tag:blogger.com,1999:blog-71848266389689223322024-03-05T07:38:31.100+01:00desiandesianhttp://www.blogger.com/profile/14735125401158322210noreply@blogger.comBlogger439125tag:blogger.com,1999:blog-7184826638968922332.post-75938086021871567542017-03-28T08:24:00.000+02:002017-03-28T08:24:24.624+02:00Zazzera bluEra un po' teso, l'omino dalla zazzera blu.<br />
La prof di matematica il suo timore.<br />
Cuffie alle orecchie e cappuccio sugli occhi, da abbassare con calcolato coup de théâtre <span style="font-weight: normal;"></span>al momento opportuno. <br />
L'ho rassicurato. Sarebbe stato un successone.<br />
E adesso chissà, ormai è in classe. Sentiremo l'accaduto oggi, a pranzo.<br />
<br />
Perché ieri pomeriggio, con un entusiasmo che aveva riepito casa di quella elettricità gioiosa che solo gli adolescenti felici, l'uomo piccolo si è fatto tingere i capelli da sua sorella.<br />
Blu.<br />
(I capelli, non la sorella).<br />
E' stato un crescendo (e ROSSIniano stavolta NON è la parola migliore...): giornali per terra, preparazione boccette, decolorazione, attesa, sacchetti di plastica e fogli d'alluminio, attesa, spennellate da impressionisti, colorazione, attesa. Soprattutto attese, attese ed occhiate all'orologio: "i tempi, babbo, i tempi sono fondamentali".<br />
E anche le differenze lo sono. Compiere un gesto che può lasciar interdetto qualcuno. <i>Poter scegliere,</i> e non soltanto di fronte alle perplessità di un'insegnante sicuramente "tradizionalista" ma anche a quel certo conformismo di un genitore (indovinate chi?...) che scelte del genere non ha avuto mai il coraggio nemmeno di pensarle.<br />
E allora si impara, tutti insieme: a temere la reazione degli altri, a sostenere la scelta fatta, a rassicurare/rsi che così va benissimo.<br />
Perché essere è essere e anche, tanto o poco, diventare. Cambiando persino il colore dei capelli.desianhttp://www.blogger.com/profile/14735125401158322210noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-7184826638968922332.post-57295378434547753702016-12-19T08:51:00.000+01:002016-12-19T08:51:06.600+01:00Sogni maleSia chiaro: reputo il grillismo una grave (e contagiosa) malattia sociale. Di Salvini non voglio nemmeno parlare.<br />
Ma quando sento il liberista Renzi che fa il tronfio sul 41% preso al referendum (per inciso, badate bene, ha perso malamente ma sta già ripartendo col mantra del "più forte partito del Paese") mi viene il voltastomaco. Perché non c'è politico peggiore di quello che vuol comandare ad ogni costo, contro qualsiasi volontà ed evidenza.<br />
Se fossi in lui, non metterei alla prova quel 41%. Potrebbe svegliarsi malamente.desianhttp://www.blogger.com/profile/14735125401158322210noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7184826638968922332.post-66287234763964440652016-12-02T08:00:00.000+01:002016-12-05T15:49:32.406+01:00Populismi e caldarrosteQuando ci lamentiamo dei populismi degli altri dovremmo sempre ricordarci di qual è il Paese del mondo dove un capo di governo fa il tipo di propaganda che è stata fatta nelle ultime settimane qui da noi. (Senza che nessuno ne chieda l'interdizione).<br />
E quando dico "propaganda" intendo in senso letterale, con tutti gli argomenti, le minacce, le bugie, le false notizie e il paternalismo ributtante che ci è stato profuso.<br />
Quando ci lamentiamo dei populismi degli altri dovremmo riflettere sul tipo di società che siamo diventati e sul perché ci lasciamo trattare così da un uomo politico, e non è nemmeno la prima volta.<br />
Mi piacerebbe riflettere sul tipo di masochismo sociale che ci anima. Forse non sappiamo (cosa) pensare.<br />
E stasera, per chiudere in bellezza, verrà a Firenze a comprarsi il Paese con vin brulè e caldarroste. E' talmente nuovo lui (gli altri sono casta, dice) che usa metodi strapaesani da anni Cinquanta. E' un vecchio imbonitore da fiere che pensa ancora di trovarsi davanti una platea di analfabeti, di fessacchiotti.<br />
Io non mi sento soltanto profondamente indignato (e accidenti se lo
sono!) che mi cambino la Costituzione sotto gli occhi, senza uno
straccio di visione politica ma solo come lo slogan per il massacro
politico di domani.<br />
<br />
Io mi sento oltraggiato.<br />
<br />
Votiamo con la dignità, se ce n'è ancora un po'. Buon referendum.desianhttp://www.blogger.com/profile/14735125401158322210noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-7184826638968922332.post-21343802370380446152016-11-29T08:36:00.000+01:002016-11-29T08:36:02.195+01:00"Io non pensavo che Fidel potesse morire"Così.<br />
Avevo bisogno di un appunto.<br />
<a href="http://www.ilcircolo.net/lia/2016/11/26/omaggio-a-fidel/" target="_blank">Questo</a>.desianhttp://www.blogger.com/profile/14735125401158322210noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-7184826638968922332.post-31815866816114844952016-11-28T08:15:00.000+01:002016-11-28T20:34:22.272+01:00Storiella di un algoritmoLei era speciale.<br />
<div class="MsoNormal">
I suoi respiri, uno dietro l’altro,
facevano fiorire l’aria. I gelsomini profumavano, le rose erano più rosse. Le
foglie gialle d’autunno sembravano un sole.</div>
<div class="MsoNormal">
I suoi respiri fiorivano di immagini, le idee prendevano
corpo volteggiando leggere. Le vedevi comparire dapprima come singole goccioline
poi, una con l’altra, si univano e formavano un’idea più grande. Una parola,
una frase intera.</div>
<div class="MsoNormal">
I suoi respiri erano parole d’amore soffiate attraverso le
labbra, litigi che ruggivano tra le zanne, discussioni pacatamente soffiate
via. Dal respiro successivo.</div>
<div class="MsoNormal">
Nel frattempo, di lontano, si vedeva un gran polverone. E un
respiro. Nel polverone c’era il futuro (un respiro) che arrivava veloce, al
galoppo. Un respiro.</div>
<div class="MsoNormal">
Eccolo il futuro.</div>
<div class="MsoNormal">
E i respiri, infine, sostituiti da un bell’algoritmo.</div>
desianhttp://www.blogger.com/profile/14735125401158322210noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7184826638968922332.post-72233665316852470942016-11-26T10:12:00.001+01:002016-11-26T10:12:51.985+01:00FidelLe grandi visioni della Storia, come tutte le cose umane, finiscono.<br />
E come tutte le cose grandi, le grandi visioni della Storia portano con sé, una accanto all'altra, esaltazioni ed errori, dolori e utopie bellissime, risultati straordinari e fallimenti.<br />
Siamo umani.<br />
<br />
Da molto tempo, grandi visioni la Storia non ne fa più. Per qualche decennio abbiamo nuotato nella grigia mediocrità. Oggi, guardiamoci attorno con sincerità, possiamo vedere miserabili che si ergono a condottieri. Mezze calzette, fango.<br />
<br />
Alain Badiou dice (più o meno, cito a memoria) che "le crisi globali vanno affrontate agendo localmente" e allora ci tocca, ogni giorno, far qualcosa di concreto perché nuove grandi visioni della Storia nascano e prendano campo.<br />
Siamo umani, non ci facciamo sorprendere.desianhttp://www.blogger.com/profile/14735125401158322210noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7184826638968922332.post-74449077813926361052016-11-24T08:43:00.000+01:002016-11-24T08:43:15.476+01:00Gli anfibi e il rosa<i>Avvertenza: questo post è stato scritto, se i dati di Blogspot sono giusti, in un giorno di dicembre del 2013 e mai, credo..., pubblicato. L'ho ritrovato quasi per caso, l'ho riletto. L'ho trovato carino. Anche quello che c'è scritto risale, come è ovvio, al 2013 e quegli anfibi ormai non ci sono più. E magari la donna grande, a rileggersi, si troverà molto diversa. E magari non troppo contenta di essere finita di nuovo qui. Io però lo pubblico lo stesso. Sono o non sono il suo genitore?! </i><br />
<br />
La donna grande ha comprato il suo primo paio di anfibi.<br />
Che, nel passaggio esistenziale da ragazzina/bambinetta a <i>squinzia</i>, promette proprio bene.<br />
Prima di tutto perché potevano capitare scarpine rosa e tulle rosa e volants e perline sempre rosa e luccichini ancora una volta rosa (insomma quelle figliole pissere da morire di cui è pieno certo immaginario femminile - e anche maschile rispetto alla donna, troppo spesso), e poi perché la scelta è nata tutta nel suo mondo, nel confronto tra lei e le sue amiche, senza che l'adulto, nessun adulto, la influenzasse nella scelta.<br />
Insomma, fino a qui tutto bene, come diceva il tale che stava precipitando senza paracadute. I piani del grattacielo si susseguono a velocità vertiginosa nella caduta verso l'adolescenza ma per ora non ci siamo fatti niente. L'ottimismo della volontà.<br />
Unico vezzo, per tornare al piano dell'identità di genere, è che gli anfibi sono di vernice, invece che opachi, e nero-dark-squinziesco invece che verde militare. Ah, dimenticavo: hanno anche la cerniera laterale, oltre ai lacci d'ordinanza. Insomma, una molto libera interpretazione dell'essere se stessi: uguali tra gli uguali e differenti tra i differenti.<br />
Salvato anche il relativismo che guida tempestosamente, visti i tempi di <i>assolutismo di ritorno</i>, il nostro quotidiano non si può che godersi la scelta sperando che certo rosa assomigli sempre meno al <i>burqa nostrum</i> (per citare una geniale formula che qualcuno ha pensato bene di ricamare con amarissimo sarcasmo sui grembiuli da cucina) che è oggi.<br />
<br />desianhttp://www.blogger.com/profile/14735125401158322210noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-7184826638968922332.post-66478751233107889232016-11-22T14:57:00.000+01:002016-11-22T15:03:09.748+01:00Il futuro, da Berkeley"Una benevola burocrazia politica e una benevola oligarchia economica si accoppieranno con le masse tolleranti mentre amministratori di professione guideranno ogni manifestazione della vita organizzata con i metodi manageriali dell'industria".<br />
Questa dichiarazione risale a circa 50 anni fa.
La fece Clark Kerr, all'epoca Primo Cancelliere dell'Università di Berkeley (citato da Domenico De Masi in "Mappa Mundi", Rizzoli, 2014).<br />
E Google manco esisteva...desianhttp://www.blogger.com/profile/14735125401158322210noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7184826638968922332.post-44495531590105922802016-09-23T14:27:00.002+02:002016-09-23T14:27:54.771+02:00ValoriL'ho sempre pensato.<br />
Da quando quell'invasato di prete, alle medie, ci terrorizzava tronfio con le fiamme dell'inferno.<br />
Ho sempre pensato che la religione e i suoi "valori", per come li si insegnano nella realtà, nella pratica quotidiana, nell'applicazione "materiale", producessero danni.<br />
Egoismo (ci si salva, in primo luogo, da soli; gli altri chissà...), senso della colpa e del castigo, discriminazione.<br />
L'ho sempre pensato, lo sostengo nelle discussioni tra amici (prendendomi negli anni tutte le sacrosante accuse di coltivare un pregiudizio) ma non ne avevo le prove. Se non quelle di averla vista all'opera, per anni, ogni giorno. Almeno quella cattolica. <br />
<br />
Ora c'è anche una bella ricerca internazionale, <a href="http://www.internazionale.it/opinione/claudio-rossi-marcelli/2016/09/23/una-questione-privata" target="_blank">qui</a>.<br />
<br />
<br />desianhttp://www.blogger.com/profile/14735125401158322210noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-7184826638968922332.post-26390566336420189162016-01-18T09:08:00.000+01:002016-01-18T09:08:06.080+01:00Chiudere "Il Cerchio""Non è che non socializzo. Io sono abbastanza socievole. Ma gli strumenti che create voi in realtà <i>producono</i> bisogni di socialità innaturalmente estremi. Nessuno ha davvero bisogno del numero di contatti che fornite voi. Non porta a nessun miglioramento. Non è nutriente. E' come le merendine. Sai come le studiano? Determinano con scientifica precisione di quanto sale e quanti grassi hanno bisogno per farti continuare a mangiare. Tu non hai fame, non senti il bisogno di mangiare, quello che hai davanti non ti stuzzica, ma continui a mangiare queste calorie vuote. Ecco quello che spacciate voi. La stessa cosa. Un numero incalcolabile di calorie vuote, il loro equivalente digitale e sociale. E le calibrate in modo tale da rendere altrettanto dipendenti i loro consumatori".<br />
(Dave Eggers, "Il Cerchio", Mondadori, 2014, pagg. 110-111).desianhttp://www.blogger.com/profile/14735125401158322210noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-7184826638968922332.post-91967576198113892772016-01-15T19:35:00.000+01:002016-01-15T19:35:13.110+01:00Ashley OlsenIo Ashley Olsen non la conoscevo. Pur vivendo nella stessa città (una città tutto sommato piccola, dove in questi anni ho sperimentato di continuo l'incrociarsi di amicizie e conoscenze - "Firenze è piccola" diciamo tutti) non credo nemmeno mi sia mai capitato di incrociarla per strada. La sua vita era probabilmente quanto di più lontano dalla mia, quasi un altro pianeta.<br />
Eppure per giorni, ed ho aspettato giorni a scriverne, mi sono chiesto perché questo omicidio mi avesse immediatamente colpito con tanto dolore. Ho pensato subito la solita formuletta banale - "uomini che odiano le donne" - e sapevo di averci azzeccato.<br />
Uomini che pensano di averne il "possesso", uomini violenti perché in fondo le donne sono attributi e se ne possono liberare con una spinta, con una manata. Via! <br />
Purtroppo, purtroppo, purtroppo avevo ragione. Una facile profezia, oltretutto: in questo tipo di vicende c'è quasi sempre una violenta mano maschile che colpisce.<br />
Non frequento facebook o altri luoghi simili (mi limito a twitter) ma mi è capitato di leggere, ad esempio proprio <a href="https://t.co/hEa5ANqyBm">qui</a>, di deliranti offese alla sua memoria. "Oltre al femminicidio", si dice in quel post, "anche l'onta del se l'è cercata".<br />
Il disprezzo totale di una morte bestiale in cambio di una crocifissione postuma: come ci piace la vendetta e il fango che vola da una parte all'altra... Sembra quasi che il "sessismo" sia il vero centro, il vero argomento. Il bullismo degli adulti, di CERTI adulti, che non hanno fatto in tempo a praticarlo altrove. O forse lo praticano ogni giorno senza che alcuna istituzione, alcun osservatorio se ne occupi.<br />
<br />
E poi il peso, tutto cattolico, del 'giudizio'. Dove c'è qualcuno che divide il grano dal loglio e fa giustizia. Sparlando, infangando la memoria della/e vittima/e, violentando persino la morte.<br />
Ci ho messo una vita intera (e continuo a farlo ancora, ogni giorno) per liberarmi della mia asfissiante educazione cattolica piena di gelosie, invidie, (pre)giudizi, ignoranza, meschinità, del dio terribile e vendicativo della bibbia. E ci ho messo una vita a capire quanto quel tipo di giudizio non serva a niente e non sia altro che una 'condanna'. E non c'è perdono, non c'è pietà umana, se nemmeno dopo la morte una donna, morta come è morta Ashley (quasi con nonchalance, nelle prime dichiarazioni dell'assassino...), può avere RISPETTO.<br />
<br />
(<i>Parentesi. Che razza di uomo sono, io, se dopo i primi articoli di giornale - molti di essi morbosi, voyeristici, nella sostanza colpevolisti verso la vittima! - anch'io sono stato sfiorato da quel sospetto?: "Certo, però, che vita sconclusionata. Forse se l'è cercata". Che razza di uomo sono, io, se malgrado tutto, malgrado rivendichi il mio pensiero, ho per un attimo fatto lo stesso volgare pensiero di tanti? Allora credo ci sia un lungo cammino ancora da fare. Un cammino però non difficile se certe orrende vicende ci fanno porre domande e ci fanno dare risposte, anche quando crediamo di essere immuni dal sessismo. Forse un cammino a cui, ogni povera vittima, aggiunge un tassello di consapevolezza. Fintanto che bisognerà che smettano di esserci vittime e la nostra consapevolezza di uomini ce la troviamo dentro noi stessi: "che razza di uomo sono, io?".</i>)<br />
<br />
Io di Ashley non so nulla e, almeno in questo caso, non mi interessa sapere. Non mi interessa portare fiori al suo portone o creare quei ridicoli hashtag tipo #prayfor.<br />
A me piacerebbe, intanto, che una donna possa essere libera davvero come chiunque altro. Come un uomo, anche se spesso noi uomini dimostriamo di non meritarcela, la nostra libera libertà.<br />
Che una donna possa tornare a casa una notte in compagnia di qualcuno che si è scelta e svegliarsi ancora, il mattino dopo. Come un uomo.<br />
Che una donna possa interpretare a suo modo la propria esistenza. Come un uomo.<br />
Che una donna non debba mai sentirsi sporca. A differenza di un uomo.<br />
Non ci sarà libertà fintanto che ad una donna si affibbierà qualche epiteto volgare e violento solo perché è donna. Solo perché ci sfugge e non si fa "possedere" come oggetto, dal maschio.<br />
Io spero allora, infine, che Ashley non riposi affatto in pace ma venga a tormentarci l'anima quando ci comportiamo da benpensanti, quando qualche delirio ci fa anche solo per un momento confondere i pensieri, quando ribaltiamo senza pudore il ruolo di carnefice con quello di vittima e quello della vittima liquidato con "se l'è cercata".<br />
Spero vivamente che Ashley, con quello spirito allegro e solare che pare la guidasse, ci visiti ancora a lungo e ci faccia stare scomodi nei nostri panni. Me, senz'altro.<br />
Spero anche vada a svegliare la notte quei beceri ignoranti cafoni che ne offendono la memoria.desianhttp://www.blogger.com/profile/14735125401158322210noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7184826638968922332.post-3751810806456079822016-01-07T13:35:00.001+01:002016-01-07T13:56:08.806+01:00Fantasmi<i><b>Avvertenza</b>. Questo non è un articolo pieno di grafici e numeri e tabelle che corroborano la notizia, dimostrando cioè che essa è "numericamente" rilevante. Non è nemmeno uno di quei pezzi di fact checking journalism (come parliamo tutti forbiti...) nel senso che non ho intervistato parte e controparte né citerò fonti o bibliografia. Questa è una piccola, insignificante storia. Che però accade, senza numeri. E' accaduta stamane. Prendetela come una storia, anzi come un racconto di fantasmi, di ectoplasmi evanescenti. Di quelli che si racconta(va)no accanto al fuoco, nelle serate invernali. E spero, crediate o no ai fantasmi, che vi faccia almeno un po' paura.</i><br />
<br />
Càpita che un amico, malato da tanto tempo, ci lasci. Muoia.<br />
La vita è come una scatola di cioccolatini, diceva la mamma di Forrest Gump, non sai mai cosa ti càpita. Qualche volta ti càpitano lacrime e dolore e condividerli ci fa sentire meno soli. Più umani, direbbe qualcun altro o diremmo noi.<br />
Così accade che le persone sentano il bisogno, prima ancora che il dovere, di stare accanto a chi resta colpito dal lutto e di partecipare, esse stesse, alla cerimonia funebre.<br />
C'era una volta (ecco che subentra la narrazione) un semplice metodo: si chiedeva un permesso al lavoro e, di norma, veniva concesso il "privilegio" di assentarsi. Per lutto.<br />
Ammettiamo, in questa storia, che il protagonista possa essere un lavoratore del pubblico impiego. Mettiamo che si tratti, che so io, di un insegnante. Per di più, di uno di quegli insegnanti motivati, partecipi, membro di innumerevoli commissioni. Non un lavativo, insomma, ma uno di quelli che lavorano con coscienza. E nemmeno 'uno' ma 'una'.<br />
Profe.<br />
E la profe, ligissima al dovere come ogni giorno, ha chiesto il permesso, a preside e vice-preside. Facendolo per tempo: il funerale era stamani e ieri, pur in giornata di festa, si è attivata e si è messa in contatto per avvisare. Con l'anticipo possibile, vista la situazione. Nessuna risposta ieri, malgrado la mail (o meglio, una non-risposta via sms dalla vice, 'spallatonda'). Stamattina invece una bella risposta telefonica. E la risposta, ufficiale, della preside, è "no".<br />
"Comunque le porgo le mie condoglianze, cara profe".<br />
Eccolo, il livello delle persone.<br />
Sia chiaro, chiarissimo, che la dirigenza ha ragione da vendere, in questa storia. Perché esiste una circolare interna alla scuola in questione in cui si dice che non ci si può assentare (nemmeno per motivi gravi ed improvvisi come un lutto?, aggiungo io) se non con un preavviso di giorni 3.<br />
Quindi la storia è già finita?<br />
Chissà...<br />
<br />
Antefatto. Durante una riunione in cui la circolare è stata discussa (niente tabelle né check facting, mi spiace), la dirigente scolastica, forte del suo sacrosanto ruolo, ha dichiarato appunto che, da quella circolare in poi, sarebbero stati necessari 3 giorni di preavviso per qualsiasi richiesta di permesso. Quando la RSU ha fatto notare che ci potevano essere casi in cui non sarebbe stato possibile avvisare 3 giorni prima, la preside, forte del suo sacrosanto ruolo, ha ribattuto che "se 3 vi sembran troppi, allora facciamo 5".<br />
Eccolo il clima, della storia.<br />
<br />
Ora io non credo che le responsabilità dei "climi" e dei loro cambiamenti siano mai di uno e di uno soltanto. Non immagino che la cosiddetta "buona scuola" abbia già messo in moto tali meccanismi di uso del potere da parte di questi piccoli burocrati meschini che sanno essere alcuni dirigenti scolastici. Immagino che i cambiamenti hanno sempre storie lunghe e percorsi che partono da lontano. Eppure, a sentir raccontare chi nella scuola ci lavora oppure le rappresentanze sindacali, qualche gelido soffio di dirigismo affiora. Ora comandano.<br />
Il potere logora chi non ce l'ha, diceva uno dei peggiori, ma il piccolo potere di certi ottusi inservienti della burocrazia a me pare, sinceramente, ancora più laido. Più meschino e più solitario. In qualche modo, se la parola avesse un senso, più "inutile". Una forma di debolezza e di mediocrità che a me, opinione personale, sembra la cifra distintiva e peculiare di un "nuovo" modo di pensare, di fare, di agire nella società. Una mediocrità che sta diventando la sostanza stessa dei rapporti (legali, sociali, politici e ancor di più umani) che ci legano, cittadino con cittadino, persona con persona.<br />
Sappiamo anche che, in tempi in cui le condizioni materiali di molti sono peggiorate rispetto alle ragionevoli aspettative o agli standard, si risponde restrigendo i diritti degli altri in modo che il peggio sia comune. Si abbassa il livello, nello spirito del "mal comune, mezzo gaudio"...<br />
Niente da dire, nell'economia della nostra storia di fantasmi: la mediocrità può essere liberamente esercitata e chi si trova a subirne le conseguenze sa che deve adeguarsi. Contratto e regole alla mano.<br />
Possiamo però vederle, queste persone grette e tronfie, nascoste dietro la loro cattedra, che esercitano con fermezza il loro piccolo e insignificante nulla. E possiamo raccontare delle piccole insignificanti storie. E dobbiamo (nel senso che questo invece è proprio un 'dovere civico') tenere sempre a mente chi ci troviamo di fronte. Ed averne l'opinione che si merita.<br />
<br />desianhttp://www.blogger.com/profile/14735125401158322210noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-7184826638968922332.post-52634098459621861762015-12-02T13:58:00.001+01:002015-12-02T13:58:11.158+01:00Hai voluto la biciclettaNon ho ben capito.<br />
Questa storia dell'assicurazione (e della targa e il bollo) anche per i ciclisti.<br />
La notizia, che avrete sicuramente letto o ascoltato, è <a href="http://www.bikeitalia.it/2015/12/01/labicinonsitocca-una-lezione-politica-marco-filippi/" target="_blank">qui </a>oppure <a href="http://www.corriere.it/politica/15_novembre_30/targa-bollo-anche-le-bici-bufera-proposta-senatore-pd-ebaf687e-976d-11e5-921c-1e256576138f.shtml" target="_blank">qui</a>.<br />
Ecco, non ho ben capito se l'assicurazione servirà a risarcire <i>noi automobilisti</i> quando quei fastidiosi esseri su due ruote graffieranno la nostra splendida vernice micalizzata-come-fosse-antani-porosamente-metallizzata-per-due o, sia mai!, se dovessero farci un'ammaccatura sul cofano quando ne investiamo uno.<br />
Oppure se servirà a risarcire i camionisti (e l'enorme rischio di vedersi ritirata la patente, non potendo più lavorare) quando <i>noi ciclisti</i> saremo falciati sul ciglio di una statale e magari sbalzati dentro un fosso da uno di quei gentilissimi e leggiadri TIR.<br />
Ecco, non ho proprio capito.desianhttp://www.blogger.com/profile/14735125401158322210noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-7184826638968922332.post-82597368372253641282015-01-12T09:08:00.000+01:002015-01-12T09:08:00.202+01:00Fasi crucialiSiamo in una fase cruciale, con la donna grande.<br />
L'adolescenza, direte voi, le prime tempeste ormonali, le crisi di identità, i pomeriggi passati al pattinaggio sbirciando da lontano se esista un ragazzetto accalappiabile. <br />
Macché.<br />
Acqua fresca, quella. Segno antico di tempi che non torneranno mai più.<br />
La fase cruciale è la scelta della scuola superiore. Questo sì <i>segno</i> che ti <i>segna</i> per la vita, come se fosse un viaggio senza ritorno. La scommessa che non si può sbagliare, nella società della performance.<br />
E allo stesso modo si comporta il contesto. Scegliere la scuola è come compulsare selvaggiamente l'amazon dell'istruzione. Tutti consultano tutti gli istituti cittadini: quello vicino casa, quello lontano ma prestigioso, quello che tutti sanno essere <i>ottimo</i>, quello di cui si hanno referenze spettacolari oppure così-così, quello faticosissimo che stroncherebbe la resistenza di un genio e quello dove hanno studiato i migliori...<br />
Premesso che alla fine la scelta è in realtà quella fatta a priori da ogni studente e famiglia, senza aver consultato un bel niente (scientifico o classico, nel nostro caso, con preferenza per lo scientifico. E guarda caso scientifico sarà, anche se le consultazioni sono ancora in corso...), questo nuovo mercato delle vacche produce effetti davvero interessanti. Curiosi.<br />
Perché la visione ormai privatistica dell'istruzione produce, almeno qui da noi, fiere generali, open day, lezioni aperte e lezioni a domicilio, incontri coi docenti e docenti che smistano orari, date e appuntamenti. Tutti noi spendiamo una quantità invereconda di tempo per capire quello che sappiamo già: una scuola non la scegliamo sulla base di un'<i>offerta</i> mercantile (ci sono scuole che, durante quelle fiere, regalano segnalibri, matite, calendarietti, persino fazzoletti di carta griffati per imbonirsi i clienti. E si tratta spesso di scuole private, guarda caso, che non hanno evidentemente da offrire un grande curriculum educativo e lo sostituiscono coi gadget da gonzi!) ma sulla base del percorso che lo studente in questione ha fatto per arrivare lì dov'è, a scegliere. E' sul viatico delle elementari, dopo cinque anni di prime volte educative, che già traccia un primo percorso e un primo giudizio: "Stia tranquillo, signor desian, la donna grande potrà scegliere qualsiasi scuola, non avrà problemi".<br />
Eh facile, per te, maestra S. farti oracolo positivo e darci l'illusione che, di qui in avanti, imparato a "leggere e far di conto", la strada sarà tutta in discesa. O tutta rosa e fiori.<br />
E' anche sul viatico di tre anni di medie, dove finalmente le prime volte educative si trasformano in una ben diversa consapevolezza, stavolta oltre al leggere e al far di conto abbiamo anche capito il perché tutto ciò (ci) accada.<br />
Da parte nostra invece una scuola superiore aiutiamo a sceglierla anche e soprattutto (per quanto possa essere utile, sincero ed ascoltato il nostro <i>consiglio</i>) sulla base delle persone che siamo diventate, degli educatori che cerchiamo di essere nei confronti dei nostri figli. Tutto questo come prodotto delle nostre esperienze, dei nostri valori e dell'idea (giusta o sbagliata che sia) di futuro che condividiamo.<br />
Insomma, li aiutiamo a scegliere la scuola sulla base del percorso che ci siamo trovati a fare noi, percorso scolastico e di vita. Li aiutiamo, o cerchiamo di farlo, in base al passato dal quale veniamo e al come siamo diventati oggi.<br />
Ed è quello che, plausibilmente, facciamo con il loro, di percorso. <br />
In definitiva lo facciamo come persone, non come clienti.<br />
Lo facciamo in base alle idee, nostre spesso. Non del mercato o non ancora. <br />
Possiamo <i>stare sereni</i>, come direbbe qualche imbonitore modernissimo, che la scuola sarà prima o poi privatizzata (e nessuno alzerà un dito per difenderla, la scuola di tutti) e nel frattempo seguiamo questo flusso nel quale, persino, qualche insegnante può sembrare un lenone impegnato a magnificare la sua merce.<br />
Molti sono persone splendide e capaci e appassionate che fanno discorsi bellissimi, commoventi e condivisibili sul buon insegnamento. Ma siamo tutti, insegnanti e genitori, incamminati ormai serenamente sulla strada che ci porta ai vari banchini, alle varie mercanzie. Alla scuola selettiva e performante, che sia quella sotto casa o la più prestigiosa del lotto.<br />
Buona scelta, a noi, con tutta l'ironia, la pazienza e la leggerezza necessarie.<br />
Buona fase cruciale numero uno. Ché le altre arriveranno serene, col tempo.<br />
<br />desianhttp://www.blogger.com/profile/14735125401158322210noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7184826638968922332.post-83547017248453983892014-12-13T19:25:00.001+01:002014-12-13T19:25:53.742+01:00AdolescentiHola.<br />
Non ve l'aspettavate, eh?!<br />
No, è che ho passato tutto il tempo a compulsare manuali sugli adolescenti.<br />
Decine.<br />
Migliaia...<br />
E adesso. <br />
Qualcuno sa consigliarmi un buon manuale per i <i>padri</i> delle adolescenti?!desianhttp://www.blogger.com/profile/14735125401158322210noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-7184826638968922332.post-37436392244418684202014-03-28T17:01:00.000+01:002014-03-28T17:01:40.269+01:00La donna grande è sempre più grandeOk, aggiorniamo la situazione.<br />
Come detto nel titolo, la donna grande è sempre più grande.<br />
Oggi usciva da scuola un paio d'ore prima. Così hanno organizzato, lei, l'amica del cuore e il <i>vecchio</i> compagno di classe delle elementari, di andarsene a mangiare in pizzeria. Loro tre, da soli.<br />
Si sono smessaggiati in lungo e in largo ieri pomeriggio poi, a sera, la donna grande, sempre più grande, è arrivata a portarci la buona novella:<br />
- Domani io, lei e lui andiamo in pizzeria.<br />
- Ah, e chi vi porta?<br />
- Come "chi vi porta" (<i>pronunciato con un che di schifeggiante sulle labbra</i>, ndr)?! Andiamo noi. Da soli.<br />
- Da soli? Mah... e sapete dove andare?<br />
- Ma certo babbo, alla solita pizzeria dove andiamo sempre.<br />
- E chi paga?<br />
- Come "chi paga" (<i>pronunciato con un che di definitivo sulle labbra</i>, ndr)?! Pagate voi, chi sennò.<br />
<br />
Ecco, insomma. La donna grande è sempre più grande e incide in maniera proporzionale sulle finanze (si fa per dire, eh) domestiche.<br />
Poi però, dopo la pizza, tutti e tre sono arrivati a casa, eccitati e casineggianti come mai. Hanno raccattato dei trucchi da un qualche cassetto in bagno e si sono chiusi in camera della donna grande. Da dietro la porta, rigorosamente chiusa, si sentivano ridere, sghignazzare, cantare. A un certo punto, ho intuito che si stavano fotografando a vicenda.<br />
Quando sono usciti un momento, per correre non so dove, per poi rinserrarsi in camera di nuovo, li ho intravisti chi con le gote viola, chi col lucidalabbra, chi con gli occhi marcati.<br />
Una grande autonomia, mi sembra. I primi tentativi di segnare i loro confini di (pre)adolescenti. Soprattutto una grande e sana voglia di fare casino. In senso positivo, gioioso.<br />
Solo una tragedia: un sacco di pessima musica, per ora.desianhttp://www.blogger.com/profile/14735125401158322210noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-7184826638968922332.post-67581602269960883832014-03-21T16:57:00.002+01:002014-03-22T18:58:49.233+01:00Il crollo dei libri (e di chi ci vive)<!--[if gte mso 9]><xml>
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<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
Ho appena finito di leggere l’ottimo articolo di Christian
Raimo su pagina99 e trovo che abbia ragione quando accusa le grandi aziende editoriali (e
ricordiamoci dove lavorava fino a ieri Gian Arturo Ferrari…) di avere buona parte della
responsabilità del disastro.</div>
<div class="MsoNormal">
Da parte mia vorrei aggiungere qualche pensiero e qualche
elemento. Anch’io lavoro nel settore, sono un “oscuro” agente commerciale di
uno di quei grandi gruppi, e mi considero altrettanto importante di un autore,
di un tipografo, di un editor, di un recensore, di un giornalista culturale
(che peraltro, almeno per hobby, sarei anche…), di un addetto marketing. Anzi,
di questi ultimi, mi sento molto molto molto più “necessario”.</div>
<div class="MsoNormal">
A differenza degli editori (tutti, non solo i grandi), io
non credo che la “lettura” sia una merce vendibile. Puoi vendere un libro, un
quotidiano, una rivista, un sito ma non puoi vendere la “lettura”. Leggere è un
processo completamente differente. Ha a che fare col desiderio, con una visione
del mondo, con un comportamento. Leggere è come fare sesso, puoi solo volerlo.
Sennò è violenza. Leggere è molto più vicino alla psicologia, al
comportamentismo, che al marketing.</div>
<div class="MsoNormal">
E infatti, io credo che grande colpa di questo disastro sia proprio
dell’oscuro, arido marketing. Ricordo quando, agli inizi degli anni Duemila, ci
fu la prima iniezione massiccia di marketing dentro l’editoria che era rimasta,
fino ad allora, un settore artigianale che mal si piegava all’economia di
scala, alla ristrutturazione necessaria.</div>
<div class="MsoNormal">
Vado a memoria, gli esperti di <i>fact checking journalism</i> mi
correggeranno, ma mi pare fu proprio la Feltrinelli, librerie ed editore, ad
accogliere a braccia aperte manager di formazione esterna, provenienti per lo più
dalla grande distribuzione (Esselunga, mi par di ricordare). Oggi le grandi
aziende editoriali del paese sono tutte in mano a gente che viene appunto dalla
grande distribuzione, da una casa automibilistica piuttosto che da una multinazionale del
formaggino. Gente che, ci scommetto quel che non ho, se si esclude economia e
commercio e il supermaster, non ha mai letto un libro in vita sua. Per il
piacere di leggerlo, intendo. Per sé.</div>
<div class="MsoNormal">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Gente che non ha mai
più letto un libro</i><span style="mso-bidi-font-style: normal;"></span>.</div>
<div class="MsoNormal">
Ossia: non sanno mica di cosa si stanno occupando.</div>
<div class="MsoNormal">
Il tronfio manager del tronfio gruppo dominante (di cui si
parla nell’articolo di Raimo) ci ricorda, <u>ed ha ragione lui sia chiaro</u>, che un
editore non educa. Un editore vende.</div>
<div class="MsoNormal">
Mercato.</div>
<div class="MsoNormal">
Quindi fine del discorso.</div>
<div class="MsoNormal">
Oppure.</div>
<div class="MsoNormal">
Oppure si potrebbe pensare che per vendere un prodotto
editoriale (libro? ebook? sito? connessione neurocerebrale ad alta densità di
contenuti?) ci vuole qualcuno che lo legga. Che ne desideri non soltanto il
possesso (ah ah ah, risate grasse) ma che abbia bisogno di volerlo, di fruirlo,
di “farlo proprio”. Di leggerlo, appunto. Che abbia bisogno di quella fascinazione,
almeno.</div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
Se la situazione italiana è così disastrosa in confronto ad
altri Paesi c’è anche un motivo strettamente legato al mercato e a come esso è strutturato qui da noi. L’Italia è, tra
i principali Paesi occidentali, uno dei pochi dove i negozi nei quali il
prodotto si vende sono tutti (o quasi) in mano ai produttori. Altro che
monopolio.</div>
<div class="MsoNormal">
Questo è <i>diopolio</i>. Il mercato del libro in Italia <b style="mso-bidi-font-weight: normal;">E’</b> degli editori. Non dei consumatori,
non dei lavoratori del settore, non di una pluralità di concorrenti. Le grandi
aziende editoriali hanno tutte (o quasi) la loro catena di proprietà dove fanno quel che
vogliono, dove vendono quel che decidono loro “produttori”, dove impongono vita
o morte ai piccoli editori, ancelle spesso semi-consenzienti o perlomeno costrette
alla promiscuità perdente. Tra catene, inoltre, non esiste concorrenza ma
cartello perenne, spartizione di spazi, una mano lava l’altra e tutte e due tengono
il lettore con la testa sotto il pelo dell’acqua.</div>
<div class="MsoNormal">
Così non c’è bisogno alcuno di fare qualità, di scegliere
libri buoni, autori validi che abbiano qualcosa da dire. Oggi c’è bisogno di un
mediocre prodotto che sia presto (spesso anche prima che il libro stesso esista)
opzionato per il cinema, di una stupida ragazzina che obnubila il cervello
degli adolescenti di mezzo mondo per radere al suolo ogni immaginario, di
qualche grande firma (e sì, mettiamoci anche questi/e! Ché se lo meritano) che
ormai asservita si presta ad intossicare ulteriormente l’aria che… leggiamo.</div>
<div class="MsoNormal">
Basta
un cugino (anzi, preferibilmente un parente o un amico di un amico) che sappia
buttar giù qualcosa. Poi una forma gliela troviamo.</div>
<div class="MsoNormal">
E non credete alla contro-balla che “non è vero che i libri
di qualità, i capolavori (ammesso se ne scrivano ancora e io ci credo che se ne
scrivono) mai rimangono chiusi nei cassetti ma escono sempre”. I capolavori
(certo sono troppo pochi, non saturerebbero il mercato che invece deve
traboccare) in realtà sono una iattura. Troppo difficili, non si vendono. Non
li vuole più nessuno. Gli editori li fuggono, come la peste. <i>Vade retro</i>.</div>
<div class="MsoNormal">
Molto meglio quel bel “prodotto medio che può essere letto
nel tempo medio di una cagata media” (cit.). </div>
<div class="MsoNormal">
Prodotti seriali che più seriali non si può. Evanescenti
romanzucci sull’ombelico dell’ombelico del Qualunque. Saggi che di saggistico
non hanno più nemmeno il sentore. Spesso porcherie piene di opinabili opinioni
fatte passare per dati incontrovertibili. La scienza del chissacome, l’oggettività
del forse/si dice/mi pare di aver capito. Tutto in nome di un fatturato che va
tenuto in piedi così, come si tiene in piedi una mummia. Imbalsamando.</div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
Perché poi tutti, in ogni settore merceologico, non solo in
editoria, si riempiono la bocca col fatto che il “consumatore non è cretino, sa
scegliere”. (Salvo poi offrirgli libri orripilanti, aggiungo io).</div>
<div class="MsoNormal">
Io credo invece che noi consumatori, per definizione, siamo
proprio cretini. Altrimenti non “consumeremmo”. Ma, data ormai per assunta la
definizione e lo status di <i>cretini</i>, evidentemente ci stiamo anche stufando di quelli che ce
lo ricordano ogni minuto di ogni giorno. Così leggiamo meno, magari rileggiamo
qualcosa di quello che abbiamo già in casa e ci era piaciuto tempo addietro.
Personalmente (purtroppo non leggo quanto vorrei, mi fermo intorno ai 40/50
libri l’anno) faccio sempre più difficoltà a ricordare un libro memorabile tra
le novità editoriali. Ricorro ai classici, quando ho tempo disteso da
dedicargli (perché l'ho appena detto, i capolavori sono difficili: “Moby Dick”, che due
palle!). Ricorro agli autori del mio pantheon, oppure all’intrattenimento di qualità.
Spulcio, rileggo. Alla peggio, se proprio devo, scrivo.</div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
Naturalmente ormai è troppo tardi. Un libro in ogni casa è
utopia irrealizzabile. Che peraltro abbiamo gioiosamente sostituito con device
di qualsiasi ordine e grado. E almeno un paio a testa. Ché poi leggiamo anche
lì sopra, sui device: facebook, twitter, i social. Se non è lettura quella! Ma
basta parlare di libri, basta insistere, per carità.</div>
<div class="MsoNormal">
Gli autori, poi! Che barba. Caro Christain Raimo sei
obsoleto, mi dispiace.</div>
<div class="MsoNormal">
Basterà un bel software per raccontarci il mondo, una
storia, un’emozione o un dolore. Studiate mi raccomando. Diventate
programmatori.</div>
desianhttp://www.blogger.com/profile/14735125401158322210noreply@blogger.com5tag:blogger.com,1999:blog-7184826638968922332.post-2778522204659132252014-03-08T20:06:00.001+01:002014-03-08T20:06:31.953+01:00L'otto marzoOggi è l'otto marzo.<br />
Poi sono state assassinate Assunta, Ofelia, Silvana.<br />
Oggi doveva essere l'otto marzo. E da domani?desianhttp://www.blogger.com/profile/14735125401158322210noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-7184826638968922332.post-32956446752507406642014-03-05T11:42:00.000+01:002014-03-05T11:44:26.056+01:00C'era una volta. Ovvero: festa di carnevale, a lieto fineC'era una volta il/la rappresentante di classe.<br />
Idee come rappresentanza, democrazia scolastica, organi collegiali. Significati desueti, scomparsi. Parole arcane. Anzi, oramai, <i>ar vento</i>, proprio.<br />
Perché oggi, nel tempo limpido e splendente del porno-marketing (nel senso, abbiate pietà, che utilizza più o meno le stesse metodiche e lo stesso background, diciamo, culturale - senza che nessuno se ne scandalizzi più, vivaddio!, anzi), dicevo al tempo d'oggi il/la rappresentante di classe si è trasformato in un dinamicissimo organizzatore di eventi.<br />
Per anni nessuno mai si sarebbe sognato di offrirsi candidato (sai le rotture, per carità!) per farlo. Negli ultimi tempi, un fiume in piena. Gente che offre mazzette, per un posticino lassù, accanto alle divinità delle pàbblicrelesciòn.<br />
<br />
Che te organizzo a carnevale?<br />
Eeeh!<br />
La festa di carnevale. E il suo strumento è la posta elettronica. Perfida.<br />
Così, parte la catena.<br />
"Ciao, avrei pensato bla bla bla, per i nostri pargoletti, bla bla bla, il carnevale bla bla bla, <i>non si divertono forse abbastanza durante il resto dell'anno?! (ndr)</i>, che ne pensate?".<br />
Che ve credete voi?! Piuttosto.<br />
Il mail è lo strumento del demonio.<br />
Comincia il/la prim*: "Che bella idea! Facciamolo qui, il giorno tal de' tali e bla bla bla".<br />
<br />
Ok, facile.<br />
Tutti si accodano, no?<br />
Per praticità e sveltezza dei processi decisionali, penso io pragmatico.<br />
Corca.<br />
Il mail è la libertà del cervello senza connessioni neuronali. Dobbiamo aver introiettato, da qualche parte nella nostra materia grigia, che siccome è il mail che ci connette, il cervello si può tenere spento. Sarà la libertà, a guidarci. Libera.<br />
Arriva il/la second*: "Sarebbe meglio di sabato, in tal altro luogo, a quest'ora qui e bla bla bla".<br />
Terz*: "Eh no, noi non possiamo proprio. A quell'ora abbiamo un altro impegno, quel giorno pioverà, famola al chiuso e bla bla bla".<br />
Quart*: "Ah bene, d'accordo. Però. Però sarebbe meglio all'aperto. E di sera, e chi porta da mangiare? e bla bla bla".<br />
Quint*: "No, niente mangiare, meglio organizzare giochi per tenerli impegnati, <i>sennò si annoiano, a una festa?! Mischini, ndr</i>, e quindi si fa al chiuso".<br />
Il/la terz*, ribadisce: "Eh nooh, noi non possiamo proprio. Però. Però non importa dai, ci organizziamo, arriviamo dopo, veniamo via prima e di solito non puliamo il water".<br />
Sest* (il sottoscritto): "Che?! C'è una festa? Quando?".<br />
Settim*: "Le previsioni sono cambiate, la sala non è più disponibile. Facciamola al chiuso, no scusate all'aperto. Cambiamo sala. Chi raccoglie i soldi?".<br />
<br />
Vado avanti?<br />
"Ho trovato un'alternativa bellissima. Io porto i bicchieri, di plastica. La sala è meglio all'aperto. E in parrocchia no? Ma chi prenota? Non c'è più la sala, facciamola alla casa del popolo. In centro, no in periferia così ci si arriva con la macchina. Uffa dai, allora noi non veniamo. Io ho un altro impegno, la sera il pargolo fa meditazione trascendentale, si potrebbe fare di mattino? Ma no, di mattino c'è scuola. E chissene?! Io faccio una torta salata, anche una dolce; patatine? Non posso, qualcuno mi sostituisce. E la lezione di chitarra che faccio, gliela faccio saltare? Allora, s'è detto giovedì, vero? No, sabato. Ah okkei, vada per il martedì".<br />
<br />
Che bello!<br />
Io le feste (di carnevale, poi, più di tutte) le ho sempre adorate. Da ragazzino andavo, stavo zitto un monte, chiuso nel mio angoletto (qualche volta sbirciavo copertine di ellepì, per darmi un tono "mi si nota di meno") e la sera tornavo a casa più annoiato e sfavato (scusate il francesismo d'alta scuola) di prima. Non pomiciavo mai con nessuna (sì vabbé lo ammetto, ero un po' più grandicello, non come questi naccheri di quinta) ma in compenso sapevo tutto del grafico-illustratore-artista-geniale delle copertine dei Pink Floyd, Storm Thorgerson, me lo ricordo ancora. Qualche volta, capitava pure una copertina di Umberto Tozzi, giuro!, e lì non c'è mai stato verso: era devastante.<br />
<br />
Alla fine, e non so nemmeno come tutti siano riusciti ad arrivare nello stesso posto e alla stessa ora e persino ognuno coi propri pargoli, la festa c'è stata. E' stata bellissima. Si sono divertiti un monte, dice chi c'è andato. <br />
Io no.<br />
Io sono rimasto a casa. Ma non per snobismo, giuro (un paio di copertine dei Pink Floyd me le sarei portate da casa volentieri).<br />
E' che sono ancora qui a leggere i mail di convocazione e non capisco cosa dovrebbe accadere.<br />
Ma dove?<br />
Eee..... Quando?<br />
E chi le porta le sfrappole?!<br />
Le cheee?!<br />
<br />desianhttp://www.blogger.com/profile/14735125401158322210noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-7184826638968922332.post-46808111137857210392013-12-09T09:08:00.000+01:002013-12-09T13:52:18.735+01:00Il PD ha un nuovo segretarioNella notte c'è stato un sussulto. Erano arrivati i risultati del gazebo delle Baleari.<br />
Avevano vinto i Righeira.<br />
Per un attimo è successo di tutto. Hanno persino svegliato Renzi mentre pensava ai nomi per la segreteria.<br />
Poi le cose, per fortuna, si sono sistemate: hanno dovuto annullare il voto. Si sono resi conto che le schede elettorali erano quelle del 2017.<br />
Pericolo scampato. Per fortuna.desianhttp://www.blogger.com/profile/14735125401158322210noreply@blogger.com7tag:blogger.com,1999:blog-7184826638968922332.post-85374855191646532472013-12-06T09:02:00.000+01:002013-12-06T09:02:00.120+01:00Il colloquioAl colloquio con gli insegnanti può capitare davanti a te una mamma (molto più raramente un babbo) visibilmente spazientita. Nel suo visone-finto-astrakan-bordato-prada si agita. Con stile.<br />
Perché la scuola è "la più pvestigiosa della città" (testuale, nemmeno fosse Harvard) e la fauna è spettacolare come si conviene. La signora, peraltro con signorile-accento-montenapoleone-blasé-millesimato con tanto d'evve moscia, comincia una sua filippica. A signorile voce alta.<br />
Che non si pevmetta, la signova insegnante di fvancese, di andavsene quando il suo (dell'insegnante) ovavio lo vichieda pevché altvimenti lei, altisonata blasé milanese purosangue docg, cosa è venuta a fave fin qua se non può pavlavci?! Non ha mica tempo da pevdeve, lei.<br />
Perché noi, invece.<br />
A niente vale far notare alla signova che, magari, la prof di francese è lì a scuola da stamane all'otto, che ha tenuto testa a una serie di bimbetti scalmanati preadolescenti tra i quali c'era magari anche il/la suo/sua (la mia di sicuro), di pargolo/a. Che magari tenere testa anche ad un branco di genitori vocianti non è proprio il massimo del relax.<br />
In fondo è il lovo mestieve, se non hanno voglia possono sempve sceglievsene un altvo.<br />
Della serie: io pago e pvetendo. Cafonaggine melangiata potere d'acquisto.<br />
Quando, appunto, all'ennesimo spvoloquio, ecco girarsi verso di lei un'altra mamma. Ragionevole e competente, che prova a spiegare alla panterata-upper-class che "anche" le insegnanti hanno un contratto nazionale di lavoro; il quale, mediamente, prevede degli orari di servizio e che andrebbe possibilmente rispettato, almeno finché c'è; che l'insegnante ha metà cattedra nella nostra "pvestigiosa" scuola e metà in un'altra per cui, per rispetto verso i genitori dell'altra scuola, dovrebbe ad un certo punto salutare noi e raggiungere anche quelli.<br />
La divinità dagli occhi di bragia e dal cervello imbullonato al culo, a sentirsi redarguita in quel modo (per di più citando contratti di lavoro e roba in odor di sindacalese; vecchi avnesi di un vecchio mondo, immagino che pensi), solennemente sbrocca: "Guavdi signova, lei savà anche un'insegnante e, in fondo, ognuno ha il cuvviculum che ha".<br />
Peccato non avere braccia lunghe abbastanza: gliele avrei girate intorno al collo tante volte. Stvette stvette, alla megera.desianhttp://www.blogger.com/profile/14735125401158322210noreply@blogger.com6tag:blogger.com,1999:blog-7184826638968922332.post-64737156686006041322013-12-02T22:03:00.000+01:002013-12-05T22:09:32.261+01:00FamigliuoleStasera la città era ostaggio di una partita di calcio. Fiorentina-qualcosa, non so bene cosa.<br />
Per fare quella manciata di chilometri che separano l'ufficio da casa - che nel traffico serale del rientro sono dieci, quindici minuti - ci ho messo un'ora e venti.<br />
Questo ha significato il salto di ogni programma: niente judo per la donna grande e un paio di suoi amici, visto che ero io l'incaricato al trasporto comune verso il dojo. Ma questo è il meno che possa capitare all'ignaro (e sinceramente un po' coglione) individuo che si aggira per la propria città senza pensare ai sacrosanti diritti di chi di calcio vive.<br />
Le strade in mano a trogloditi armati di scooter che potevano fare quel che volevano: passare col rosso, scavalcare gli altri, salire sui marciapiedi, invadere la corsia del tram (mentre il tram era lontano, of course...). Qualcuno di tali cavalieri senza cervello e senza regole (regole?!?! Mai sentita la parola, proprio) aveva persino da scuotere la testa, incredulo di tanto caos (come se lui, lo <i>scuotitore</i>, non fosse parte attiva di quel caos).<br />
Neanche sottolineo che, ad un certo punto, un attempato gentiluomo in moto mi si è stampato sulla fiancata dell'auto urlando dietro il finestrino ben chiuso "ma che fretta c'hai?!?! Fammi passare!!!". Figuratevi che fretta avessi, marciando a 7 kmh.<br />
Ma tant'è. Il calcio, questo sport per famigliuole.<br />
Che stimola comportamenti così virtuosi.<br />
È reato sperare che la squadruccia retroceda fino in serie C? Magari le famigliuole troverebbero qualcosa di meglio da fare, il lunedì sera.desianhttp://www.blogger.com/profile/14735125401158322210noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-7184826638968922332.post-77373107180085865772013-11-25T09:03:00.000+01:002013-11-25T09:03:00.093+01:00L'amore ai tempi di whatsappL'amore ai tempi di whatsapp è insopportabile.<br />
Pare che funzioni così: due si mettono insieme. Poi mandano un messaggino e lo dicono a tutta la classe.<br />
<br />
- Scusa, donna grande, ma come fanno a capire che si piacciono?<br />
- Ma che ne so, io?!<br />
- Cioè, si piacciono a seconda di chi scrive la frase più ganza? Oppure è una gara di emoticons?<br />
- Ma che c'entra. Magari si piacciono davvero. In fondo siamo in classe insieme.<br />
- Ah, occhèi. Continuiamo.<br />
- Beh. Ci sta che uno di noi che legge il msg magari conosce un'altra persona a cui dà la grande notizia che poi conosce un'altra persona che ne conosce un'altra ancora e va a finire che alla fine anche il Presidente degli Stati Uniti sa che Pinca e Panco si sono messi insieme.<br />
- Ah, ecco... Ma, scusami eh, donna grande: ma Pinca non stava già con Ponco?!?!<br />
- Fino a ieri. Ma poi oggi ha mandato un nuovo msg....<br />
- Ferma, ferma. Dove l'ha mandato? Non ti seguo più.<br />
- L'ha mandato a noi della chat di classe...<br />
- ...Marx?!?!.....<br />
- Come dici, babbo?<br />
- No, niente, lascia perdere. Vai pure avanti.<br />
- Insomma se vuoi che ti spieghi lasciami parlare. La Pinca ha mandato un msg sulla nostra chat di classe. Vuoi che te lo legga, babbo?<br />
- Non ci penso nemmeno. Riassumilo tu.<br />
- Ah, facile: "Raga, sono Pinca! Ho appena mollato Ponco. Ma state tranqui, non sono single. Adesso sto con Pinco". Aaahh, non sono carini?!<br />
- Ma donna grande, non lo so. Ma Ponco che dice, non c'è rimasto male per essere stato mollato così, su uòzzap?!?!<br />
- Ma che deve dire. E poi Ponco è proprio grullo, chi vuoi che stia con lui più di dieci giorni!<br />
- E Pinco? È contento di essere subentrato così, via sms?<br />
- Guarda la sua risposta, babbo! Ci sono persino i cuoricini..... Ha detto anche "sì, mi piace proprio".<br />
- E quando glielo avrebbe detto?<br />
- Ma uffa!, guarda qui, due righe sopra c'è il suo msg, coi cuoricini t'ho detto!!!<br />
<br />
Ecco.<br />
L'amore ai tempi di whatsapp è <i>davvero</i> insopportabile: tutta questa leggerezza.<br />
E libertà.<br />
Ed emancipazione.desianhttp://www.blogger.com/profile/14735125401158322210noreply@blogger.com6tag:blogger.com,1999:blog-7184826638968922332.post-63361864917612572872013-11-16T12:29:00.000+01:002013-11-16T12:29:06.681+01:00InstamondoStamattina la donna grande è venuta da me, piuttosto perentoria.<br />
- Babbo, oggi con la mamma dovete discutere del mio account Instagram!!!<br />
<br />
Ok, discussione aperta.<br />
- NO!<br />
Chiusa la discussione.<br />
<br />
(O no?...).desianhttp://www.blogger.com/profile/14735125401158322210noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-7184826638968922332.post-31032671226639805482013-11-11T10:13:00.000+01:002013-11-11T10:13:04.554+01:00Solo otto- Babbo, ho paura.<br />
Stranguglione: glom.<br />
<br />
Compito di matematica, stamane: - E perché, donna grande ?! <br />
- Perché la mia amica A prenderà 9, la B prenderà 9 e mezzo, la C, 9. E io prenderò solo 8.<br />
<br />
Ecco, questo è quello che vi ritroverete, quando sarà radicato in loro quel fantastico senso della competizione (scolastica; ma anche di vita, prossimamente) che avevate sempre pensato fosse un po' latente. Certo, le avete insegnato che non si gareggia sempre. Che ci si prepara, si studia, si guarda e si fa il proprio lavoro. Poi si da' il meglio di sé. Si raccoglie il frutto della fatica, sereni con la coscienza. <br />
Però poi forse, un subliminale pensierino ad una certa carenza di voglia di competere, nel senso di mettere in campo anche l'amor proprio e cercare di soddisfarlo, l'avevate fatto.<br />
Confessate.<br />
Eh, sì.<br />
<br />
Bene. Ora siamo preoccupati che si pigli solo 8.<br />
Non sarà che va anche bene così, donna grande?!?!?!<br />
<br />desianhttp://www.blogger.com/profile/14735125401158322210noreply@blogger.com1