Primavera 1972, il lungomare di una città, di mare. C'è un bambino in sella alla sua bicicletta: è la prima volta senza rotelle, forse la seconda. Chissà.
C'è anche suo padre: oggi è lui che l'ha portato fuori perché la mamma era troppo stanca, reduce da pochi giorni dal suo terzo parto. Il babbo tiene la bicicletta da dietro, all'altezza del minuscolo porta pacchi. E' chinato, la bici è piccina, lui è un uomo alto. Massiccio.
Il bambino ha paura, vuole imparare certo (molti suoi amici sanno già andarci, senza rotelle), ma non è facile riuscire a farlo. Così, di colpo. Il babbo promette "non ti lascerò andare. Tu pedala come puoi, col tuo ritmo, e poi aumenti, sempre un po’ più veloce. Io ti reggo".
Partono. Il bambino pedala e il babbo dietro, chinato. Dopo tre giri di pedale, il bambino si ferma, strusciando i piedi per terra, come se fossero i freni. Sembra stanco ma è soltanto ancora troppo timoroso. "Babbo, come sono andato?".
"Bravo. Ora proviamo di nuovo. Sei pronto?... Via!".
Riprovano. Tutti e due. Il bambino che pedala, il babbo chinato che lo sostiene…
…o lo rincorre, adesso?
Il bambino sulla bici ha una sensazione strana, mai provata, come di vertigine. Poi, però, non so come fu, riuscii un attimo a girarmi e mio padre non c'era più, lì dietro. Mi aveva lasciato andare, mollato. Io andavo, andavo senza rotelle. Pedalavo da solo.
Potrei vivere mille anni, sempre ricorderò quel giorno in cui il mio cuore scoppiò.
Di gioia.
Di entusiasmo.
Stavo andando in bici senza rotelle. Da solo. Finalmente avevo imparato e da quel giorno non ho più dimenticato.
Noi babbi diventiamo babbo così, ogni volta che lasciamo la bicicletta e quella va. O meglio: la vita è proprio quello, saper mollare la bicicletta al momento giusto. E ancora più precisamente: un padre nasce quando ha imparato quell'arte lì. Quella e non altre. L'arte di mollare la bici.
Un padre non nasce nel parto della sua compagna (non io almeno), un padre sarà anche libero e felice e impacciato nel prendere in braccio per la prima volta sua figlia ma non nasce padre con quell'abbraccio. Un padre non avrà monumenti della sua condizione di padre a cui appoggiarsi, non ha necessità, non ha biologie. Ogni singola ecografia, egli è solo uno spettatore.
Il padre nasce nell'attimo esatto, e scusate la quasi citazione degregoriana, in cui la sua mano sparisce: sarà quel contatto perduto nel lasciar andare la bicicletta (possibilmente con sua figlia o figlio sopra, ma anche non necessariamente), quando avrà colto il momento perfetto del distacco.
Oggi che sono passati più di 37 anni da quella primavera. Che quella mano non c'è più davvero. Che quel dolore che mi travolse è stato, ne sono certo, l'ultimo frammento che mi separava da me. Oggi ho capito che, se mai un babbo fosse un brutto anatroccolo, egli non ha alcuna necessità di metamorfosi.
Un cigno? E perché, poi?!
Basta saper mollare la bici.
accidenti, volevo lasciarti un commento, ma mi è venuto da piangere... per parecchi motivi molto personali.
RispondiEliminaAnche io e le mie lacrime si associano. Pure per me il ricordo è vivissimo e tu lo hai rinforzato.
RispondiEliminaGrazie.
Detto ciò, credo che la tua tesi sia oltremodo giusta.
@silvia gc: mi sono permesso di risponderti in pvt...
RispondiEliminavedevo il tuo nome su alcuni blog che seguo ma solo oggi sono entrata a sbirciare.
RispondiEliminaperchè proprio oggi non lo so ( anche perchè dal titolo avevo pensato a tutt' altro ... )
ma so che questo post è bellissimo.
non solo per il ricordo di mio papà che non c' è più, ma per questa metafora che secondo me esprime in pieno la nascita di una padre.
è vero, verissimo quello che hai scritto. anche se fino in fondo non posso capirlo perchè, da madre, l' amore mi è esploso dentro in modo viscerale quando ho fatto la prima ecografia.
questa sera penserò a mio padre e al cortile in cui anche io ho imparato ad andare senza rotelle.
grazie.
forse - lo ammetto - non mi sarebbe più tornato in mente.
ciao, paola
Ma non l'avevo già letto questo post?
RispondiEliminaChe resta sempre bellissimo...
Anch'io ho le lacrime agli occhi, desian... che bel post sul ruolo paterno. E' in assoluto uno dei più bei post che abbia mai letto (e di bei blog ne seguo qualcuno ;-)
RispondiEliminaGrazie...
@LGO: in effetti lo avevo messo su Veremamme ma mi piaceva che fosse anche qui. Magari qualcuno non l'aveva letto, di là...
RispondiElimina@paolafrancy: grazie per aver letto: sono contento che queste righe abbiano tirato fuori un ricordo. A volte leggersi, confrontarsi, raccontarsi serve anche a questo. Ciao
RispondiElimina@mammalisa: sono contento che ti sia piaciuto. A me ha fatto molto "calore" scriverlo, ricordare quel giorno e legarlo al mio oggi. All'oggi di un babbo nuovo. Chissà se meglio o peggio, chissà. Vedremo... :-)
mi sono permessa di ri-risponderti in privato, grazie! (come siamo educati :) )
RispondiElimina@silvia gc: grazie a lei, signora contessa! Ossequi. :-)))
RispondiEliminaScusami!! Cancella il commento. Ora mi ricordo :-)
RispondiEliminaDesian, non ho potuto fare a meno di citare questo post in uno mio molto meno emozionante...spero ti faccia piacere. Post su bici senza pedali. Nn crosslink perché contraria alla pubblicità occulta...;)
RispondiEliminaDesian... ho mollato la mano... grazie!
RispondiEliminahttp://canneorifamily.wordpress.com/2009/09/21/mollare-la-mano/