"Nel mondo delle favole d'amore perché tutte (parlava al femminile, parlava di donne, ndr) noi abbiamo bisogno di sognare. Nel mondo delle storie leggere, usa-e-getta. Una botta e via".
Per fortuna che nel mondo c'è anche una signora che in vita sua ne ha fatte duemila. Che scrive libri per bambini e ragazzi. Che parla anche ai grandi, sia quando scrive che quando, appunto, parla. E che risponde al nome di Silvana De Mari.
Che è capace di tenere botta venti minuti interi (avete presente quanto sono lunghi, 20 minuti?!), senza perdere un colpo, senza sbagliare una parola. Inchiodandoti alla tua seggiolina di maschio parlandoti della vagina. Sconvolgendoti con l'idea che adesso, proprio ora, in questo preciso momento, una ragazzina da qualche parte nel mondo sta urlando di dolore perché la stanno infibulando.
Io quell'urlo l'ho sentito mentre Silvana parlava.
Come posso vivere tranquillo e incosciente dentro un mondo siffatto?!
Questo episodio è avvenuto settimane fa ma l'ho raccontato solo ora perché avevo bisogno che sedimentasse, che in qualche modo trovasse la sua strada, il suo luogo e le parole per dirlo. Dopo così tanto tempo ce l'ho ancora dentro. Il racconto risuona in me, l'orrore rimbalza tra le mie pareti cerebrali. Una parola che, in se stessa, è un delirio di inciviltà e che suona sinistra anche solo pronunciarla: infibulazione.
Il corpo delle donne, raccontato dalle donne.
Grazie De Mari.
Per la forza.
Per... il ceffone.
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