lunedì 27 luglio 2009

Gli accessori del babbo (4): Osvaldo Soriano


La prima volta lo incontrai una calda mattina di agosto. Era il 1993. In una vecchia edizione dei tascabili Einaudi, quella grigia con una foto in alto e sotto il nome dell'autore e il titolo: Triste, solitario y final si chiamava il romanzo, collana Tascabili numero 62.
E' ancora lì, il libriccino, al posto che gli spetta di diritto. Vicino al cuore di un ventisettenne. Allora.

Da quel giorno Osvaldo Soriano l'ho letto tutto, e riletto, l'ho rincorso in vecchie edizioni e bancarelle (perché oggi è una star ma allora non si trovava ancora molto), l'ho assaporato in storie che non conoscevo e che adesso ricordo come se le avessi vissute personalmente. Spesso alcuni suoi titoli mi frullano ancora in testa come scioglilingua della memoria (una sombra ya pronto serás), a volte si confondono nel delirio delle edizioni-clone e delle scelte editoriali: lo stesso libro pubblicato con titoli diversi perché il lettore inciampi magari in un solo nuovo brano, a fronte delle centinaia di pagine che già conosceva. Il lettore.

Soriano era onesto: raccontava di gente che non c'era più, di storie morte sepolte a volte neppure accadute (o soltanto immaginate dalle fonti della realtà), eppure era vero, reale, verosimile. I suoi Stanlio e Ollio, accompagnati da Chandler o John Wayne redivivi, erano il vero di noi tanti lettori. E i pensieri di Obdulio Varela, centromediano uruguayano, "ragazzone tagliato con l'accetta", raccolti nel corso di una lunga intervista davanti ad un registratore, poteva estrarli solo lui.
Farne un racconto.
Farne un pezzo di mito: quello del calciatore che, senza segnare, sconfisse il Brasile nella finale mondiale del 16 luglio 1950. Io ovviamente non potevo esserci, ma come dimenticare i centocinquantamila brasiliani annichiliti, a fine partita, in quel Maracanà dove l'Uruguay festeggiava il suo secondo titolo mondiale?!
Mentre il Brasile era ancora a bocca asciutta. Poi sappiamo come andò la storia, ma Soriano e, con lui, Varela restano nella cassetta degli attrezzi. Nel kit della memoria.

Ecco un grande scrittore. Che parla di calcio, che parla di cinema, di miti fragili ma immortali. Uno dei più grandi. A suo modo, nel nostro tempo.

Per questo post non posso che ringraziare giardigno, qui.

4 commenti:

  1. C'è poco da fare: certe emozioni le suscitano soltanto i libri.

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  2. @do minore: sì, soprattutto quando dentro ci sono le storie, le vite, le persone insieme ai personaggi...

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  3. Grazie desian ! Se Vi capita leggete pure : "Il sogno di Futbolandia" di Jorge Valdano (ex campione del mondo con l'Argentina di Maradona) svela parecchi retroscena del calcio e di una carriera a contatto coi divi e i portatori d'acqua del calcio

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  4. Soriano tutto, da sempre ma prima ancora Manuel Scorza che mi ha fatto da guida nei primi anni '80 a Cerro de Pasco e alle miniere peruviane.
    Di Soriano ho in mente i ritratti pieni di tenerezza e ironia che ha fatto di molti "grandi" che si fanno leggere come persone e poi il gordo y el flaco e la stessa comica che fa piegare anche me, quella dove vanno a vendere l'abete e tutto si trasforma in un catastrofico moto distruttivo che però non tocca le persone ma solo le cose...
    Laurel e Hardy li ho davanti agli occhi, seduti in una panchina, stralunati, saggi, scemi, leggeri, imprendibili in un poster introvabile preso 30 anni fa all'estero...

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