giovedì 12 agosto 2010

Artigiani della convivenza

Te le vedi venire incontro da lontano, su quei terrazzamenti che quasi ti si offrono, nel sole o nella pioggia poco cambia perché sono nettissimi comunque, i colori. Sembrano proprio una nebbia che sale diretta dalla terra, una foschia fatata che sfrangia la luce e ti colpiscono sempre, te turista distratto da altri punti focali, perché in realtà sono dappertutto e non volerle guardare sarebbe uno sforzo.
E’ delle reti di protezione dei meleti che sto parlando, di quelle sottili ali che coprono gli alberi per salvaguardare le preziose golden dai danni (estetici, perlopiù) delle copiose grandinate estive. Se le prime volte che mi è capitato di vederle mi hanno lasciato senza parole, oggi che ormai le conosco ho capito lo spirito che le sottende.
Questo mi piace, oltre tutto il resto, di questa terra e della sua gente: la capacità tutta artigianale e di un profondo ingegno (mi vien da riassumere in una sola parola, operosità) di far fronte alla natura quando è avversa. La grandine potrebbe rovinare le nostre splendide mele? Ebbene, non è inevitabile la grandine, non è un’imprevedibile fenomeno atmosferico, no. Noi riusciremo a venirne a capo, troveremo il modo di domarla e renderla inoffensiva. Questo pensano gli imprenditori agricoli di queste parti e questo fanno. La distanza tra idea e realizzazione si abbrevia molto, quassù, fino a toccarsi e sconfinare una dentro l’altra: qui il fenomeno atmosferico non è una punizione divina da scongiurare ma ci si organizza per limitarne la portata, i danni. La secolare abitudine di convivere con gli elementi: la montagna e la sua potenza immane, la campagna da far fruttare al meglio. Organizzarsi per rendere possibile la convivenza stessa.
E se è cosa normale trovare un impianto di depurazione sul ciglio di una importante e trafficatissima strada, quindi sotto gli occhi di tutti (“non abbiamo niente da nascondere” è chiaramente il sottotesto), è altrettanto banale che si sia affrontato un argomento così impervio come la neutralizzazione della grandine e lo si sia risolto. Perdonatemi l’ingenuità letteraria, ma io li vedo quegli uomini seduti attorno a un tavolo discutere sul “cosa fare” per salvaguardare le mele e “su come farlo”. Li vedo, con un foglio di carta di fronte e una matita in mano, tirare giù schizzi di progetti possibili. Una sorta di leonardismo del quotidiano: non sarà il proto-elicottero del genio di Vinci ma pensare di coprire ettari ed ettari di frutteto con altrettanti ettari di protezioni retate a maglie strettissime ha un che di titanico e di casalingo allo stesso tempo. Profuma di impresa e di strudel, di ingegno.
Conosco la gente di qui come persone di un’onestà, umana ed intellettuale, fuori dal comune, con un senso di civismo e di comunità che fa davvero impressione. Il senso della condivisione è fortissimo e sembra che non ci sia nulla di più importante dell’efficienza della loro vita quotidiana: se tutti fanno il loro dovere al meglio (esempio banale: se tutti pagano le tasse che devono), avremo un’esistenza più agevole di quella che potremmo garantirci individualmente.
Certo, molte sono le contraddizioni, le spinte contrapposte, i rovesci della medaglia. Ad un forte senso di comunità corrisponde una certa chiusura, una difficoltà ad aprirsi; il conservatorismo totale (e politico) è spesso il risultato finale della grande attenzione e gelosia verso le proprie tradizioni, gli usi e costumi, fin quasi a rasentare la paura per ciò che è diverso e non puro: negli anni ’30 e ’40 era facile vedere per queste valli, durante i cortei che salivano agli alpeggi, comparire tra le mani dei malgari stendardi con l’infame croce uncinata dei nazisti oppure, ancora oggi, se interrogati su un fantascientifico conflitto armato tra Sudtirolo e resto d’Italia, ti rispondono senza alcuna esitazione che saprebbero “da che parte voltare il fucile”.
Contraddizioni profonde che hanno radici contorte e storicamente fondate (da ultimo, lo Stato italiano visto come usurpatore dell’appartenenza tedesca o, quantomeno, austriaca) che fanno ancora di queste terre non soltanto il luna park del turismo consapevole e di (altissima) qualità ma anche il curioso e affascinante ritratto di una società civilissima e, sinceramente, per moltissimi aspetti, invidiabile.

4 commenti:

  1. diciamo che un po' si tratta di un circolo vizioso o meglio virtuoso, pago le tasse perchè poi vedo concretizzarsi il bene pubblico pagato con i soldi delle tasse e quindi sono invogliato a pagarle.

    Considerate che: se anche l'affitto è alto, la provincia mi aiuta a pagarlo in una percentuale che è proporzionale al mio reddito ed alle dimensioni della mia famiglia
    che se una donna lavora, la maternità è sacra e viene tutelata con orari di lavoro o formule di part-time che variano ad esempio con la stagione, d'estate quando le scuole finiscono le donne, madri di bimbi piccoli, possono ridurre il loro orario di lavoro per seguire i bimbi che altrimenti starebbero da soli, questi sono solo alcuni esempi, dei mille che si potrebbero portare

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  2. non c'entra, ma ho visto che stai leggendo "prima di morire addio" di Fred Vargas, ti sta piacendo? ne hai letti altri? poi fammi sapere, non voglio influenzarti

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  3. @amanda: sul versante sudtirolese: appunto! Perché qui e in tanti altri paesi del mondo si può fare e in Italia no?! Sul versante Vargas: prima di morire è un libretto poco significativo (uno dei suoi primi scritti se non ricordo male), tutti gli altri sono, in gradi diversi, veri capolavori del genere. Vargas sa creare un'atmosfera ai suoi gialli che pochi altri scrittori riescono ad ottenere. A me lei piace moltissimo, ho letto tutto quello che è stato tradotto ad oggi!

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  4. Anche io amo la Vargas adoro Adamsberg ed i 4 evangelisti, ma condivido il tuo parere questo prima di morire addio èun librino insulsetto.

    Conosci Alicia Gimenez Bartlett?
    Penso di sì ma se non la dovessi conoscere, sono sicurissima che ti piacerebbe molto. Sellerio Editore. La sua Petra Delicado e suo Fermin Garzon sono personaggi straordinari

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