sabato 24 ottobre 2009

Gli accessori del babbo (10): le tasche (dei pargoli)

La memoria delle mie tasche di bambino non riguarda il loro contentuto.
Se ci penso, la prima cosa che mi torna alla mente è proprio la sensazione fisica delle briciole e dei granelli di terra che, quando ci infilavo le mani, mi si appiccicavano tra le dita e si incastravano sotto le unghie.
Oggi le tasche dei miei figli mi sono piuttosto misteriose, come forse lo erano le mie per i miei genitori allora, ma immagino che la sensazione possa essere la stessa. Forse un po' meno terra, ché nella nostra vita questa è stata sostituita dall'asfalto anche dove non servirebbe e ai giardini c'è la gomma anti-infortuni.
Però l'altro giorno la donna grande ha vuotato la tasca del suo grembiule.
C'era questo.


Beh, per prima cosa mi sono chiesto cosa ci facesse una spilla da balia nelle tasche di una ottenne. Ansie da babbo: la apre e ci colpisce qualcuno, se la infila per sbaglio in un occhio... Vabbé, gliel'ho lasciata.
Poi, il bottoncino: ha dichiarato che si era staccato da una qualche camicetta, qualche giorno prima. Niente di misterioso.
Sul fazzoletto accartocciato non vi lasciate impressionare: in realtà non si tratta di un fagottino pieno di moccio verde e virulento. E' solo l'involucro del panino con la nutella che non sapeva dove buttare e quindi se l'è infilato in saccoccia.
Invece, quello che mi aveva davvero incuriosito è quel pezzetto di legno.
"Scusa donna grande, ma a cosa ti serviva questo?".
"Eh, mi serve quando ci sono le formichine che siccome mi piacciono tanto però ho un po' paura di farmele salire su un dito per vederle meglio. Allora, le faccio salire sul rametto e poi le guardo".

Ecco.
Mi è tornato in mente un antico insegnamento.
A quelli che sono affamati è inutile regalare del pesce.
Bisogna dargli la canna da pesca.
E se non è educazione questa...

martedì 20 ottobre 2009

Educare e capire

In questi giorni sto leggendo Foucault. Sarà per questo che sciaguattano tra i lobi cerebrali ardite riflessioni.
Quando vogliamo che facciano le cose come devono (o come vogliamo che siano fatte) e continuiamo a redarguirli se non ubbidiscono.
Quando li costringiamo alla estenuante noiosissima piscina - ma la donna grande si è sciolta ed ha finalmente dichiarato "a natale tiro giù il bandone".
Quando subiscono una lavata di capo epocale solo perché han fatto volare un paio di forbici giù dalla finestra della scuola (e per poco non colpivano un babbo che si è giustamente infuriato come un cammello).
Quando gli neghiamo le patatine alle quali puntavano ormai da giorni solo perché "tra poco si va a tavola e ti rovini l'appetito".
Quando non possono fare qualcosa perché è pericoloso. Pericoloso per chi?
Quando finiscono nell'angolino a pensare perché hanno fatto quello che non dovevano.

Sorvegliare e punire.

Ma la famiglia, sarà mica un'istituzione totale?!

giovedì 15 ottobre 2009

La donna grande non ne può più

Va bene confesso: non so nuotare. (Beh! Perché state sghignazzando?!).
Dopo tutto sono in buona compagnia. Neanche la profe è proprio una sirena.
E' per questo, per riscattare le nostre inettitudini acquatiche, che decidemmo, quattro anni fa, che i pargoli avrebbero dovuto imparare.
Perciò durante l'inverno, due volte a settimana, piscina!
Ora si dà il caso che, soprattutto la donna grande, in tutto questo tempo, qualcosa abbia combinato: in effetti se la cava, quest'estate al mare era un piacere guardarla scivolare leggera (ah, le silfidi!) nell'acqua.
La donna grande ha grande carattere. Quando crolla, crolla ma il suo senso di dedizione nelle cose che fa la rende abbastanza pertinace.
Così è a scuola, così è quando si mette in mente di fare qualcosa. Raggiungere uno scopo.
E se "quando crolla, crolla", beh stavolta, dopo lunga e ponderatissima sofferenza, è sbottata. Proprio non ce la fa più con questa pallosissima piscina. Mai è stata il suo hobby preferito. Sempre ha dovuto dar fondo alle sue risorse di abnegazione.
Stasera finalmente è riuscita a liberarsene:
"Qual è stata la cosa più brutta della giornata?", capita di chiedere a fine serata ai pargoli.
La donna grande non ha avuto dubbi: "andare in piscina".
Toh!
Pigliate e portate a casa.
Cari genitori...

venerdì 9 ottobre 2009

Lodo Alfano

"Gli animali sono tutti uguali. Ma qualcuno è più animale degli altri".

giovedì 8 ottobre 2009

Il tutorio Vittorio

Finalmente, prova che ti riprova, l'uomo piccolo si è procurato la sua prima frattura.
E fin qui, niente di eccezionale, cose che càpitano: chi ci legge da lontano, senza fare nomi, stia tranquillo, è tutto a posto. Quel che si dice, una bischerata. Adesso, perché fino a ieri sera non sapevamo neanche di averla, 'sta frattura.
E' andata così.

Venerdì 18 settembre (no, non ho sbagliato data, era proprio il 18 di settembre...), ai giardini, l'uomo piccolo cade dallo scivolo. Batte forte il polso. Comincia a piangere disperato per il dolore e il pomeriggio finisce gramo.
Eppure il braccio non gonfia, non illividisce, nulla fa pensare a qualcosa di serio.
Nei giorni successivi si va in altalena: un po' gli fa male, dice, un po' no. Usa la mano, sembra in maniera regolare.
Ci diciamo che forse è stata solo una botta.
Passerà.

Intermezzo. Di solito siamo genitori piuttosto "ansiosi" con la salute dei pargoli, stavolta è il tripudio della nonchalance. Tanto più che, a un certo punto, l'uomo piccolo dichiara che va meglio. Non gli fa quasi più male.

Passano altri giorni però le cose non sembrano proprio a posto: "mi fa un po' male, ma poco". Scatta il piano B: sentiamo il pediatra. Beh, forse sì, solo per scrupolo ma magari è meglio farla una radiografia, è il responso. Così arriviamo a ieri pomeriggio, 7 ottobre. Dalla caduta son passati la bellezza di 19 giorni!!!
Se leggete sul giornale di due genitori che hanno tenuto il loro pargolo col braccio rotto senza far nulla per tutto quel tempo, beh tranquilli: siamo noi...
Il radiologo aggeggia, predispone, fa un paio di scatti. Poi si piazza davanti al monitor, dà uno sguardo, storce mezzo labbro (ah!, la privacy: non ti dicono nulla neanche se sei tu lì, di fronte, in carne ed ossa).
"Rifarei un'altra lastra, per vedere meglio una cosa".
"Ok, eccoci pronti, uomo piccolo rimettiti in posa".
Flash!
Il tecnico torna nel suo gabbiotto ed esce, imperturbabile: "vi stampo subito le lastre poi tornate di là e vi fate fare il referto".
Tombola! Anche il babbo più nonchalante dell'universo-mondo mangerebbe la foglia: qui c'è qualcosa che non va.
Frattura?

Frattura.
Però solo a legno verde che sarebbe questa (secondo una schematica definizione trovata su uno dei siti dell'Università di Firenze):

-fratture a legno verde: tipiche delle ossa giovanili che essendo molto elastiche non si rompono in due capi netti ma subiscono uno sfibramento.

In parole povere: una rottura non completa e non scomposta. L'osso rimane praticamente al suo posto, solo sfogliato, come un rametto verde appunto. Sentiamo il pediatra al telefono che ci rassicura: il referto parla già di "fase di parziale consolidazione" (e lo credo, dopo 19 giorni, genitori degeneri!) per cui non c'è fretta, al pronto soccorso si può andare domani.
Ed eccoci all'epilogo.
Stamattina profe e uomo piccolo (ché desian era atteso fuori città per lavoro) si recano al Meyer. Reparto, manco a dirlo, ortopedia.
E accade l'inverosimile.
Perché sarà che in questo periodo l'uomo piccolo ha qualche debolezza d'udito (andiamo di otovent due volte al giorno e più volte per narice), sarà che era un po' spaventato e la sua testolina deve aver fatto qualche strana elaborazione. Quando la dottoressa dice che gli avrebbe messo un tutore, chissà cosa accidenti avrà capito.
Insomma, Signore e Signori, ecco a voi...

- rullo di tamburi -

...il tutorio Vittorio.
Che sarebbe lui.

martedì 6 ottobre 2009

Prime delusioni

Oggi abbiamo avuto un briefing.
Io e l'uomo piccolo.
Con le solite domande (perché poi i modelli introiettati sono difficili da sradicare...) ma le risposte erano notevoli.
Così ho scoperto che lui e il suo complice... oopps il suo amico del cuore ballano il tango durante l'ora di "musica" (sì, insomma, musica si fa per dire, hanno messo un cd) e le maestre li brontolano.
Poi, in giardino, lui e il suo complice... oopps il suo amico del cuore fanno il diavolo a quattro e le maestre li brontolano.
Qui però ha provato a discolparsi: "non era colpa nostra".
"Come no?".
"No, erano gli altri che ci stuzzicavano".

Insomma, stasera era teso come una corda. Alla minima contrarietà si è alzato da tavola lagnandosi che tutti ce l'hanno con lui e quindi: "me ne vado!".
Poi però si è fermato sulla porta. (Era chiusa col chiavistello).
Non ho resistito, il sadismo è il mio mestiere:
"Certo è dura la scuola. (pausa bastarda) Però almeno le maestre vi parleranno tutto il tempo di dinosauri".
Ha strabuzzato gli occhi. Con un filo di voce si è arreso: "veramente no".
Un uomo (piccolo) distrutto.
Almeno qualche drago?...

domenica 4 ottobre 2009

Gli accessori del babbo (9): il settenano

Confesso che sarei potuto cascarci anch'io, se avessi letto un titolo simile, ma vi assicuro che non si tratta di quello che state pensando. Menti diaboliche.
E' una cosa seria, serissima.
Cominciamo.

Decisamente uno degli accessori più delicati, il settenano si situa in quell'età in cui i pargoli cominciano ormai a strutturare il linguaggio secondo i propri processi mentali. Di un tizio che ha, all'incirca, 3 o 4 anni.
In realtà, non si tratta di un accessorio vero e proprio: piuttosto un gadget, uno di quegli oggetti che potrebbero finire abbinati al portachiavi, l'adesivo che si appiccica sul lunotto dell'auto. Una cosa così.
Eppure, a causa della ristretta finestra temporale in cui si situa, il settenano subisce un uso intensivo: non appena il babbo ne percepisce per la prima volta l'esistenza, lo elegge subito a vocabolo principe del lessico famigliare. Non poteva accadere altri che in questa (strampalata) famiglia l'invenzione lessicale del secolo.
Immediatamente il settenano viene citato dal babbo compulsivamente decine di volte al giorno, diventa il protagonista di filastrocche surreali, viene all'improvviso utilizzato nel mezzo di qualsiasi discorso, soprattutto quando non c'entra nulla. Ooops... è come il singhiozzo. Ti scappa.
Pur essendo solo un gadget, diventa sicuramente il più amato.

Poi però, poco alla volta (le voci corrono), ti accorgi che l'invenzione del secolo è stata inventata, identica, anche in altre famiglie. Il settenano è sulla bocca di decine di pargoli come i tuoi.
"Ma certo, X lo chiama così da sempre. Da noi il settenano ormai è di casa".
"Ah, sapessi, Y ha perfino un pupazzo del settenano".
Glom... Non siamo gli Armani del lessico bambinesco che avevamo creduto.
Ce n'è altri, a giro.
Pazienza.

Ben presto, poi, il gadget passa di mano. A quell'età i pargoli crescono giorno dopo giorno: quello che vale oggi, domani può esser già dimenticato. Per cui, se volete, se non l'aveste già avuto in casa anche voi, ve lo passo volentieri.
Il settenano, gadget singolare.
Che al plurale fa: due settenani, tre settenani, quattro settenani, ecc.
Perché le invenzioni lessicali hanno tutto quel che devono avere!

venerdì 2 ottobre 2009

Bambola

Oggi, mi sono innamorato di questa.
Che non conoscevo...



...e buon fine settimana!

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