lunedì 29 novembre 2010

Notte

...vieni via con noi...

Mangiare a mensa

"Mamma, anche le tue di lasagne sono abbastanza buone... però quelle che mangiamo a scuola, eeehh... sono più buone".

Potete voi immaginare uno smacco maggiore per una mamma, perfino food blogger?! Pare che la mensa scolastica sia meglio della cucina di casa...

Suggerimenti per ritirare su l'umore di una mamma depressa nel suo core-business?...

mercoledì 24 novembre 2010

Rappresentanza

E' buffo. Essere il rappresentante di classe, voglio dire. Perché uno s'immagina, da fuori, di essere una specie di figura burocratica. Di quelle che fanno da raccordo tra la scuola e i genitori o che si limita, in assenza di problematiche, a raccogliere denaro dai genitori e pagarci tutto quel che c'è da pagare: assicurazione, contributo volontario, cineforum, corso di musica. Assicurati che l'albero di natale venga fatto (prima, almeno, compriamolo...) e preoccupati del regalo alle insegnanti. A proposito: qualcuno ha qualche idea? Mediamente, mai.
Questo status ti permette anche di essere l'unico genitore che ha libero accesso alla classe: se devi parlare con le insegnanti e vuoi evitare il marciapiedi, cosa di meglio se non passare cinque minuti su in classe, prima che inizi la lezione.
Così per i bambini smetti di essere il babbo di una loro compagna di classe e diventi quello che ogni tanto, la mattina, compare sull'uscio. E ti guardano ormai come una presenza certa. Ti salutano come uno di loro, qualcuno addirittura viene lì e ti ciancica tutto: "oh, tu sì che sei caldo". Dev'essere l'inverno.
Ti sorprendi persino quando, in attesa che arrivi la maestra e due di loro fanno finta (finta?) di fare a botte, li intercetti: "fermatevi tutti e due, smettetela e mettetevi seduti. Forza!".
Oh, ti ubbidiscono. Quello che non ti riesce coi tuoi, a casa, qui magicamente accade come nulla fosse. Il potere dell'istituzione scolastica trasuda dai muri, evidentemente.
E io me lo godo, quel "potere". Ma come un dono.

giovedì 18 novembre 2010

Quando non c'erano gli skill

Ognuno ha le sue abilità. Chi parla sei lingue, chi maneggia la meccanica quantistica con la semplicità di un cacciavite, chi sa riparare un tubo che perde. Beh, se uno cerca un idraulico durante il fine settimana, come ci insegna Woody Allen, forse è meglio saper riparare un tubo.
Poi, c'è chi sa completare il cubo di Rubik. Ecco, in un pomeriggio di pioggia come questo, quando la donna grande e l'uomo piccolo hanno due compagni di scuola in casa, avere certe abilità può essere fondamentale. Io le ho.
Così, in un momento di stanca, l'ho preso distrattamente dallo scaffale. Ho attirato l'attenzione dei quattro pargoli (anche se due già sapevano cosa stava per succedere... "babbo, ma lo fai sempreee!") e poi gli ho chiesto di scomporlo tutto.
L'amica piccola dell'uomo piccolo l'ha abbrancato, l'ha mescolato girando ogni lato. Poi me l'ha ridato: "scommetto che adesso non ci ries.... scusa, eh, ma cosa si deve fare?". Ah, giovani moderni.
"Guarda cosa succede, amica piccola dell'uomo piccolo" ed ho cominciato a manovrare.
La soluzione del cubo di Rubik l'ho imparata ai tempi di scuola, quando alle superiori stavamo per i fatti nostri senza dare troppa relazione agli insegnanti. Prima uno schema riportato su carta, poi una serie di istruzioni come fossero righe di basic. Alla fine lo impari. A memoria, e non te lo dimentichi più.
Così adesso, a distanza di secoli, lo faccio ancora senza nemmeno pensarci, le mani si muovono, scorrono, voltano le facce. In pochi secondi l'amica piccola dell'uomo piccolo ha iniziato a cambiare espressione del viso: mentre avanzavo verso la soluzione i suoi occhi dicevano chiaramente "occavolo...".
Intanto la donna grande e la sua amica grande ci guardavano di sottecchi: "alla nostra veneranda età non ci freghi più coi tuoi giochetti, desian" e si son messe a fare i cavoli loro. Ogni tanto un'occhiatina, giusto perché la situazione non sfuggisse loro di mano.
Quando poi tutte le facce hanno preso il loro posto e il cubo è tornato "come nuovo" è stato il tripudio. L'amica piccola dell'uomo piccolo si è illuminata in viso: ha preso il cubo e ha cominciato a guardarlo come se fosse un'apparizione. Le due grandi hanno alzato gli occhi e anche loro han dovuto capitolare: stupore (anche se di superiorità) negli occhi. L'uomo piccolo ha preso a saltellare ovunque ululando "l'ha fatto il mio babbo, l'ha fatto il mio babbo, l'ha fatto il mio babbo".
Quando non c'erano gli skill, facevamo il cubo di Rubik. E, a distanza di tempo, in fondo, serve anche questo.
Il pomeriggio volge al termine. Continua a piovere. Però almeno sul bagnato.

mercoledì 17 novembre 2010

Differenze tra uomini e donne (secondo Ian McEwan)

"Abito in centro, a Londra, in una piazza e come in molte altre piazze di Londra, al centro di essa c'è un giardino. Il giardino è recintato e chiuso da un cancello e chi abita lì attorno ha la sua chiave. D'estate (siamo magnanimi!) lasciamo aperto il cancello per permettere a coloro che lavorano negli uffici vicini di poter stare nel giardino. Così nella pausa pranzo arrivano e consumano il loro pasto sull'erba: chi mangia il suo panino, chi qualcos'altro.
Un giorno mi sono messo a fare un po' d'ordine nella mia biblioteca. A togliere doppie edizioni e libri che non avevo più intenzione di tenere. Quando ho finito avevo messo insieme circa duecento volumi. Io e mio figlio diciottenne ci siamo caricati questi libri in spalla e siamo scesi in strada per gettarli.
Però, prima di andare al cassonetto, vedendo tutti quelli che stavano pranzando nel giardino, abbiamo avuto un'idea. Perché - ci siamo detti - non andiamo ad offrire a quelle persone alcuni di questi libri, prima di gettarli via? Magari c'è qualcuno a cui interessano.
Tutte le donne a cui ci avvicinavamo ci dicevano: "Oh sì, grazie!" e cominciavano a guardare i titoli: "questo l'ho già letto, questo l'ho letto, questo pure ma prendo quest'altro, non l'ho ancora letto" oppure "posso prenderne due o tre?".
Gli uomini a cui ci siamo rivolti hanno invece risposto (con una smorfia sul viso, ndr): "oh no caro!, non mi interessano proprio".
Insomma: se le donne non leggessero romanzi, il romanzo sarebbe già morto".

Ecco, anche quando parlano del loro ultimo successo editoriale, i grandi autori sanno darci, magari nascosta tra l'esegesi dei personaggi o dei capitoli e gli episodi della narrazione, qualche illuminazione più generale. Che riguardi le persone e come queste, donne e uomini appunto, affrontano l'esistenza.
Un potente raggio di luce che illumina, tra chiacchiere all'apparenza innocue (cominciano sempre prendendola un po' larga: anche stasera quando ha cominciato dicendo che abitava in una piazza del centro, l'uditorio ha cominciato a domandarsi dove volesse andare a parare. Qualcuno più tecnologico ha sussurrato "ecco, ora anche lui cita Google Street, così mi crolla un mito"), angoli oscuri, anfratti che non sempre riusciamo a vedere solo coi nostri occhi.
E invece no, non l'ha nemmeno nominato Google Street.
McEwan ha citato noi, la realtà reale. Una piazza, un mondo.
Con tutte le sue differenze.

Lo so, la foto è pessima... ma non si può avere tutto dalla vita. :-))

mercoledì 10 novembre 2010

Metti un finocchio a cena, Mister B

Troppo spesso parliamo, tra chi già è convinto, dell'anomalia italiana e di B. Forse ci stiamo parlando addosso (forse?) e continuiamo a farlo, senza mai rivolgerci a nessun altro che a "noi". A volte mi sembra una strada senza sbocco. E pure senza fine. Altre volte semplicemente un'ossessione.
Io penso che la vera anomalia non sia un singolo, per quanto potente e impresentabile. Penso che la vera anomalia sia chi gli va dietro, una società che in parte, in buona parte, la pensa come lui. Si lascia blandire, sorride di battute che sono pure bestialità. Qualcun altro, al massimo, se ne frega.
Vorrei dedicare la giornata del "finocchio per B" a chi la pensa come B stesso, a quelli che sghignazzano. A chi lo vota senza rendersi conto di quale sia la vergogna in cui trascina tutti.
Uso parole non mie, mi pare più adeguato. Uso parole di Antonio Gramsci.

«Quello che accade, accade non tanto perché una minoranza vuole che accada, quanto piuttosto perché la gran parte dei cittadini ha rinunciato alle sue responsabilità e ha lasciato che le cose accadessero».

Parole pesanti. Come macigni, che strappano le coscienze. Buone responsabilità a tutti!

lunedì 8 novembre 2010

Finocchi per B

Segnalo un'iniziativa interessante, nata da un gruppo di food-blogger. Il fatto che tra loro ci sia anche, o soprattutto, la profe non toglie e non aggiunge nulla alla validità della cosa.
Naturalmente mi astengo da qualsiasi commento nel merito riguardo le dichiarazioni inquietanti del Presidente del Consiglio: non voglio rischiare la denuncia.

Qui c'è il link che spiega meglio di cosa si tratta.
Partecipate come volete: se siete food blogger potete pubblicare una ricetta ma potete anche semplicemente pubblicare il banner sul vostro blog o su Facebook o dove volete.

Il giorno è mercoledì 10 novembre.
Io lo farò.

lunedì 1 novembre 2010

Corrispondenze

Da un po' di tempo l'uomo piccolo intrattiene una fitta corrispondenza epistolare. Con babbo natale.
Ottobre non è ancora finito e lui ha già scritto e stracciato un paio di missive. Siamo alla terza.
Ieri sera arriva, giulivo come solo un settenne sa essere. Eravamo a tavola: "babbo, va bene ora si mangia, però dopo ti leggo la lettera".
"E a chi hai scritto, uomo piccolo"?
"Ma come a chi! Ma a babbo natale, eh"!!!
Eh.
Siamo avanti, siamo troppo avanti.
Dopo i primi anni in cui si iniziava salutandolo, a babbo natale, adesso si va al sodo. L'unica forma di cortesia è rimasta il "vorrei". Ma quella è una stortura dell'educazione repressiva. La perderemo presto.
Intanto, per ora, sempre che non stracci anche questa e ne scriva una quarta, vanno di gran moda i controli remoti: una collezione intera di roba telecomandata, auto, gru, elicottero, camion dei pompieri.
Oh, se non cambia idea tocca comprare un garage.
Vedrete che la cambia, la cambia.

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