Prima o poi, un compleanno così capita a chiunque. Personalmente, non si trattava certo di una prima ma, talvolta, anche le repliche più tranquille nascondono in sé la gemma dell’irripetibilità. Un fortuito presentimento mi ha fatto passare la mattina a preparami leggendo Anna, Donna di Repubblica, Donna Moderna (Vanity Fair no, al “vorrei ma non posso” non cedo).
Nella remotissima, siderale direi, ipotesi della presenza di qualche babbo (di domenica pomeriggio!) ho ripassato anche le ultime dispense Uefa sui regolamenti della Champions League. Prima di uscire di casa, un rapido sguardo all’edizione italiana dell’Enciclopedia Mondiale delle Varietà di Tè in Foglia (edizione in folio del 1773, stampata a Boston) per affrontare eventualmente la sottocategoria “mamme-da-sala-da-tè”, appunto.
Alle 16.30 (dicesi quattro-e-mezza), come da invito, mi presento in loco, con donna grande trotterellante al seguito e qualche gocciolina: pioggia.
Entro e, ohmmadonnalloravevoragione!, lo schermo piatto trasmette in diretta, calcio. E perdiamo pure, perdinci.
Una energumena spiccia m’accalappia: “via, vieni dentro, qui non si pò stare: sala-pesi, eh!”. Neanche a dirlo: m’addentro.
Insomma, baciata la mamma del festeggiato (il babbo era alla tv), mi metto a mio agio. Siamo tra i primi, cosa temere? La donna grande è già lì che gioca, il sottoscritto si guarda attorno: non gli esce più che uno stitico “carino qui”. Cretino.
Ulteriori certezze cominciano a incrinarsi con l’arrivo di altri invitati: ma in fondo siamo sempre gli stessi, ormai ci si conosce da tempo, cosa vuoi che succeda?! In effetti ne arrivano anche di inaspettati: e per giunta pure tra i più simpatici. Vuoi vedere che?
Si cercano i posti, ci si accomoda; i bambini sono di là che giocano, per una volta messi, LORO, a dura prova da tre fantastici istruttori/ici di qualche mortifera disciplina anaerobica che li torchiano ben bene.
Mi metto persino a contare i babbi e… otto siamo, compreso il sottoscritto, ma le dispense Uefa non serviranno e nemmeno l’almanacco del calcio perché a partire per prima sullo sport è una mamma che magnifica le sorti e progressive del, udite! udite!, rugby (sport ormai da blogger) dove finalmente il pargolo può uscire dal campo coperto di fango fino ai capelli e la mamma può e deve non-brontolare. In effetti.
Il primo quarto d’ora però scivola ancora un poco sul “Signora mia! Vorrà mica mettere in discussione che il mio” poi tutto infila il magico dolce pendio della tranquilla chiacchiera oziosa, babbi e mamme mescolano le loro parole e proseguono senza più nemmeno strappi alla marcia: non si parla di tè, nessuno sembra aver mai saputo che esiste, ebbene sì!, una rivista che si chiama “Donna Moderna” (che lo sapessi solo io?!) e persino qualche vecchia antipatia si scioglie: “ma guarda te, non avrei creduto”. Si riannodano fili di vecchie amicizie, si celia su chine discendenti (perché i 40 son sempre 40), si trova persino modo di parlare di cose serie a proposito di scuola e bambini (Ma no!!!! Strano) e le tre ore di ordinanza passano come se nulla fosse. Ci si ritrova ad ora di cena a guardarsi l’un con l’altro: “e ora come si fa a farli smettere?”, i pargoli. Mah, forse l’unica è togliere la corrente.
Insomma, una volta staccato il contatore, recuperato bambini sudati fradici e incartati alla bell’e meglio nei loro scafandri invernali, si piglia la via di casa salutandosi pure, e con calore. Dev’essere stato il freddo di fori.
Morale: una sacrosanta LEZIONE DI MODESTIA per il sottoscritto “radical spocchious”, che ogni tanto fa proprio bene e mette le ubbìe a posto. Per di più con lavata di capo finale: la grandinata più bestiale degli ultimi anni. Se non avessi voluto capire il messaggio…
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