Lasciatemi partire da Jannacci.
La canzone dovremmo ricordarla in tanti, questa, il ritornello è famosissimo. E dice:
La televisiun la g'ha na forsa de leun
la televisiun la g'ha paura de nisun
la televisiun la t'endormenta cume un cuiun.
Di "Videocracy" ricorderò il ragazzo Riccardo che parla schifato del suo lavoro da metalmeccanico: cosa dico a una ragazza se ci esco insieme? Che lavoro al tornio e ho le mani sudicie tutto il tempo? Lei mi risponde "beh, allora, ciao".
Ecco, questa è l'icona che mi porterò dietro dalla visione del film: come sia stato possibile, in pochissimi decenni di televisione commerciale, porre fine alla identità delle persone. Una forma di annichilimento di qualsiasi dignità: mi torna in mente l'immagine di un operaio Opel che aveva scritto sulla sua maglietta Wir sind Opel, Noi siamo Opel.
Ancora pochi anni fa il lavoro era una fonte di fatica e pesantezza del vivere ma anche di grossa dignità, di proprio ruolo nella società.
Questa televisione populista e becera narra di una società e di persone senza più neanche la dignità del lavoro che fanno. Se non sei velina o personaggio televisivo, non sei nessuno.
Così, la nostra emancipazione dal lavoro come identità ci ha anche tolto la dignità di quello che facciamo e di ciò che siamo.
La mia indignazione, per quel che vale, non va ai personaggi dichiaratamente squallidi che ci stanno attorno e che il film di Gandini indaga. La mia indignazione è per quello che siamo diventati, per lo specchio che la tv ci restituisce: un pozzo oscuro senza alcun fondo, dove anche le cose meritevoli annegano dentro tutto il resto. Che società siamo diventati, che persone siamo per esserci ridotti così?
Perché in sala accade anche che, quando Corona spiega di essere un moderno Robin Hood che ruba ai ricchi per mettersi in tasca tutto lui, la platea prima ride e poi, quasi, applaude. Perché ormai, anche di fronte all'orrore, ci scappa un applauso invece che una salva di fischi. Invece che una sanissima e civile indignazione.
Tornando a Jannacci, la canzone prosegue poi con un verso che dice
Quelli che Mussolini è dentro di noi oh yeah...
e nel documentario c'è anche Lele Mora col suo telefonino e le suonerie nazifasciste. Così sappiamo qualcosa di ancora più preciso...
Insomma credo sinceramente che la deriva fascistoide di una società come la nostra sia già avanti da un pezzo. Non siamo sull'orlo, siamo già dentro. Siamo immersi fino al collo.
"Videocracy" lo racconta semplicemente. Lo denuncia, se solo fosse possibile, se non avessimo già dovuto farlo noi, cittadini non assuefatti.
Il problema è anche che, come ricorda una didascalia alla fine del documentario di Erik Gandini, l'80% dei cittadini italiani hanno come loro unica fonte di informazione la televisione.
Noi altri, ammesso che si possa parlare di un qualche noi, siamo una vera minoranza. Neanche troppo silenziosa, forse, ma volete mettere il peso che possiamo avere?!
Ridicolo.
E allora, forse, buonanotte: il buio sarà lungo, ancora.
La televisione ha dato una grossa mano ad anestetizzare molti di noi, ma non credo sia la causa di tutti i mali. Penso, purtroppo, l'idea che "il lavoro nobiliti" e che l'istruzione sia uno strumento di arricchimento personale, prima che di elevazione sociale, si fosse persa da un pezzo, e che alcuni "modelli" (anche in senso letterale) che ci sono stati proposti ieri e oggi in tv abbiano drammaticamente trovato un humus fertile nel vuoto di idee sviluppatosi negli ultimi tre o quattro decenni.
RispondiEliminaSull'informazione, già vent'anni fa la gente cominciava a leggere meno libri e giornali, certi vuoti vengono sempre riempiti...
Non voglio mettere al bando la TV, perché non ne posso nascondere i pregi pur ammettendone i difetti, anche perché la rapida divulgazione di nuovi modelli o esperienze (anche nella speranza di un nuovo intento educativo), a tutti i livelli sociali, può avvenire oggi solo tramite la TV. Però una cosa mi ha colpito, ho avuto modo anche io di percepire che, per molti, un lavoro "dignitoso" è un lavoro umiliante e che solo se sei dentro alla TV puoi dire che conti qualcosa. E le mie orecchie hanno sentito anche questa frase: "Non voglio finire come i miei genitori a stare in ufficio per tutta la vita" !!!
RispondiEliminaMio padre ha 73 anni, e' in pensione. Fondamentalmente di sinistra anche se non attivista. Ha lavorato come statale per anni, ma di quelli che lavoravano davvero, con straordinari non pagati, quelli che mandavano a fanculo in faccia l'assessore se gli chiedeva di fare magagne 'perche' io sono onesto non mi fa paura nessuno, non mi piego a niente'. Quelli che davano del tu anche ai funzionari alti 'perche' siamo tutti uguali qua'. Beh, hai capito il tipo. Parlavamo quest'estate quando sono andata giu', soliti discorsi, l'italia il governo etc. Mi dice 'beh, almeno questi qui stanno facendo qualcosa'. Allora ho capito fino in fondo quanto il lavaggio del cervello sia andato lontano.
RispondiEliminaMeno male che a Settembre si può ancora uscire fuori...
RispondiEliminaVideocracy è un film parecchio osteggiato speriamo riesca a creare qualche critico "noi"
Banalmente: come essere umani ci nutriamo di cibo, ma anche di immagini, di parole, di emozioni. La televisione è tutto questo amplificato. Per questo è cosi' potente. Quando dieci anni fa abbiamo scelto di non averla in casa, l'abbiamo fatto solo per non essere derubati del poco tempo prezioso che avevamo per stare insieme, come coppia e poi come famiglia. A volte sembriamo dei disadattati, perchè molte conversazioni si basano sui programmi televisivi e ce ne autoescludiamo, pero' fu una scelta felice. Tra gli strumenti di comunicazione è il piu' passivo, e passivi ci fa diventare. Il problema è: come uscire da questo buio collettivo?
RispondiElimina@do minore: certo, tutti i vuoti vengono riempiti, vecchia regola che conosciamo... Quando però il vuoto viene coltivato, incentivato con cognizione si arriva al deserto e riempire il deserto non è facile. Gli spazi diventano enormi ed incontrollabili, l'orizzonte diventa sempre più distante e tremola come un miraggio. Certo, la televisione in sé non è il "male" assoluto (io comunque non la considero così importante) ma per come l'abbiamo vista realizzarsi nel nostro Paese negli ultimi trent'anni almeno, c'è solo da averne paura e rifiutarla. Penso anche che ormai la paura non sia nemmeno più sufficiente. Il deserto è già vasto...
RispondiElimina@mamma che fatica: non sono così convinto dei pregi educativi della tv, non solo quella italiana ma in generale, perché essendo un media "passivo" non incentiva ma mette in condizione di subire, poi può essere fatta meglio o peggio. La nostra è "parecchio peggio"...
RispondiElimina@supermambanana: certo, ho capito il tipo: ammirevole è il minimo che si possa dire. Poi però decenni di propaganda populista farebbero cambiare idea anche al più integerrimo dei caratteri e quello è il vero dramma. Purtroppo.
@giardigno: sì, Videocracy va visto e va fatto vedere. Magari dice anche cose che sapevamo già (almeno a me ha fatto quest'effetto) però le dice "bene", mettendole in fila come un racconto compiuto e rendendo ancora più evidenti certe connessioni terrificanti che ci sono e spesso riescono a nasconderci.
RispondiElimina@laura ddd: cogli molto bene un aspetto: la nostra tv oggi ci ruba il tempo. Pochissime sono le cose degne da vedere (certo, lo so che ci sono) ma il tempo che si recupera NON vedendola è tanto e può essere utilizzato molto meglio. Inoltre è iper-ecologico per la mente.
RispondiEliminaIl lavoro per me ha sempre rappresentato qualcosa di importante, la linea che demarcava l'essere ancora piccolo dalla persona ormai matura perchè lavorava e fa niente se lavorava a 18 anni e faceva il benzinaio, io, quando ho conosciuto quello che ora è mio marito, ho pensato che fosse davvero molto più grande di me, nonostante ci separassero solo 3 anni, proprio perchè lui già lavorava da 2 e questo gli ha dato più fascino ai miei occhi.
RispondiEliminaNon credo che ora una ragazzina di 15 anni si faccia ammaliare da un ragazzo di 18 che fa il benzinaio e ha le mani sporche, ma dentro è pulito, molto più dei palestrati depilati di adesso.
Sì, è davvero triste che il lavoro vero oggi sia così poco considerato, in primo luogo dalle istituzioni che si sono inventati il precariato a tempo indeterminato.
Scusa la lungaggine.