sabato 7 marzo 2009

Paure felici

Sarà che ho letto questo. Poi sono risalito, a ritroso, fino qui.
Allora ho cominciato a pensare, soprattutto ai miei ricordi di bambino. A come è stata la mia educazione, a quali paure avevo, a come affrontavo la vita quotidiana.
I miei genitori, all'epoca, non erano certo così preparati al compito come invece vogliamo e sappiamo (?) esserlo noi oggi: per loro era una sorta di assoluto naturale, così era stato prima di loro, avrebbero fatto altrettanto. Si ponevano poche domande, altrettanto meno dubbi e quando non c'erano risposte, si saltava la questione a pie' pari: le cose, al massimo, si risolveranno da sé.
I pochi progressi arrivavano dall'evoluzione sociale: l'assistenza pediatrica finalmente di massa, la "maternità" (come la chiamava mia madre) ossia il consultorio pediatrico pubblico che per me era il posto un po' magico dove lei mi portava ad essere pesato, misurato, ecc. Era per me una specie di giorno di festa, andare dalla dottoressa.
Tornando al piano personale, tutto questo ha voluto dire un'infanzia molto leggera, spensierata, felice come può esserla quella di un bambino (e di altri tre fratelli) in una famiglia semplice che ruota completamente, senza pause, intorno alle necessità primarie. Intorno a risposte elementari a domande altrettanto semplici. Che son forse le più complicate, da interpretare.
Le mie paure, la guerra (i racconti di mio padre sfollato) oppure il terremoto (le immagini televisive del Friuli), erano tutte esterne, venivano da un altrove che mi sfuggiva e che non potevo certo controllare. In casa, invece, mi insegnavano una sorta di fiducia nel mondo che era una fiducia di futuro: la consapevolezza che sarebbe soltanto potuto andar meglio di come eravamo allora. Nemmeno fossero anni facili: la crisi petrolifera, la lotta armata in tv a pranzo e cena, il denaro senza più alcun valore ossia i miniassegni, ecc.
Eppure.
Mai sono uscito di casa avendo paura che potesse accadermi qualcosa di "male", la raccomandazione massima era persino puerile: attenzione agli sconosciuti, mai neppure una caramella da persone che non conosci. Tanto che nell'anedottica familiare è rimasta storica la vicenda "della caramella": con mio padre eravamo passati a salutare, come spesso accadeva, il macellaio, suo amico di gioventù, che avevo quindi visto decine di volte. Quando questi mi offre una caramella, mi irrigidisco: non avevo mai parlato con lui, non era "mio" amico, ergo non lo conoscevo. Insomma rimango impalato: un vero baccalà o un bambino iper ligio alle direttive (mai caramelle dagli sconosciuti), fate voi.
Mio padre, naturalmente scoppia a ridere: ma certo, quella caramella potevo accettarla.
Questo per dire che la fortuna qualche volta gioca anche quella e, in questo caso, ha giocato bene: non ho mai tentato di sfondare il muro del suono da neo patentato, non ho avuto pulsioni autodistruttive adolescenziali, raccontavo in casa tutto quello che mi accadeva fuori. Insomma, una vera noia di figlio...
E mi resta questa impressione, che non è chiaramente una regola educativa, lo so: quella di aver avuto tutto lo spazio dei miei anni, di non aver subìto imposizioni incomprensibili, che le limitazioni erano sufficientemente elastiche per non soffocare, che malgrado tutto il mondo fuori, come detto, sarebbe stato possibile. Vivibile e tutt'altro che ostile.
Vivendo, vivendo, si arriva all'oggi, al mondo che abbiamo e ai figli che stiamo crescendo. Ma questa, almeno stasera, è un'altra storia...

5 commenti:

  1. intanto grazie x la citazione, è un onore che nn mi era ancora capitato
    x quanto riguarda il passato io sono molto perplessa: da una parte ricordo mia madre che diceva che ai suoi tempi era più facile tirar su figli, tutti in corte a giocare e quando fa scuro, dentro. mentre io crescevo negli anni delle guerre tra neri e rossi, ogni giorno c'erano scontri e battaglie, la scuola era un macello e sono finita in un istituto di suore x evitare...le brutture del mondo.
    quindi forse ogni epoca ha le sue ansie, penso, nn so. io questi li vedo anni difficili soprattutto perchè mancano adulti di valore. vedo attorno a me pesone immature che fanno discorsi idioti, inutile sperare che i figli siano meglio dei genitori, se i padri parlano solo dela cilindrata dell'auto e le donne dell'abito firmato.
    lo so sono dura e polemica, ma almeno qui dico quello che penso!
    grazie ancora !

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  2. quando torno a milano e rivedo le mie amiche storiche, sempre riviviamo la nostra adolescenza avventurosa e ci rammarichiamo del fatto che le nostre figlie non potranno mai essere libere e spensierate come lo siamo state noi.

    io non lo so come mi comporterò quando mia figlia sarà abbastanza grande da voler "vagabondare" ma talvolta credo davvero che sia una questione di fortuna e di destino e quindi forse, potrà essere libera anche lei.

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  3. Ci sono le regole interne al gruppo familiare, e c'è il mondo fuori. Io me la ricordo, questa certezza che a casa m'avevano dato che sarebbe stato "tutto" possibile. Ecco, non tutto tutto, in effetti, perché i vincoli economici erano solidi, ma sono cresciuta con l'idea che se fossi stata abbastanza "brava" potevo fare molto, nella vita.
    E io, questa cosa qui, non la potrò insegnare ai miei figli, perché ho sperimentato più volte che non è vera. E, forse, è vero il contrario.

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  4. Ciao.

    ho visitato il tuo blog e l'ho trovato interessante.
    Vorresti iscriverlo al mio aggregatore di blog di mamme?
    Se ti va, vieni qui:

    www.mammacheblog.com

    Ti aspetto, ciao, Jolanda

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  5. Io sono e resto ottimista. Ognuno è figlio del suo tempo e i nostri figli lo sono del loro, quindi se la cavano meglio di noi alla loro età nelle stesse situazioni, perché le loro situazioni non sono le nostre.

    Quello di cui invece sono sicura è che i genitori blogger che leggo in giro hanno un concetto molto faticoso di cosa comporti la nostra missione di genitori. Ci mettiamo tanto in discussione, cerchiamo di valutare un mucchio di cose, di non contraddirci, di avere la fiducia dei nostri figli.

    Ci facciamo tante pippe mentali e io sono convinta che con tutto questo sbattimento per forza stiamo facendo un buon lavoro. Le necessità di base in fondo non sono un problema, quindi possiamo preoccuparci del resto.

    Però, appunto, un po'più di fiducia in noi stessi e nei nostri figli non guasta.

    E, LGO, concordo con te che la vita ci ha delusi già, ma tutto sommato io trovo ancora bello e utile insegnare ai miei figli crti valori di base, che poi sono, credo, anche quelli che gli insegni tu.

    Mica possiamo insegnarli a fare i furbetti? No, possiamo solo farne gente che crede nel merito e nella bravura, perché indipendentemente da come è andata nei fatti a noi, a loro potrebbe andare diversamente. al fatto che ai furbetti vada bene di default, in fondo non ci crediamo.

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