragazze, le protagoniste di queste storie vere hanno come spinta principale quella di piacere ai maschi, loro unico punto di riferimento valoriale. A pagina 85, ad esempio, troviamo: "Stasera in discoteca (…) le mie amiche con le tette, i boys se li ritroveranno lì, a sbavare, appena entrate. Se non c’hai le tette, non sei una vera donna". Insomma, il modello-per-sé è esistere soltanto attraverso il compiacimento dei "boys". Non ci sono alternative.

Il peggio è che questi comportamenti ormai "deviati" non sono propri del disagio adolescenziale ma sono autorizzati, permessi, sostenuti (talvolta anche per se stessi) da genitori concupiscenti, da coloro che dovrebbero fornire modelli di riferimento, aiutare la "formazione" della coscienza, del carattere di questi figli. E che invece si sentono ancora più fragili e insicuri, parlano una sorta di "adolescentese", si vestono ridicolmente come ragazzetti, non crescono più.
Così gli educatori, siano essi familiari o professionali, spesso abdicano alla loro funzione di "guida" (nei comportamenti e soprattutto nella trasmissione dei valori cui far riferimento) e si trasformano in complici, vittime essi stessi del sistema. Conniventi totali.

La velina allora non è più nemmeno un prodotto mediatico, il risultato di alcuni stilemi corrotti del mondo dello spettacolo televisivo, no: la velina è l’identità quotidiana delle nostre ragazzine, delle nostre madri, dei nostri padri bavosetti.
Pronte a compiacere i maschi per elemosinare un po’ di potere, di bella vita mondana o, almeno, di visibilità narcisistica.
Ecco allora che entra in gioco l’altro modello: che tipo di uomo vogliamo?
Dev’essere quel maniaco sessuale che le cronache di questi anni ci restituiscono? Una sorta di stupratore morale, sempre pronto a far leva sul suo potere di maschio, sul carisma di uomo ricco e di successo (o presunto tale, nelle ormai innumerevoli fasullissime imitazioni) per estorcere quello che altrimenti non sarebbe possibile avere?

Perché, infine, il discorso regga davvero, finirei parlando di noi, di quelli che non si rassegnano (o almeno non dovrebbero) a vivere in un mondo siffatto, a educare le figlie secondo sessismi tanto indotti quanto accettati, dove cioè lo squallore è morale imperante e merce quotidiana.
Di noi che, forse senza volerlo e senza essersene resi conto, siamo rimasti a mollo in questo brodo maleodorante: perché qualcosa passa sempre, non foss’altro che per infusione.
Il solo fatto che si cerchi di ragionare, di trovare un senso alle liste elettorali riempite di persone che non sarebbero in grado di governare se stesse è già il sintomo del livello di assuefazione a cui siamo arrivati. Il fatto che questo stato di cose lo si renda plausibile ragionandoci intorno, ascoltando dichiarazioni agghiaccianti (riassumibili in "non importa se siano veline, l’importante è che siano intelligenti"), ci fa capire che ormai non ci si indigna più nemmeno di fronte alle prone cortigiane, alle spudorate concubine, nemmeno di fronte al cavallo di Caligola. Insomma, parliamo di brioche a coloro che vogliono capire quanto siamo caduti in basso. E, ancora più grave, proviamo a metterci sopra lo zucchero a velo…

Io credo che sia arrivato il momento di indignarsi davvero, di opporre un netto rifiuto a questo stato di cose, di dimostrare lo schifo che proviamo. Di porre la giusta distanza tra noi e "loro". Bisogna isolare questa gente e questo modo di essere e di vivere i rapporti tra uomini e donne, così come ce li hanno imposti in questi lunghi anni.
Ogni genitore, per il solo fatto di essere generazione successiva, per aver cioè assorbito storie e valori ed errori precedenti, ha in sé il surplus giusto di storia personale e collettiva che, in assenza di criticità, dovrebbe dargli la capacità di rendere i suoi figli persone almeno più evolute di quanto non sia stato lui. Questa catena di eredità successive che per secoli ha funzionato in modo lineare, sembra essere ora entrata in crisi, ostacolata da bisogni non nostri, da necessità indotte e non materiali.
Noi abbiamo il dovere di tornare ad evolvere, abbiamo il dovere di insegnare un mondo di relazioni differenti, modelli nuovi, valori reali. Educhiamoci ed educhiamo: le donne a non vedersi succubi di nessuno, gli uomini a non credersi superiori o più forti o più furbi. Carogne vincenti.
E, soprattutto, tiriamoci fuori da questa unità di misura basata sulla discriminazione sessista che è oggi al centro del nostro invecchiato, imbarbarito patto sociale. Ognuno si assuma le sue individuali singole responsabilità, col coraggio di portarle quotidianamente in giro per il mondo: se il femminismo è stato ripudiato dai nuovi barbari, uccidiamo il maschilista che è in tutti e in tutte noi.

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