Sono nudi i sentimenti, visti su un treno. Si vedono i muscoli, intossicati dall'acido lattico del silenzio. I tendini induriti dalla distanza.
È una famiglia che sale a Bologna e mi si siede attorno: un lui, una lei, una pargola deliziosa.
Lui ha gesti sgarbati nei confronti di lei, le aveva intimato di controllare i posti sui biglietti. Poi, quasi, glieli aveva strappati di mano.
Ora sono seduti ma non si parlano. Lui si attacca al suo iPad e ci scompare dentro. Fino al mio arrivo a Trento, non lo sentirò quasi più parlare (se non al telefono).
Lei compulsa il suo McEwan in lingua originale ma non rinuncia a biasimare "quel maledetto aggeggio" a voce alta, davanti a tutti. Quello che gli sottrae il marito. E lo allontana.
La pargola è il collante: lo sguardo chiarissimo ma triste di un bambino che vede i suoi genitori spesso silenziosi o che comunicano per improperi reciproci.
Forse è solo una giornata di passaggio, forse un viaggio verso le Dolomiti nato storto, forse l'inizio di una cruenta dolorosissima separazione, chissà?
Quel che è certo è che, nelle coppie con figli, momenti così possono capitare: sembra quasi che un pargolo sia un confine, una fatica nel mezzo. E loro che invece fanno di tutto per fare la spola tra mamma e babbo, ricucire la distanza. Provare ad annullare la loro paura più grande. Che una storia d'amore e, con essa, una famiglia, finisca.
Da fuori, guardare dentro uno specchio così profondo devo dire, egoisticamente, che fa bene. Ti fa riflettere, ti fa capire quali sono le priorità, quali le energie da mettere in campo, quali sentimenti coltivare. All'amore, alla vita.
Forse l'iPad può finire in fondo allo zaino, se pesa così tanto.
Forse guardare fuori dal finestrino della vita (o della tua famiglia o di qualunque altra cosa ti stia capitando) è più forte che guardare se stessi spiaccicati su un display ultrabright o come diavolo si chiamano 'sti cosi. Uno di quelli, tra l'altro, sul quale sto scrivendo anch'io questo post.
Accanto a me scorrono le prime cime delle Dolomiti, l'Adige è qui sotto che quasi lo tocco con le dita.
La mia famiglia mi aspetta a pochi chilometri, domani si va in quota. Arriveremo al rifugio Brentei.
Con l'iPad spento, sia chiaro. E sguardi e parole tutti per noi. Guarderemo fuori dal finestrino, senza averci nemmeno il cristallo antisfondamento davanti.
Il cielo ora si è fatto plumbeo. Nuvole pesanti e nere. La situazione, qui davanti, resta la stessa.
E, alla fine, la pargola disegna il muso di un gatto. "Mamma, ti piace?".
Un mezzo sorriso nel buio.
Per fortuna, i bambini esistono.
E' un bellissimo post questo, che fa riflettere.
RispondiEliminaGrazie di averlo condiviso!
e pensa Desian che l'altro ieri ho fatto un post che si chiama rifugio e con la stessa accezione :)
RispondiElimina@Amanda: accidenti, giuro che non l'avevo proprio visto. A questo punto, però, mi precipito!!!
RispondiElimina@slela: grazie del complimento. E benvenuta! Se non sbaglio è la prima volta che ci incontriamo. :)
RispondiEliminaCaro Desian, il tuo post è splendido. Però mi suscita anche riflessioni in direzione opposta, più o meno così. Per fortuna i bambini esistono. Sottoscrivo, sempre. Tranne, forse, proprio in queste situazioni. Parla la figlia che pensa che la cosa migliore che abbiamo fatto i suoi genitori oltre a lei stessa sia stato capire per tempo che non potevano, né dovevano, stare insieme. Perché, semplicemente, NON erano fatti l'uno per l'altra. Per fortuna i bambini esistono, ma NON per tenere insieme una famiglia che non vuole essere, o dei genitori che possono essere tali anche uno alla volta (e in questo modo il padre dovrebbe essere costretto dalla vita a chiudere l'I-pad, perché non ci sarebbe madre che tampona). Per fortuna i bambini esistono, autonomamente, anche a dispetto dei loro genitori. E così grave far finire una famiglia, se non c'è?
RispondiEliminabellissimo post. mi ha fatto rivivere emozioni vissute tanti anni fa e bello anche il commenti di 'povna, ha ragione, i bambini esistono e per fortuna ma non devono subire la responsabilità di tenere uniti dei genitori che non hanno più niente da dirsi.
RispondiElimina@'povna @ITmom: ma infatti! Il senso che avevo trovato io è semplicemente quello del "mezzo sorriso nel buio". Il disegno di quel muso di gatto è stato per la sua mamma un piccolo lampo di gioia, in un pomeriggio che peraltro andava ingrigendo anche come tempo metereologico, un lampo di gioia che ha colpito soprattutto alcune MIE corde. Sfondate una porta aperta: non penso affatto che i bambini debbano essere il collante di alcunché, se non della loro vita davanti, del loro futuro. Genitori uniti o genitori separati che siano.
RispondiEliminaDivertitevi pure per noi, che non siamo da salite, semmai da discese.
RispondiEliminaper fortuna i bambini esistono, si. con le loro infinite dolcezze e le loro crudeltà. non dovrebbero essere mai usati per tenere in piedi una famiglia, mai, altrimenti i contraccolpi sarebbero ancora più pericolosi, infidi, come un veleno distillato goccia a goccia, protratto nel tempo.
RispondiEliminagrazie, Desian, per la tua cronaca attenta e sensibile.