giovedì 28 marzo 2013

Fiducia e speranza

Ho nutrito una grande fiducia nello sforzo che in questi giorni Pierluigi Bersani ha fatto per dare un Governo a questo Paese. Anche una enorme speranza. Che qualcosa potesse accadere, che le donne e gli uomini del "vaffanculo" avessero un sussulto di responsabilità. Ma chi usa argomenti politici così strutturati, precisi e profondi come il "vaffanculo" cosa altro può articolare?! Una lallazione, un bavoso rigurgito.
Torno a Bersani, che oltretutto non ho votato, non direttamente almeno. A differenza di quasi tutti, ho stima nell'uomo politico e nelle sue capacità e competenze. Peraltro, da vent'anni a questa parte almeno, quella che si è presentata alle ultime elezioni, insieme a Vendola che nessuno ricorda, era la miglior coalizione di sinistra che si fosse mai vista. Ripeto, di sinistra, con un programma di sinistra. Magari di sinistra moderata, ma sicuramente alternativa all'idea (!) che hanno qualunquisti di lusso come Renzi o Grillo. Per tacere naturalmente degli "impresentabili" che sono tanti e ributtanti. Ma che vogliono pure il Quirinale (e che se continua così lo otterranno, possiamo scommetterci).
Poco fa ho visto la breve comunicazione di Bersani alla stampa, al termine del suo giro di consultazioni. Stasera andrà a riferire al Quirinale. Probabilmente dovrà parlare del suo fallimento.
Riflettendo sul suo sguardo, più ancora che sulle sue laconiche parole e sul suo rifiuto di sottoporsi alle domande dei giornalisti, e sul suo viso che in questi giorni ho visto invecchiato di secoli, mi è sembrato di capire che la tragedia di questo Paese sia sì lo stato in cui si trova ma sia soprattutto la fermissima volontà quotidiana di distruggere e schiacciare le sue forze migliori. Sui luoghi di lavoro, nelle scuole, tra operai ed impiegati, il tentativo quotidiano è quello di spezzare anche le ultime resistenze, la forza di chi qualche responsabilità ancora se la piglia.
E non lo dico solo dei politici ma, come qui sopra, anche di noi lavoratori, in qualsiasi campo e a qualsiasi livello e anche per esperienza personale: lasciare che le cose vadano secondo schemi rigidissimi ed umanamente incomprensibili, porsi come duri e puri solo perché non si hanno parole per dire qualcosa di differente, per riacquistare un senso a quel che facciamo ogni giorno, tutti. Chi cerca uno spiraglio dentro questa enorme pressione o cerca di "metterci del suo", come si dice, ed io nel mio lavoro mi metterei tra questi, viene sbeffeggiato, lasciato andare al suo destino.
I nostri sguardi diventano laconici, i nostri visi invecchiano. La nostra anima avvizzisce.
Auguri.

4 commenti:

  1. Se Bersani avesse parlato dei suoi 8 punti prima delle elezioni, se invece di pensare alla lavanderia per il giaguaro che sempre sporco rimane avesse illustrato il suo programma che ha avuto 20 anni per essere preparato fin nei minimi dettagli, non pensi che i risultati elettorali sarebbero stati più generosi con lui, consentendogli quei numeri che ora lo inchiodano?

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  2. @amanda: no, Amanda. Stavolta no. I numeri ci inchiodano ogni giorno, a tutto, anche sul lavoro, sempre più. Ma questo è un altro discorso. Tornando invece al discorso principale, mi pare che gli elettori di questo Paese non chiedano 8 punti ma chiedano qualunquismo. ne vogliono sempre di più.

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  3. Mi unisco alla tua lettura sulla situazione di Bersani (che stimo, anche io, come politico e come persona).
    E sono atterrito dalle alternative perchè vaffanculeggianti o conosciute.
    PErò un po' ha ragione anche Amanda, qui sopra, qualche comparsata incisiva in più in campagna elettorale... :(

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  4. @el gae (e anche @amanda): ma certo che la campagna elettorale è stata un fallimento e il risultato un disastro. È ovvio. Però vorrei puntare l'attenzione sui modelli alternativi che abbiamo, su questo comportamento di fondo che è, socialmente diffuso, di picconare, di distruggere, di rovinare. Io credo che la politica sia, ed è la sua migliore qualità, il motivo stesso per cui è nata, l'arte del compromesso, del tirare le fila delle varie istanze che ci sono nel mondo. Non è l'arte del "celodurismo" leghista e grillino (ché poi sappiamo anche come sia finita, con la Lega più ladrona di Roma). Alla fine la politica, se ben fatta vince. Non è la guerra ad essere la continuazione della politica con altre armi ma viceversa: è la politica che evita la guerra con le sue armi, quelle dello scendere a patti, dello "sporcarsi le mani" per il bene di tutti.

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