La direzione di questo laboratorio ci pensava da un po' di tempo: la creazione del cinefilo in vitro. Eravamo stufi dei cartoni. Certo, qualche deroga l'avevamo avuta: il "Mago di Oz", Pippi Calzelunghe in tv, ma niente di che.
Ieri sera ci abbiamo provato.
Giuro che non tenterò subdolamente di spacciare il film come un manuale ante-litteram sulla genitorialità, sarebbe irriverente, ma tutte le cose assumono contorni diversi, a seconda degli occhi con cui le guardi. Altro insegnamento per i grandi.
Insomma dicevo, l'abbiamo buttata lì: affrontiamo il gotha, voliamo alto. Abbiamo scelto "Gli anni in tasca". Truffaut.
La donna grande, ormai in età di ragionevolezza e contrattazione, ha deciso che poteva andar bene, ad una condizione: "se dopo cinque minuti che lo guardiamo non ci piace, lo togliamo e mettiamo un'altra cosa". L'uomo piccolo, ça va sans dire, non ne voleva sapere: contorcendosi come un indemoniato ha tentato di distruggere un tappeto spergiurando che lui si sarebbe chiuso in camera se solo "mettete quella schifezza". Poi ha scaraventato per terra il più rassicurante dvd di "Hello Spank!" che aveva scelto e se n'è andato.
Calma e gesso, fermezza: "uomo piccolo, facciamo come dice la tua sorella: se dopo cinque minuti non vi piace, cambiamo, ok"?
Mezzo secondo di dubbio.
"Ok"?
"Ok".
Chi non ricorda la sequenza iniziale del film con quell'orda di ragazzini che corre a perdifiato giù per i ripidi viottoli scalinati di Thiers? Una delle sequenze più gioiose e, a un tempo, misteriose della storia del cinema: in effetti, dove corre quell'orda vociante? Sotto il broncio (tenuto magnificamente insieme ad occhi spalancati e curiosissimi) s'ode una vocina: "babbo, ma dove vanno"?
Partita vinta, al terzo minuto! Non c'è stata più gara: persino morto di sonno (la donna grande in perfetta forma), si è rimesso ritto sul divano ipnotizzato dallo splendore di quel film, dal fascino della storia. Un film dove ci sono loro, i bambini. Dove gli adulti sono comparse, scenografia.
Da lì è stato tutto un chiedere che succede, un domandare perché: chi è il ragazzino appena arrivato e da dove viene, perché arrestano sua mamma, cosa fa quel bambino sul davanzale della finestra, perché scappa, perché si guardano, perché si nasconde. Perché.
Abbiamo passato un paio d'ore d'incanto, adulti e pargoli: ci siamo divertiti, abbiamo riso e temuto, ci siamo interrogati e abbiamo sobbalzato. Abbiamo visto il cinema, quello che ci piace. Quello che vorremmo insegnargli, se si potesse.
Presto per dirlo, ma la direzione stavolta sembra aver fatto la scelta giusta: esperimento riuscito se l'uomo piccolo sbadigliando ha chiesto "domani lo vediamo di nuovo, vero?".
Ecco a cosa vanno incontro gli scienziati pazzi, a fare esperimenti nei loro oscuri laboratori...
Bravi bravi, complimenti. C'è bisogno di far crescere questi bimbi tra arte, bellezza e bravura. Oggi più che mai, visto le brutture che ci circondano e la mediocrità dilagante. Speriamo che serva a qualcosa, ma l'importante è provarci...
RispondiElimina@papàciaocacao: beh, citando Orson: "è l'educazione, bellezza"! ;-)
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