lunedì 15 aprile 2013

Genitori digitali (2)

Uno dei temi dell'articolo di "Internazionale" sui bambini digitali è che un quattrenne non può sapere come fosse il mondo prima che lui nascesse e che per lui è assolutamente normale fare tante cose con un solo dito e trovare centinaia di giochi in un piccolo dispositivo come uno smartphone.
Se i miei calcoli sono esatti, nessun bambino ha mai saputo come fosse il mondo prima di lui. Spesso gli avi (genitori, nonni ma anche insegnanti, adulti in genere) si affannavano a crescerli ed educarli, i bambini, a tramandare le conoscenze, alcune almeno, insegnandole loro. Oppure tramandavano memorie, oggetti: ad un certo punto della mia adolescenza, mio nonno mi regalò la sua vecchia bici, tutta scrostata. Una leggenda familiare diceva che con quella fosse tornato dalla guerra, attraversando chissà quali terre sconosciute (magari due province più in là), percorrendo chissà quanti chilometri (magari la usava soltanto per andare a lavorare...). All'epoca il racconto mi rapì, oggi so che era, appunto, solo una leggenda.
Mi spiegò come fare per rimetterla a nuovo, togliere la ruggine, renderla presentabile, mi chiese di che colore mi sarebbe piaciuto dipingerla e poi mi portò in una ferramenta ad acquistare il relativo barattolo di vernice. E un pennello.
La mia prima bici da adulto completamente rossa da cima a fondo, se si escludono i copertoni, me la rimisi a nuovo da solo, grazie ad un'app (allora non sapevo si chiamasse app, oggi finalmente lo so): mio nonno. Mi sarei potuto tagliare un dito aprendo la latta della vernice se mi fosse sfuggito il cacciavite con cui facevo leva, ho sicuramente respirato i fumi tossici di quella sostanza tutta chimica, eppure avevo goduto di un passaggio di conoscenze che semplicemente era antico, ovviamente aggiornato nel tempo, di secoli: rinnovare un oggetto vecchio avuto in eredità.
Adesso la situazione di partenza (un bambino di quattro anni che non sa come fosse il mondo prima che lui nascesse) è assolutamente identica ma invece di passare ai nostri figli un insegnamento che venga dal passato, dall'esperienza, in qualche modo dalla storia, gli tramandiamo il presente assoluto. L'adesso inveterato.
Succede qui, adesso, a noi. In casa nostra come in tante altre.
A volte mi dico che forse non abbiamo nulla da tramandare che non sia consumismo integrato (ovvero l'adesso inveterato declinato al superlativo assoluto).
Che gli insegnamenti ricevuti (ammesso che) non ci piacciano più e/o non li riteniamo utili al domani dei nostri figli (per non dire del nostro).
Che, molto semplicemente, non riconosciamo più in queste modalità ancestrali (che pure hanno saputo preservare piuttosto rigogliosamente la specie) il sistema più adatto o quello che più ci piace.
Da un altro lato, invece, è come se volessimo togliere, dall'orizzonte esistenziale dei nostri pargoli, il contatto con qualsiasi polvere, materia, lattina di vernice, cacciavite, bicicletta rugginosa.

Mio padre era falegname, mi portava con lui, il sabato e la domenica, nella sua bottega e mi lasciava strafugnare tra riccioli di segatura, legni, scalpelli e bulini (lame affilatissime, vi assicuro), chiodi, colle viniliche. Qualche volta, se giuravo di fare moltissima attenzione, anche la sega.
Anche se io non me ne sono mai accorto, sono sicuro che mi tenesse d'occhio. Non mi sono mai fatto male (magari qualche dito pesto, col martello), non mi sono mai staccato di netto una mano, giuro: sono entrambe qui, in fondo ai miei polsi. Davo l'impressione che quello strafugnare mi piacesse. Eppure, il mio futuro mio padre lo vedeva lontano da quella condanna di homo faber, di artigiano coi calli. Ogni volta che incontravamo qualche suo amico che, come era stato per lui che lo aveva ereditato da suo padre e da suo nonno, gli chiedeva se mi stesse insegnando il mestiere, lui quasi si scandalizzava. Me lo ricordo, giuro, come fosse adesso: "no, no, deve studiare. Non deve fare il mio mestiere, nemmeno per scherzo".
Mi chiedo ancora oggi, e in questo istante: se mi avesse insegnato a fare il falegname e facessi quello per vivere, avrei le stesse ansie postmoderne nel fare la mia postmoderna professione con le mani pulite e senza calli ma ormai sull'orlo di scomparire? E di un falegname, ci sarà sempre bisogno?

Secondo Maria Montessori, "le mani sono gli strumenti dell'intelligenza", come viene ricordato anche in quello stesso articolo di "Internazionale", ma pare che siamo ormai alla fase delle mani ben al sicuro. Dietro, o sopra, un vetro. Touch.

(La prima parte si trova qui).

5 commenti:

  1. passo le giornate a sgridare genitori perché limitano le esperienze dei figli, non pongono limiti(hai presente quei no che segnano viali alberati etici in cui camminare riparati e sereni?)e limitano le loro fantasie fornendo tutto e subito prima ancora che venga anche minimamente formulato un desiderio. Ho regalato un lungo elastico da mutande alle mie nipoti ed ho saltato con loro, ho letto, ho raccontato, le ho portate in cucina con me, ho fatto loro usare il coltello quando erano piccole perché la macedonia ed il minestrone fatti da loro erano molto più appetibili della frutta e verdura imposte dall'alto, ma con il piccolo ho fallito è digitalmente mutato, difficile da coinvolgere, difficile da tentare, sono bastati 5 anni ed ho smarrito la via

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    1. @amanda: parli di velocità, alla fine, nel senso che in pochi anni l'accelerazione di certi fenomeni è stata pazzesca. Hai ragione: l'esempio, il fare le cose con loro, saltare la corda, leggere e raccontare storie, infilare le mani nella terra, dentro la segatura, giocare coi chiodi. Forse però avremo un futuro diverso, asettico, sicuramente molto più pulito. E la gestione del desiderio, come fare imparare a questi piccoli esseri umani che il desiderio di qualcosa ci spinge, ci ha sempre spinto, in quanto umani? Aaah quanta sana confusione ti ingenerano questi ragazzini, questi nuovi esseri con/senza desideri.... Io mi perdo e mi diverto molto a naufragare in questo casino. Scusa le volgarità eventuali :-)))

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  2. @amanda: dimenticavo. Bello camminare nei tuoi "viali alberati etici". Speriamo di riuscirci. :-0

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    1. scommetto che gli alberi sono stati trapiantati e sono lì che crescono, faranno fresche ombre in estate e ricorderanno in inverno che dopo c'è sempre una primavera :)

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  3. Credo che, come sempre, perdona la retorica, ci sia bisogno di un giusto mezzo. Non lasciamo giocare molto i bimbi con il telefono (giusto per riuscire a tagliargli le unghie senza che i vicini ci mandino la tutela minori per via delle urla). Ma questo è il loro mondo, e prima o dopo lo conoscerenno.
    Il nonno però li porta fuori ogni giorno, li fa giocare. Insegna loro come si tira la malta sul muro e loro si divertono a rifarlo con la schiuma da barba sul vetro del bagno. L'unico gioco che usano in modo veramente funzionale è una cassettina di attrezzi di cui conoscono ogni nome.
    Voglio dire, io non ho problemi a lasciare ai nonni l'insegnamento di queste cose, anzi. Mi riservo di gestirmi la parte touch.
    E mi considero anche fortunato, in generale, per potermi permettere di mettere assieme queste due parti.

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