Fiducia è una questione importante che porta con sé una serie infinita di implicazioni. Alla fine del percorso, tutto può essere riassunto in autorevolezza.
Leonardo Sciascia, che oltre ad essere stato un grande intellettuale civile è stato Parlamentare, lasciava dire a don Mariano Arena (uno dei personaggi di "Il giorno della civetta") che l'umanità, "bella parola piena di vento", poteva dividersi in cinque categorie: "gli uomini, i mezz’uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà".
Il nostro Parlamento è oggi pieno di quaquaraquà ed è lo specchio del comportamento sociale diffuso nel Paese. Tanti quaquaraquà dirigono istituzioni o enti e aziende statali o, peggio ancora, sono Ministri della Repubblica.
Tanti quaquaraquà siedono ai posti migliori di grandi aziende: ad esempio, quelli che si permettono, come nulla fosse, di licenziare dei lavoratori con una semplice telefonata alla vigilia di Natale. Quaquaraquà ci dirigono e dispongono di noi, cittadini.
Fiducia implica responsabilità: ottenere la fiducia di qualcuno non può essere una merce. Dare fiducia, invece, chiama ad una responsabilità. Non voglio dire che si arrivi a correità, ma cosa può fare ognuno di noi per non sentirsi, appunto, complice? Come spieghiamo ai nostri figli, bambini oggi e cittadini domani, che cosa vuol dire fiducia e come la dobbiamo usare, nel mondo?
Se spieghi loro perché un uomo ricco e potente si sia messo a farsi gli affari suoi in pubblico capiscono che c'è qualcosa che non va. "Ma non è giusto" ti dicono "è già ricco, ha già tutto! E cosa fa per noi che non siamo come lui?".
I bambini capiscono, nella loro semplicità di ragionamento ti danno molte risposte che tu, adulto, spesso non sai più vedere. I bambini li vedono benissimo i quaquaraquà. Te li indicano col dito e solo chi non vuol vedere, non vede.
Ho sempre creduto, e sempre più credo, che l'unica via che ci resta è l'impegno personale. E' sporcarsi le mani col mondo. E' fare noi qualcosa di davvero diverso da quello che non ci piace più ci venga fatto. Non lasciamo il nostro futuro in mano ai quaquaraquà.
I nostri figli ci malediranno se lo facessimo.
Chi di noi si candida ad essere un quaquaraquà, di fronte ai suoi figli?
Hai ragione, su tutto. Bellissima la citazione di Sciascia. Ma hai ragione soprattutto su quello che hai scritto riguardo ai bambini, a come vedono e capiscono la situazione!
RispondiEliminaPurtroppo la sete di potere e di convenienza ha accecato tutti e per questo i quaquararaquà la fanno da padroni. Sono veramente disperata e la cosa triste è che la tendenza generale è quella di far finta di nulla e guardare solo al proprio piccolo orticello :(
essere uomini implica delle responsabilità per una società civile , non è indispensabile avere figli :)
RispondiEliminai quaquaraquà i figli li hanno messi al mondo, ma non li regalano al mondo perchè del mondo non importa loro davvero nulla, e quindi neanche dei figli
Esatto.
RispondiEliminaEstendo il tuo ragionamento.
RispondiEliminaIeri ero in piazza Duomo a Milano. Passa una famiglia, ma non l'unica così, ce ne sono tante. Genitori vestiti da sci manco fossero a Cortina, tutti griffati e lampadati. Lei portava moon-boot bianchi nuovi di pacca, lui lampadato sembrava uscito da un cinepanettone. La bambina avrà avuto 5 anni e stava sul passeggino, bianco anch'esso, vestita da piccola reginetta delle nevi. Sorridevano, fieri di sè e non si sentivano ridicoli. Ad un tratto ho pensato alla bambina 25enne, precaria, che si sentirà infelice perchè da sola non potrà comprarsi i vestiti firmati e i genitori prenderanno 500 euro di pensione.
Ecco, ho pensato ad una nazione dove comanda gente così, senza alcuna visione del futuro. Non c'è solo Berlusconi, ci sono tutti questi dietro. E poi magari, con le pezze al culo, faranno i rivoluzionari.
non è detto che quella bimba sarà una precaria, laureata al CEPU, saprà come acquistare o farsi comprare per continuare a mantenere i privilegi acquisiti in un'infanzia vuota
RispondiEliminagrande, desian. condivido tutto. ma ancora di più, se possibile, quella parte in cui dici che bisogna sporcarsi le mani col mondo. corpi. carne e sangue. sempre. noi.
RispondiEliminaa prestissimo!
ps. tra l'altro, il grande Sciascia, non dimentichiamolo, divenne parlamentare principalmente per poter entrare nella commissione sul caso Moro, specchio, natura, allegoria, simbolo di tutta quella collusione tra tutto e tutti, di delitto metafisico, che era allora, ed è ancora oggi, la nostra Italia.
Intanto grazie. I babbi rallentano, basta guardare i loro blog in questi giorni e, almeno quelli che più volentieri leggo io, sono fermi a qualche giorno fa. Se non settimane. Invece stamattina, dopo quasi un mese che anch'io non mi facevo sentire, trovo cinque commenti. Così, di botto.
RispondiEliminaQuindi grazie. Ricambierò l'attenzione non per gentilezza ma perché i vostri blog (almeno chi ce l'ha) li ho sempre sbirciati, seppur velocemente quando mi sembrava di annaspare dietro tante altre cose. E ora, risposte.
@extra: cara, spero di non farti disperare troppo, con questi post: non vorrei metterti in crisi come un... paperoga67 qualsiasi ;-))
RispondiEliminaTi sto leggendo e devo dire... no anzi te lo dico da un'altra parte. Ciao!
@amanda: ma naturalmente. Essere figli non importa affatto, né è necessario. Ma capisci, il mio è questo, un blog di uno che filtra la realtà attraverso il mestiere di padre (uno di quei mestieri con cui le manine si sporcano parecchio, ad esempio) e ciò che passa, da quel filtro, è davvero tanto tanto interessante. Narra moltissimo. So benissimo cosa vuol dire essere cittadini, al di là dei bambini. Ci mancherebbe. ;-)
@alessandra: benvenuta dagli antipodi! Esatto, cosa? Esatto Amanda o esatto il post? O... Ciao.
RispondiElimina@M di MS: il racconto dell'Italia è oggi fatto di quelle figure. Ce ne sono dappertutto, non solo in PIazza Duomo a Milano. Ci sono tra i genitori nelle scuole, nel mondo del lavoro e altrove. Pensa solo ai giornali. Sulla precarietà (ci ritorna anche amanda sotto al tuo commento) penso tu abbia ragione ma per un motivo molto preciso: sempre meno sarà il lavoro "certo" e garantito dalle nostre parti d'Occidente (finirà per essere una nicchia, un bene di lusso) e la precarietà sarà costituzionalmente una condizione comune. Anche dei laureati e "masterizzati" ad Harward... Purtroppo.
@'povna: cara, organizziamoci, facciamo, aggreghiamo(ci): mani dentro il mondo, fino ai gomiti. Su Sciascia: da un delitto metafisico a un Paese meta...morfico. :(
RispondiEliminaMi organizzo anch'io :-)
RispondiEliminami sa che è tempo che il Barone rampante (inteso come associazione laica) torni a colpire...
RispondiElimina@LGO: appunto, organizziamoci poi prima o poi le energie si incontrano! :)
RispondiElimina@'povna: è tempo, è tempo. Ci sto! Dimmi dove come e quando si comincia.
Dovremmo incontrarci.
RispondiEliminaSi comincia dove ci eravamo interrotti (per mancanza di energie, perché ci si mobilita 'per le emergenze', e poi quando le emergenze durano due anni, tre, quattro a un certo punto schianti e torni a fare la società civile. Ti racconto meglio come ci vediamo: Il barone rampante è l'associazione laica di cui sono presidente. Ai tempi del referendum sulla legge 40 questa piccola, stupida pidocchiosa associazione di liberi cittadini un po' azionisti si accreditò come la quinta o sesta forza referendaria nazionale. Dal basso. Solo noi. Senza patente. Una battaglia politica condotta in bici e a piedi. Ma con tante, tante, tante giornate spese in strada. Fu in quell'occasione (era il 2004-2006) che mi riconciliai con il mondo e con la gente. E riconsolidai la mia fiducia nel potere del dialogo e della parola. Facemmo un passo indietro nel 2006, per sfinimento e perché si sperava che i tempi fossero tali che non fosse più necessaria una supplenza così massiccia. C'è bisogno di nuove forze, davvero, per fare. Parliamone seriamente. E ricominciamo. Noi possiamo offrire quel po' di pratica politica fatta solo con la sperimentazione sulla nostra pelle: l'entusiasmo, la pioggia, il sole, la fatica per le strade. E poi quel po' di 'agenda' di persone buone, che hanno voglia, che ancora conosciamo. Sentiamoci seriamente.
RispondiElimina@LGO e 'povna insieme: i vostri due commenti si chiamano. Allora, diciamo a Firenze fine gennaio? Primi di febbraio? Quindi: pensare chi altro coinvolgere, organizzare, VEDERSI. Si fa così. Basta chiacchiere. Una data per vedersi. Attendo. ('povna, noi ci si sente prima, sì?). E poi un po' di idee, anche sfuse, sfilacciate, incasinate. Poi le mettiamo insieme. Attendo, anzi propongo il fine settimana 22/23 gennaio. Avanti.
RispondiEliminasì, benissimo per tutto. noi ci si sente prima, sicuro. primo perché la tu' figliola ha un appuntamento inderogabile con me e con Hogwarts, e poi perché sì! :-)
RispondiEliminaManca l'ora ed il posto esatto... non posso girare Firenze sperando di incontrarvi... :-D
RispondiEliminaOk, per il momento una data vale l'altra, quindi va bene. Mi organizzo :-)
RispondiEliminaper la data precisa, teniamo gennaio, ma vediamo quando. avrei in mente di coinvolgere anche il narratario, che è prezioso e bravo. comunque sì, bene anche per me
RispondiEliminaIl 22/23 mi sembra adatto soprattutto perché così abbiamo un po' di respiro per organizzarci
RispondiEliminasì, tieni solo conto che la mia vita viaggia su vari mondi e a velocità molto folle, quindi io non ti so dire che cosa farò il 27 dicembre, figuriamoci il 22 gennaio! però teniamolo come possibile...
RispondiElimina'povna, sei la persona più inafferrabile che conosca! ;-PPP
RispondiEliminanooo :-( (ps. tua figlia mi afferra tra la befana e il 10 gennaio!)
RispondiEliminadai, no. è solo che per come è la mia vita per me è più facile di solito decidere oggi per domani, che oggi per tra due settimane (e infatti hai visto che noi siamo sempre riusciti a tematizzare meglio all'impronta che col calendario in mano!