lunedì 30 marzo 2009

Buona visione

In tutte 'ste vicende di blog, del mio e anche di quelli che frequento, parentali, mi pare d'aver capito che succede spesso, raccontando ognuno i propri bambini, di voler dare un senso, una sorta di interpretazione, qualche volta persino lasciamo intendere una qualche "morale della favola".
Ieri siamo stati a vedere Ponyo sulla scogliera, lo splendido fantasmagorico film di Miyazaki ed è successa una cosa che non era mai capitata davanti ad un film. Eh sì che ne abbiamo visti parecchi, fino ad oggi.
Certo, Ponyo è un cartone abbastanza complesso, soprattutto per un uomo piccolo di cinque anni e mezzo, fatto sta che il primo quarto d'ora è stato un fuoco di fila continuo di domande e richieste su tutto ciò che accadeva sullo schermo: spiegazioni, dubbi, timori e tremori, "che succede?". Un quarto d'ora così intenso non ci era proprio mai capitato...
Ho fatto quel che potevo.
Man mano che la vicenda avanzava si sono messi più tranquilli, in serena adorazione di un film visivamente strabordante. Poi però la girandola di emozioni è continuata: la vicenda di un pesciolino che vuol diventare bambino in carne ed ossa sprigiona l'empatia di chiunque, anche degli adulti.
Insomma, al clou di una scena determinante, nel silenzio assoluto della sala, l'uomo piccolo non regge e grida "Ponyo, svegliati!!!": da quel risveglio sarebbe dipesa la sua trasformazione definitiva e lui proprio non ce l'ha fatta ad attendere quei due secondi in più, necessari a che il "miracolo" del risveglio si compisse da sé, senza stimolazioni sonore dalla platea.
Il gran finale è stato tutto appannaggio della donna grande: cuore tenerissimo non ha retto ed ha cominciato a piangere disperata già nel sottofinale per poi placarsi un po' e crollare definitivamente sui titoli di coda. Grande empatia, grandi sentimenti di immedesimazione, grandi singhiozzi.
Ecco, di sicuro il mio racconto è un po' banale; di sicuro ieri, mentre tutto accadeva, mi rendevo conto di star vivendo un gran dono: ciò che proviamo, nel profondo ci appartiene. Ciò che proviamo è lecito e giusto. Sempre.

Orgoglio e dignità

La cerimonia in Palazzo Vecchio si è conclusa da poco.

Alle 12.42 Beppino Englaro ha ricevuto la cittadinanza onoraria di Firenze.

Finalmente, un buon lunedì.

venerdì 27 marzo 2009

Venezia è un imbroglio

Di sera, tra i fumi del sonno, con le palpebre che stanno per crollare sui cardini, insomma accocolato addosso a me accade che l'uomo piccolo confessi i suoi sentimenti: "babbo, sono felice che andiamo a Venezia".

Di mattina, nell'eccitazione dei saluti alla materna, con la luce che ti strizza gli occhi, le battute amichevoli e simpatiche tra genitori come ad augurarsi una buona giornata, qualcuno ti da anche qualche dritta: "certo, attenzione a Piazza San Marco, il giorno di pasqua rischiate di ritrovavi da soli". Sghignazzava, pure.

E la gondola costa.

mercoledì 25 marzo 2009

Due (punto) zero

Mi pare di vedere, negli ultimi tempi, bazzicando... ehm... la blogosfera (ooohh, mò l'ho detto), tutto un gran parlare di 'sto web 2.0. E il marketing ora è diventato 2.0 pure quello (che, già non ci bastava il primo?!), il mondo intero è 2.0. Tutto 2.0.

Che vorrà di'?

Tento una interpretazione secondo parametri miei. Avendo a disposizione due pargoli, il problema è l'igiene. Intima. Ecco allora i miei skills.
La donna grande, alla sua veneranda età, qualche volta riesce a fare da sola. Qualche altra no e allora interviene desian: che da quando la profe s'è incriccata (ricordate?), la schiena non la assiste più come dovrebbe e l'esperto è diventato lui. Ma volontariamente, eh.

Premessa. Per comodità di manovra, il luogo va attrezzato così: panchetto di plastica all'altezza giusta (noi abbiamo optato per un oggetto ikea, più che altro perché la profe conosce a memoria tutto il catalogo e quindi era il minimo - se non ci credete, chiamatela al telefono alle tre del mattino e chiedetele a bruciapelo notizie su ivar: sarà in grado di recitarvi senza esitazioni tutte le misure e i prezzi, ivati e non, di ogni singolo componente); sopra al panchetto posizionate del sapone liquido con dispenser: dovendo usare una sola mano (ricordatevi che con l'altra state tenendo il pargolo, se mollate la presa va giù, sul pavimento) sarà l'unico modo per ottenere il prezioso detergente. Sia chiaro, l'asciugamano deve essere a pochi millimetri da lì, se non volete sgocciolare dappertutto.

Torniamo a noi.

L'uomo piccolo è piccolo e qualche difficoltà ce l'ha ancora. Non che si tiri indietro, lui il suo dovere lo fa, seduto sulla tavoletta. Poi, quando ha finito, immancabilmente chiama: "babboooo, ho finito! Mi lavi il culettoooo?". Certo, perché no? Ché tanto se non io, chi?
Solo che lui, l'uomo piccolo, spesso dimentica qualche passaggio. Tu arrivi, sovrappensiero, ti chini per aprire l'acqua. La tecnica è: prima la calda, aspettare che vada in temperatura poi, in base a quanto è calda, miscelare con la fredda. Evitiamo ustioni.
Lo abbranchi, lo metti sotto l'acqua e inizi l'abluzione ma... ops, lui aveva dimenticato proprio quel passaggio, bleah. Vabbè, è di pargolo, è santa.

Insomma, per me, il risultato di 2.0 è quello del bidet...
Non ho ancora capito a favore di chi.

martedì 24 marzo 2009

Memoria

E' oggi il 65° anniversario dell'eccidio della Fosse Ardeatine, una ferita aperta nella coscienza civile di tutti noi e enorme nella storia di Roma.
A celebrare la giornata, sul luogo dell'eccidio, saranno i Presidenti del Senato e della Camera, come vuole la tradizione istituzionale.
Da un lato quindi Renato Schifani, spero abbiate presente la sua fulgida carriera professionale e politica, dall'altro Gianfranco Fini, l'uomo politico che l'altro ieri, sciogliendo il suo partito nell'olio di ricino berlusconiano, ha tirato fuori nientedimeno che il fantasma di Giorgio Almirante. Oggi questi uomini parleranno sulle tombe delle vittime del nazi-fascismo.
Ci aspettiamo parole grosse.
Allegri, noi e i nostri figli viviamo esattamente qui.

lunedì 23 marzo 2009

Cosa ci insegnano le donne

Sono superficiali, onnidimensionali, disordinatissime, rompiscatole e materialiste.
Parlano troppo e non ci ascoltano mai.
Rinunciano a molte delle cose che avrebbero piacere a fare, così almeno ci sembra, sommerse dai sensi di colpa.
Sono ondivaghe, creative, sognatrici, per loro il "punto" è soltanto un lungo viaggio di avvicinamento. Di tutto ciò sanno rammaricarsi come nessun altro.
Sono le donne, creature misteriose almeno quanto gli uomini.
Esseri insopportabili di cui non si può fare a meno.

Dopo anni di conversazioni con gli amici sposati e no, desian si è convinto che nella convivenza tra uomini e donne c’è qualcosa che non va.

I mariti sono tutti mediamente isterici, e piuttosto rancorosi.
La casa è come una prigione, alla quale farebbero di tutto per non tornare.
Anche lo straordinario in ufficio.
Il fatto è che avevano sposato splendide ragazze piene di voglie.
E ora dividono il letto con maestrine agguerrite pronte a bacchettarli sulle mani e sui piedi a ogni piccolo movimento.
E che, come se non bastasse, hanno sempre mal di testa.
Meglio i figli, allora, che in confronto sono molto più maturi. E il mal di testa non sanno nemmeno cosa sia.

Le mogli, incredule, si sentono sotto esame.
Si chiedono perché, malgrado la loro buona volontà, qualunque cosa facciano venga criticata (“il minestrone non era un granché”, “fattelo da solo, se sei capace!”).
La casa è come l’antro della strega, ti conviene camminare rasente i muri per non far notare chi sei.
O rimanere in ufficio.
Il fatto è che avevano sposato dei ragazzoni aitanti, pieni di prospettive.
E ora dividono il bagno con ectoplasmi mollicci, completamente fuori allenamento.
Che spesso hanno rigurgiti di adolescenza inquieta e anima brufolosa.

Insomma la vita a due è un tunnel, un imbuto, una strada a senso unico di paure e recriminazioni.
Però così non se ne esce.
Ci vuole a tutti i costi una corsia di emergenza.

desian ci ha pensato, e ha deciso di adottare la tattica “se non puoi combatterla fattela amica”.
Ha preso un po’ di donne a caso, le ha osservate, analizzate, catalogate e taggate: il marketing è proprio una brutta bestia. Con qualcuna ci ha anche parlato. Poco, fanno già tutto loro.
Poi ha definito alcune strategie femminili che farebbero bene anche a noi uomini, se solo riuscissimo a metterle in pratica.

Strategia numero 1 Il corso di yoga

Il corso di yoga non è indispensabile.
Si può anche saltare: inutile affrontare il sole di mezzogiorno in un giorno d’estate o la neve di gennaio, l’influenza in arrivo o la distorsione del mignolo. Tanto poi il corso di yoga si fa al chiuso. E il mignolo non si usa, al massimo lo si visualizza.
Comunque, se nessuna emergenza si presenta a salvarle, hanno sempre la borsa pronta in macchina, ancora meglio, si evita di disfarla, tanto a yoga la roba comunque neanche si risporca.
Non esistono schiamazzi del capoufficio (è lei!), isterie della suocera, lamentele di mariti e fidanzati abbastanza potenti da far desistere una donna dalla volontà di rinunciare al suo corso di yoga (o di feldenkrais, o di spinning, danza del ventre, uscita con le amiche, laboratorio di scrittura, o serata mamme blogger…).
Ché poi magari stasera hanno quel po' di mal di testa. E non hanno nemmeno il moment dietro.

Alzi la mano chi tra gli uomini almeno una volta non ha imprecato contro la rinuncia al corso di yoga (o di feldenkrais…) ovvero all'idea di una serata tranquilla andata in fumo.
Alzi la mano chi non ha detto “e invece io, la mia partita di calcetto (o di tennis, o birra con gli amici, o concerto col gruppo, o biliardo, o maratona, o scudetto…) non l'ho mai saltata; perché accidenti tu riesci a saltarne due su tre? Che stasera c'era un bel film, in tv!". Totti attore protagonista.
Invece di imprecare prendiamo esempio. Se il loro impegno non è indispensabile, si può anche saltare. Ma non così tanto spesso.
Che lo facciano un po' sul serio, e senza scuse.

Strategia n 2 Sono impegnata

“lo so che vuoi parlarmi della Maratona delle Dolomiti ma adesso sono impegnata”.
“la randonnée in bicicletta? Sono impegnata”.
“falla po'o lunga sono impegnata”.
Una donna impegnata lavora, pensa alla cena, telefona al pediatra, manda un sms a tutte le mamme per organizzare una festa, e risponde ai suoi figli. Quante soddisfazioni.
Un uomo impegnato è un uomo concentrato su una sola cosa, meschino!, una soltanto.
Ma almeno una volta ogni tanto ruggire un “sono impegnato” mentre si è concentrati su quell'unica cosa da più di un mese aiuta a finirla entro il mese successivo.
È garantito.

Strategia n.3 La cuoca ributtante

“Cosa cucino oggi?” è l’incubo annuale del padre cuciniere.
Il cosa cucino è un quesito esistenziale, che ha a che fare con la salute, l’economia, l’ambiente, la gestione dei conflitti (“no babbo, il minestrone no, lascia perdere non è per te”). Del povero malcapitato.
Ha la stessa dignità di una opzione politica (anzi di questi tempi anche di più). E in più deve restare memorabile, da calendario: e con questa, per quest'anno, uff!, ho già dato.
La donna media invece non si cura del cibo (lo maneggia ogni giorno), nessuno le ha insegnato a cucinare (“non lo so fare io il polpo alla luciana, oh”), salvo sedersi a tavola e sperare che quello che lui ha preparato (vedi sopra) non le abbia distrutto la cucina. Nemmen graffiato il frigo.
In quanto ai bambini… Ma perché, non mangiano quello che mangiamo noi? Ah no?!
Il consiglio è uno solo, imparate da loro. Fate anche voi uno sciopero dei fornelli (magari proprio quel giorno lì) e chi s’è visto s’è visto. L'anno passerà ugualmente veloce.


Strategia n.4 Io non leggo la lista

Le mandate a comprare la verza e, oltre quella, tornano a casa con tonnellate di finocchi (“erano in offerta”), gli chiedete otto-vasetti-otto di crème caramel e tornano con due vasettini di yogurth magro bulgaro (“a me non è mai piaciuto”, “devi soffrì”).
Non sono imbranate, ma è la tecnica del “perché perder tempo a leggere la lista, so io di cosa c'è bisogno in casa”.
E’ una tecnica infallibile, che scoraggia l’avversario a colpi di imprese mal riuscite: l'ajax pavimenti l'avevate già comprato voi, ieri; lei ne porta a casa il terzo flacone (eh sì, il vostro era comunque il secondo...).
Si può usare a casa, ma anche sul lavoro, in condominio e alle riunioni dei genitori.
Alla fine nessuno vi chiede più niente.
desian è diventato un esperto nel settore: sono decenni che la spesa la fa lui (per conferma, chiedete pure).
A casa, così, rigida divisione dei compiti.
Ma bisogna essere disposti a riscrivere la lista decine di volte prima che si decidano a leggerla. Magari provate con l'inglese. Corn flakes è già tradotto.


Strategia n 5 Basta che non si muova

Voi vi fate tremila complessi sul peso ideale e i pettorali (ecchi l'ha mai visti?!) e loro neanche vi guardano.
Voi passereste ore a calcetto (tennis, maratona...) per essere tonici e reattivi e loro vi fanno notare la panci(ett)a.
Voi parlate dei vostri desideri più nascosti e loro hanno il mal di testa (ce l'avevano da stamattina ma non hanno detto nulla per non rovinarvi la serata – sic!).
Qui c’è poco da fare.
Imitatele.
La vita è breve e chi s’è visto s’è visto: giratevi dall'altra parte anche voi, pensate al telaio in fibra di carbonio che domattina v'aspetta.
Per il grande amore, lo spirito romantico, l’unione dei corpi e delle menti c’è sempre tempo, dopo.
Intanto pensate a divertirvi. E non crediate di farlo davvero.



Naturalmente non posso che ringraziare la mitica Piattina: questo suo post resta fantastico, uno dei più divertenti che abbia letto, e il gioco di specchi, lo scherzo, il divertissement in cui mi sono immeritatamente prodigato è in pratica opera sua. Spero non me ne voglia...
Dal canto mio, amando i giochi con le parole, non ho fatto altro che ribaltare qualche punto di vista, mettere in corto circuito alcuni significati, rovesciato situazioni e "luoghi comuni": mi sono divertito molto. Mi perdonerete, se è il caso.
Poi, se a legger bene i rispecchiamenti della realtà, se a guardar con attenzione e fantasia nel profondo delle righe scherzose si dovesse notare qualche minuscola verità affiorare, ne sarei doppiamente sorpreso e divertito.
Insomma, smitizzare rovesciando.
Su una cosa però sono totalmente d'accordo: la vita a due è un tunnel, un imbuto, una strada a senso unico di paure e recriminazioni. Mi annoierei da morire, senza.
Ché il calcetto non è affatto, ma affatto, la stessa cosa.

sabato 21 marzo 2009

Orgoglio paterno?

Qualche anno fa, quando i pargoli erano ancora piuttosto piccoli, ebbi chiaramente visione di quale sarebbe stato il mio ruolo paterno. Nessun testo sacro avrebbe potuto descriverlo meglio, nessun'altra esperienza avrebbe sedimentato altrettanto efficace insegnamento.

Ero uscito senza la profe. L'uomo piccolo era debitamente carenato nel suo passeggino, la donna grande (che all'epoca trotterellava ancora con fatica) sistemata sulla sua pedanina con ruote agganciata al passeggino medesimo.
Trovandomi su un marciapiede, mi veniva incontro una vecchina sottile, piccina e un po' ricurva che pure era morbidamente avvolta in una sontuosa pelliccia - era inverno.

La dolce signora mi guardò, abbracciò con una rapida occhiata il quadro d'insieme ed ebbe come un sussulto, quasi dovesse restare su un piede solo; sul suo viso mi era sembrata passare un'ombra: io lo interpretai come un'incertezza sul chi dovesse passare per primo, nella strettoia dovuta al solito specchio retrovisore.

Invece lei si riprese immediatamente, cambiò marcia e allungò il passo, marziale, senza alcuna remora. Mi inchiodò sul posto, come un ciclista spompato, ad attendere che passasse oltre.
Quando fu alla mia altezza, il suo commento (che son sicuro fece di proposito a voce sufficientemente alta... e laconica) mi colpì come una scudisciata: "Pover'uomo!".

Scuoteva anche leggermente la testa...

giovedì 19 marzo 2009

Senso

Quando stasera sono arrivato a casa, la donna grande mi si è buttata al collo, sbaciucchiandomi tutto, e mi ha messo sotto gli occhi questo. Il mio leggendario senso dell'umorismo non ha potuto far altro che gongolare: in effetti la raffigurazione è decisamente buffa (avete notato i calzoni?) ma affettuosissima.
Dopo una manciata di secondi (i tempi di reazione non sono propriamente gli stessi), si è presentato l'uomo piccolo che non ce la fa ancora a sbaciucchiarmi ma, molto sobriamente, mi ha spiegato, con assoluta completezza di dettagli, l'intera fase realizzativa di quest'altro...
E qui il senso del ridicolo non ce l'ha fatta a tenermi in piedi: mentre stramazzavo al suolo ho pensato "non so se ti parlo più, uomo piccolo".

martedì 17 marzo 2009

Gran Torino

Sull'immagine finale e titoli di coda, una marina con un faro bianco all'orizzonte, la sala è rimasta pietrificata.
Non si sentiva nemmeno respirare.
Nessuno che si muovesse dalla sua poltrona.
Per cinque minuti buoni. Incredibile il silenzio.

La domanda è: ma dove diavolo ha imparato a fare il cinema, Clint Eastwood?

martedì 10 marzo 2009

Viaggi/o

Certo, è un po' così: se da quelle parti sei nato, se vivi lontano da ormai quasi dieci anni, se hai lentamente e faticosamente recuperato il senso delle tue radici, beh questo libretto ti stende.
Inoltre, non avendo mai letto prima Ferracuti ho anche scoperto un autore, oltre che un fantastico raccontatore di questo mondo, piccolo ed antico e appartato: ché è sempre magico trovare qualcuno che riesce a mettere ordine nei tuoi stessi sentimenti rispetto alla terra dove sei nato e lungamente vissuto.
E quei sentimenti prendono persino un senso diverso e più completo, se li vedi spaginati così bene sotto i tuoi occhi, se leggi cose che, ti rendi conto adesso, avresti potuto dire tu e ti nutri di emozioni scritte (e raccontate) che sono le tue. Un fantasmagorico gioco di specchi dove il riflesso non sei tu ma la tua anima, la tua esistenza nel luogo.

Insomma, mi ha stracciato il cor.

Consigliabile moltissimo anche a chi quelle terre non le conosce affatto e vorrebbe avere un approccio, un primo contatto, una pennellata piena: addirittura, come sempre nei libretti di questa serie, ottimi consigli per itinerari (mica turismo) da seguire e molte curiosità da togliersi anche per chi (credeva!) le conosceva già, le terre picene. Plurali. Lucenti.
E sibilline.

sabato 7 marzo 2009

Paure felici

Sarà che ho letto questo. Poi sono risalito, a ritroso, fino qui.
Allora ho cominciato a pensare, soprattutto ai miei ricordi di bambino. A come è stata la mia educazione, a quali paure avevo, a come affrontavo la vita quotidiana.
I miei genitori, all'epoca, non erano certo così preparati al compito come invece vogliamo e sappiamo (?) esserlo noi oggi: per loro era una sorta di assoluto naturale, così era stato prima di loro, avrebbero fatto altrettanto. Si ponevano poche domande, altrettanto meno dubbi e quando non c'erano risposte, si saltava la questione a pie' pari: le cose, al massimo, si risolveranno da sé.
I pochi progressi arrivavano dall'evoluzione sociale: l'assistenza pediatrica finalmente di massa, la "maternità" (come la chiamava mia madre) ossia il consultorio pediatrico pubblico che per me era il posto un po' magico dove lei mi portava ad essere pesato, misurato, ecc. Era per me una specie di giorno di festa, andare dalla dottoressa.
Tornando al piano personale, tutto questo ha voluto dire un'infanzia molto leggera, spensierata, felice come può esserla quella di un bambino (e di altri tre fratelli) in una famiglia semplice che ruota completamente, senza pause, intorno alle necessità primarie. Intorno a risposte elementari a domande altrettanto semplici. Che son forse le più complicate, da interpretare.
Le mie paure, la guerra (i racconti di mio padre sfollato) oppure il terremoto (le immagini televisive del Friuli), erano tutte esterne, venivano da un altrove che mi sfuggiva e che non potevo certo controllare. In casa, invece, mi insegnavano una sorta di fiducia nel mondo che era una fiducia di futuro: la consapevolezza che sarebbe soltanto potuto andar meglio di come eravamo allora. Nemmeno fossero anni facili: la crisi petrolifera, la lotta armata in tv a pranzo e cena, il denaro senza più alcun valore ossia i miniassegni, ecc.
Eppure.
Mai sono uscito di casa avendo paura che potesse accadermi qualcosa di "male", la raccomandazione massima era persino puerile: attenzione agli sconosciuti, mai neppure una caramella da persone che non conosci. Tanto che nell'anedottica familiare è rimasta storica la vicenda "della caramella": con mio padre eravamo passati a salutare, come spesso accadeva, il macellaio, suo amico di gioventù, che avevo quindi visto decine di volte. Quando questi mi offre una caramella, mi irrigidisco: non avevo mai parlato con lui, non era "mio" amico, ergo non lo conoscevo. Insomma rimango impalato: un vero baccalà o un bambino iper ligio alle direttive (mai caramelle dagli sconosciuti), fate voi.
Mio padre, naturalmente scoppia a ridere: ma certo, quella caramella potevo accettarla.
Questo per dire che la fortuna qualche volta gioca anche quella e, in questo caso, ha giocato bene: non ho mai tentato di sfondare il muro del suono da neo patentato, non ho avuto pulsioni autodistruttive adolescenziali, raccontavo in casa tutto quello che mi accadeva fuori. Insomma, una vera noia di figlio...
E mi resta questa impressione, che non è chiaramente una regola educativa, lo so: quella di aver avuto tutto lo spazio dei miei anni, di non aver subìto imposizioni incomprensibili, che le limitazioni erano sufficientemente elastiche per non soffocare, che malgrado tutto il mondo fuori, come detto, sarebbe stato possibile. Vivibile e tutt'altro che ostile.
Vivendo, vivendo, si arriva all'oggi, al mondo che abbiamo e ai figli che stiamo crescendo. Ma questa, almeno stasera, è un'altra storia...

venerdì 6 marzo 2009

Giorni

Giorni di pensieri in testa, di domande che rimbalzano, di idee che fanno capolino.
Giorni di "qui" e "là". Giorni di scarti improvvisi, di parole che non si compongono. Giorni di sentimenti.

Quando è capitato che quell'uomo assolutamente singolare, un po' tra le nuvole di una vita vissuta all'ombra di tante confortevoli ombre, è diventato padre?

Giorni di scrosci in cui le nuvole, viste dal vetro, sembrano tanto vicine che le puoi quasi toccare. Giorni di pioggia e pioggia e pioggia. E sole. Poco. Giorni di notizie.

Dov'era questa identità recuperata, sembra quasi all'improvviso, e invece è figlia di tanta fatica di capire ciò che sta capitando? E che è capitato?

Giorni di attesa felpata, di rumori senza passi, di respiri senza soffi. Giorni di silenzi potenti, che fanno tantissimo rumore. Giorni di giorni che avremo, che meglio sapremo affrontare. Giorni di calma.

Che trottola è questa che ci sfianca, che di corsa ci spinge, che ciecamente ci conduce?

Giorni di parole, che salgono su come una strada di monte. Giorni di noi, che ancora. Giorni di giorni.
Di giorni.

mercoledì 4 marzo 2009

Notizie

Ieri sera, mentre rientravo a casa, ho incontrato per via il complice... oopps volevo dire l'amico del cuore dell'uomo piccolo. Ho notato immediatamente che ha cominciato a guardarmi con occhi spalancati: un misto di incredulità e ammirazione. Restava così, in silenzio, mentre conversavo con sua madre.
A un certo punto, come risvegliatosi da un torpore, è partito sparato: "Ma è vero che tu hai una motocicletta che si trasforma in un sottomarino-robot?!?!".
Io, naturalmente, ho confermato spudoratamente. Perché, avreste voi avuto il coraggio di deludere tanta riposta fiducia?

Qui, qualcuno mette in giro delle strane notizie...


P.S.: sarà mica stato influenzato dal fatto che, in questi giorni, la donna grande sta leggendo 20.000 Leghe sotto i mari?

lunedì 2 marzo 2009

Rieducational channel

Stasera l'uomo piccolo è arrivato:
- Mamma, mamma, certo che voi femmine vi disperate subito se si rompe qualcosa: Oh no si è rotto questo! Oh no si è rotto quello!!! Noi maschi, invece, ci disperiamo di meno.

Non avendo piacere a tenere un maschilista in casa, iniziamo subito la terapia riabilitativa...

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